Psiconauta

Kambo: la medicina della rana

Dopo avervi raccontato i miei viaggi coi i funghi psichedelici, stavolta vi parlo del Kambo, la medicina ancestrale capace di purificare e liberare il corpo e lo spirito

Immagine di una rana con sfondo psichedelico

La prima volta che ricevetti la medicina del Kambo era l’estate del 2017. Se allora, al termine della sessione, qualcuno mi avesse detto che avrei ripetuto l’esperienza più volte, avrei mandato la suddetta persona cordialmente a quel paese.

Kambo o Kambò è il nome con cui viene comunemente chiamata la rana Phyllomedusa Bicolor, un grande anfibio endemico dell’Amazzonia, in quell’area compresa tra il Sud della Colombia, l’Est del Perù e il Nord-Ovest del Brasile. Questa è una delle zone del mondo con la più alta concentrazione di popolazioni native tribali, tra di esse vi sono i Noke Koi, conosciuti anche come Katukina, e i Matsés, che sono i principali utilizzatori della medicina della rana.

Quest’ultima, che prende anch’essa il nome di Kambo, non è altro che la secrezione gelatinosa emessa dalla rana come difesa naturale: ciò avviene anche quando l’anfibio viene catturato dai nativi che, facendo molta attenzione a non danneggiarlo, lo immobilizzano e ne raschiano via la secrezione dalla pelle, liberandolo poi indenne nella foresta. Per i nativi è molto importante non danneggiare l’animale in quanto prima di tutto il Kambo è uno spirito della foresta, e fargli del male arrecherebbe gravi disgrazie a tutta la tribù.

Il cocktail chimico contenuto nella secrezione del Kambo è un insieme di peptidi molto potenti tra cui Fillomedusina, Dermorifna e Deltorfina, studiati e isolati da diversi scienziati, tra cui il farmacologo italiano Vittorio Erspamer, che studiò il Kambo nell’ambito di un lavoro di ricerca pionieristico. Per chi volesse approfondire la letteratura sull’argomento, segnalo anche la testimonianza di Peter Gorman, con il suo libro Kambo – Il prodigioso vaccino della rana amazzonica. Ma perché vaccino? Cosa cura il Kambo? 

Nella cosmovisione dei nativi, le malattie che affliggono il corpo fisico sono una manifestazione di qualcosa che affligge il corpo spirituale. Ecco che la medicina del Kambo lavora su entrambi, rafforzando sia lo spirito sia il corpo.

L’ultima applicazione di Kambo che ho ricevuto è stata nella Sierra Sur di Oaxaca, in un piccolo villaggio dove ho avuto la fortuna di incontrare un uomo che lavora con il Kambo da tanti anni così da decidere di sottopormi a una sessione intensiva, quella che chiamano “Vaccino della Jungla” e cioè tre applicazioni di Kambo a distanza ravvicinata, ovvero tre giorni di fila.

A quel tempo, dalla mia prima e poco allegra esperienza di cinque anni prima, avevo già ricevuto il Kambo tante altre volte, andando ogni volta più in profondità. Mai però come questa volta.

LA PREPARAZIONE

Nei giorni antecedenti la ricezione del Kambo ho seguito un’alimentazione leggera, evitando fritture, carne, latticini e alcolici. Il giorno prima ho fatto un pasto leggero per pranzo, dopodiché ho osservato il digiuno fino al mattino dopo.

Ricordo di essermi svegliato emozionato; nonostante non fosse la prima volta avevo un po’ d’ansia, forse proprio perché sapevo a cosa stavo andando incontro, e il pensiero di doverlo ripetere per ulteriori due giorni non era d’aiuto.

Ad ogni modo inizio a bere acqua. Uno degli effetti principali della medicina è quello di indurre il vomito in chi la riceve, per questo è importante bere almeno un paio di litri d’acqua prima, e averne altrettanti a portata di mano durante la somministrazione.

Il mio compagno d’avventura stavolta è un giovane ragazzo statunitense alla sua terza applicazione. Quando tutto è pronto ci sediamo su una coperta, dove il nostro curandero ha preparato un piccolo altare: una statuetta raffigurante una rana, una pipa, delle fiale contenenti diversi liquidi e la stecca di legno dove si lascia seccare la secrezione della rana una volta raccolta.

