Junior Kelly, la recensione del nuovo album “Urban Poet”
Manca poco meno di un mese all’uscita di Urban Poet, il nuovo album di Junior Kelly; noi di Dolce Vita abbiamo avuto il piacere di ascoltare il disco in anteprima. Eccovi le nostre impressioni. Prodotto dall’etichetta austriaca Irie Vibration, Urban Poet è un album potente e curato sotto tutti i punti di vista. In questo lavoro troviamo degli ottimi musicisti al servizio di una delle migliori voci della Giamaica contemporanea, l’alchimia a giudizio di chi scrive è riuscita davvero bene. Il disco è un concentrato di soul e reggae, non a caso definito “Moreggae” proprio per richiamare la famosa etichetta soul di Detroit.
A differenza di molte uscite nel campo reggae, che sono spesso delle raccolte di singoli già in mercato, questo disco è un vero e proprio concept album che si muove tra i temi più cari all’artista da sempre impegnato nel veicolare messaggi positivi e di lotta.
Come lo stesso artista sottolinea in ogni sua intervista, in questo lavoro abbiamo un Junior Kelly libero di esprimersi come non gli accadeva da tempo, e ascoltando i testi delle canzoni direi che si sente molto la passione e l’impegno con cui sono stati concepiti.
La prima traccia che è anche il primo singolo estratto dal lavoro è “No Dig it up” che affronta un tema molto importante per l’artista, ovvero quelle delle armi da fuoco che anni fa gli hanno portato via il fratello maggiore. La prima metà dell’album scorre trattando temi come l’amore, il riscatto sociale e la spiritualità, da segnalare sono i brani “Power to the people” e l’intensa ballad “Everyody Needs Somebody” uno dei pezzi pregiati del disco. Nella seconda parte invece troviamo pezzi autobiografici come “Mile in my shoe” o “Memories”, tutti costruiti su basi roots che in qualche episodio amicano al soul e al pop, e che danno un piacevole andamento all’album rendendolo godevole fino all’ultima traccia. Finalmente Junior Kelly è tornato e lo ha fatto scrivendo un altro capitolo molto importante della sua carriera.
a cura di Chris Finga