Johnny Winter
Nome e cognome: John Dawson Winter III
Nazionalità: Americana
Gruppi: Johnny Winter And
Singolo di maggior successo: It’s my own fault
La vita di Johnny Winter (Beaumont, Texas 1944-Zurigo, Svizzera 2014) incarna il tipico sogno del ragazzo americano che guardando gli incroci delle deserte lande Texane in cui vive, sogna di diventare un chitarrista blues famoso. Solo che questo ragazzo con un sogno nel cassetto non è, come nella classica narrativa blues, un afro-americano, ma un ragazzo albino dai lunghi capelli bianchi. In ogni caso questo sogno per Winter è diventato realtà e dopo aver superato quel turbinio di eccessi che furono gli anni ‘60 e ‘70, verso fine carriera si è adagiato su una reputazione musicale ormai consolidata, che lo riconosce oggi come icona mondiale del blues.
Instancabile nel suonare dal vivo (morirà in tour) e nell’incidere dischi, fedelissimo alla sua Fender Firebird, Johnny Winter è oggi il primo chitarrista bianco ad essere stato introdotto nella Blues Hall of Fame.
Caldamente indirizzato verso la musica dai genitori insieme al fratello Edgar, Johnny comincia a scrivere canzoni ed incide il suo primo album a soli quindici anni.
La sua evoluzione musicale è stata abbastanza varia, ma anche molto americana. Infatti, essendo texano, il suo sound prevedeva slide guitar blues, rock energico, ma anche rilassante country, tutto, ovviamente, in stile “southern”.
Winter ha cominciato a registrare con le migliori premesse, partendo da un Progressive Blues Experiment (1968) in cui, più che al blues, si dedicava ad un agitato garage-rock.
Nel 1968, durante uno show a New York, Mike Bloomfield chiamò Johnny sul palco per cantare e suonare una canzone. L’aneddotica vuole che fra il pubblico ci fossero rappresentanti della Columbia Records, i quali al suono di “It’s my Own Fault”, cover di BB King, offrirono al chitarrista quello che per allora fu il più alto anticipo mai offerto ad un solista per un contratto discografico (600mila dollari).
L’anno dopo registra e pubblica il suo primo lavoro dopo la svolta, banalmente intitolato Johnny Winter (1969) ed eccolo già apparire sulla prima pagina di testate di primo piano come il New York Times. Storico è rimasto il duetto, sempre nel 1969, di Johnny Winter e Janis Joplin, al Madison Square Garden, corollario di una relazione, seppur di breve durata, esistente fra i due al tempo.
La vocazione e lo stile di chitarra blues per cui Winter è famoso si manifesterà nella sua purezza un po’ più tardi, negli anni Settanta. Nel periodo intermedio passa attraverso un hard rock di maniera che gli fa perdere l’attenzione del pubblico e le buone critiche, complice anche un problema di droga da cui uscirà più deciso di prima con Still Alive and Well (1973).
All’avvento degli anni Novanta il ritorno ad un sound puramente blues, che fa trasparire non solo la tecnica, ma anche la personalità dell’artista, lo consacra definitivamente come una delle colonne portanti del genere a livello mondiale. Lo dimostrano album come Guitar Slinger (1984) e Let me in (1991).
Dopo una vita passata in studio e sul palco, riempiendo arene come Woodstock e canonizzando il concetto di “chitarrista virtuoso”, Johnny Winter muore nel 2014 a Zurigo, due giorni dopo la sua ultima performance. Sulla sua eredità, in un’intervista dice: «Vorrei solo che la gente mi ricordasse come un buon bluesman, tutto qui».