La birra di Mattia Guarnera con la canapa al posto del luppolo
«Ho iniziato a fare la birra per me, senza badare al lato commerciale della faccenda ma dedicandomi agli ingredienti, al sapore, al lavoro artigianale e soprattutto alla canapa». Questa è la storia di come Mattia Guarnera, fondatore dell’associazione APROCAMA (Associazione Produttori Canapa Marche), insieme ad Antonio Trionfi Honorati e Marco Cartechini, ha iniziato a creare una birra con la canapa al posto del luppolo per soddisfare il proprio gusto per poi accorgersi di avere tra le mani un prodotto di nicchia di alta qualità, molto apprezzato dagli estimatori della birra e della canapa. L’abbiamo raggiunto per farci raccontare di più su come lavori, ecco la nostra intervista.
Come funziona un birrificio agricolo?
Un birrificio agricolo, da disciplinare, deve coltivare almeno il 70% degli ingredienti che utilizza per produrre la birra. Io, tra orzo e canapa ne coltivo il 90%. Non uso il luppolo, questa è la particolarità che ha reso diverso le mie birre, che ad ogni modo è una pianta molto simile alla canapa, basti pensare che sono innestabili.
Tu che tipi di birra produci?
Io creo birre ad alta fermentazione in stile belga. Ne produco 3 varietà a doppio malto ed una speciale, con il 25% di farro, sempre prodotto da me, che non raggiunge la gradazione alcolica per essere considerata una doppio malto. Poi ogni anno ne produco altri 5 o 6 tipi particolari, come ad esempio la Stout o quella al peperoncino.
Come sta andando?
Benissimo. Per me il problema più grosso è il marketing, tanto che non ho mai voluto creare un sito per pubblicizzare e vendere i prodotti. Produco dai 1000 ai 1300 litri di birra al mese, che è poco per un birrificio commerciale. D’altronde non ho la presunzione di espandermi molto, credo che per me parli la birra, che ho iniziato a produrre prima di tutto per avere una buona birra da bere. Non voglio convincere nessuno né tantomeno il consumatore finale e il fatto che le cose vadano bene anche senza avere un sito rafforza la mia idea: sarebbe il trampolino di lancio per diventare come tanti ma io penso che ciascuno si debba dare dei limiti soprattutto per un prodotto di nicchia e di qualità.
Quindi qualità e tanta passione?
Certo. Pensi che la sera, quando stappo la mia birra, la schiuma la faccio assaggiare a mio figlio che ha 6 anni. Non lo farei mai se non sapessi che degli oltre 100 componenti della mia birra, ce ne fosse anche uno che non fosse genuino.
A proposito di genuinità, ho letto che nella tua azienda hai assunto due detenuti del carcere di Ancona…
Sì, è un progetto che è nato quasi per caso e sta procedendo molto bene. Ho assunto 2 dipendenti detenuti che all’interno del carcere lavorano per la mia azienda agricola. Credo sia stato un bel messaggio per il territorio e tra l’altro l’iniziativa è stata premiata nel corso dell’iniziativa Senigallia Spiagge di velluto, un premio che la città assegna alle aziende virtuose.
I nostri lettori dove potranno assaggiare la tua birra?
A settembre a Pikkanapa, la festa che unisce le virtù della canapa a quelle del peperoncino, e poi in altri eventi italiani che programmerò nel tempo.