Per prima cosa veniamo sottoposti a una piccola pulizia energetica tramite il fumo del tabacco, dopodiché viene servita la Sananga, un collirio estratto da una radice amazzonica, la cui applicazione è facoltativa e che ricevo con gioia nonostante i cinque minuti di bruciore intensissimo che l’applicazione di questa medicina comporta. Gli effetti benefici sono infatti molteplici: la Sananga è una medicina ancestrale della foresta che lavora sulla ghiandola pineale, riallineandoci con il nostro centro, armonizzando le energie, donando calma e una spettacolare chiarezza.

L’APPLICAZIONE DEL KAMBO

Tramite l’utilizzo di un bastoncino arroventato, ricevo delle piccole ustioni circolari dalle quali viene subito tolta la pelle: ne ricevo 7 sul braccio destro il primo giorno, 9 sul sinistro il secondo e 11 sulla spina dorsale il terzo.

Sui forellini così ottenuti, il curandero applica una piccola quantità della secrezione della rana, che ha precedentemente riattivato, riportandola allo stadio gelatinoso, tramite qualche goccia d’acqua.

In questo modo la miscela entra in circolazione attraverso il sistema linfatico e l’effetto è praticamente istantaneo.

Sento il battito del cuore che accelera, e delle ondate di calore attraversare il mio corpo dallo stomaco alla testa e viceversa. Un formicolio le accompagna, soprattutto sulle mani e sul viso, che inizia pian piano a gonfiarsi.

Sento la presenza del curandero che resta vigile alle nostre spalle, senza interferire con i nostri processi, mentre fischietta e schiocca la lingua per “chiamare” lo spirito della rana.

Sento una gran pressione sulle tempie, le sento pulsare.

Sto nel respiro, nella massima presenza. Accettare questo malessere è la chiave per poter comprendere a fondo l’importanza del processo che sto vivendo.

Bevo un sorso d’acqua, ho già la pancia piena ma sento che ho bisogno di bere di più. Il malessere aumenta, ma non lo combatto e non lo respingo, anzi, lo abbraccio e cerco di comprenderlo.

Respiro a fondo e bevo ancora un sorso d’acqua perché sento che la medicina sta andando nello stomaco per liberarmi.

Inizio a rigettare e finalmente provo un po’ di sollievo. Il mio corpo sta mettendo in atto una pulizia profonda. Continuo a bere e a espellere, finché non sento la nausea passare e ciò che esce dal mio corpo non è altro che acqua pulita.

Mi prendo qualche minuto per stendermi e ascoltare il mio corpo: battito cardiaco e respiro si normalizzano e sento un grande benessere espandersi in tutto il corpo risvegliando i sensi. Mi rialzo sull’onda di questa euforia, mi sento forte e pieno di energie.

È il momento di sigillare le ferite con il Sangre de Drago, un prodigioso unguento ottenuto dall’albero Croton Lechleri, che funge da disinfettante e rende la guarigione velocissima.

Il mio amico statunitense ha un sorriso enorme, ci abbracciamo ed esprimiamo la nostra gratitudine per aver condiviso quella esperienza, poi mi saluta commosso.

DETOX A 360 GRADI

Nei giorni successivi, anche dopo le altre applicazioni, comprendo a fondo ciò che i nativi dicono quando affermano che la medicina lavora prodigiosamente sia sul corpo fisico sia su quello spirituale: la massiccia espulsione di tossine e lo shock con conseguente potenziamento del sistema immunitario sono sicuramente due effetti prodigiosi, di cui si avvertono i benefici nell’immediato e nel lungo termine. Ma è molto interessante l’effetto a livello sottile che questa medicina ha: accettare quella sofferenza, stare a osservarla insieme alla reazione del proprio corpo e della propria mente permette di fare un enorme lavoro sulla rabbia e sulle emozioni negative, dando modo di processarle e poi espellerle insieme alle tossine nel momento della liberazione.

A cura di Alessandro Vullo



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