Jake di “Bellazzi”
La pianta del luppolo, così come molte altre piante della stessa famiglia, riesce ad adattarsi a latitudini e longitudini molto diverse. Per questo, lo stesso tipo di luppolo non avrà le stesse caratteristiche se piantato in paesi diversi, ed in generale si può dire che i luppoli, proprio come i vitigni, i formaggi ed in generale i prodotti che risultano molto legati all’ambiente di produzione, sono molto autoctoni. Ho parlato di luppoli tedeschi e dell’Est, che sono spesso molto erbacei e amari; di quelli inglesi, sempre erbacei ma con risvolti inaspettati (melone e cucurbitacee), quelli americani (resinosi o agrumati), e quelli neozelandesi, con spiccate caratteristiche tropicali (mango, papaia).
Di quest’ultima famiglia fa parte il Pacific Jade, un luppolo relativamente giovane (2004) nato dall’incrocio di Cluster e Saaz, con un aroma molto presente di infusione di erbe, limone fresco e grani di pepe nero. La sua “aggressività” aromatica bilancia molto bene di solito la maltosità del mosto, specie nel “late hopping” (ultima luppolatura prima del raffreddamento). La prima birra che ho bevuto con questo luppolo è la Jake di Bellazzi, un beer-firm di Bologna nato dalle menti di due ragazzi appassionati di Homebrewing e con un approccio direi scientifico/goliardico alla birrificazione. La Jake è una Pacific Ale da 6% alc., inglese nel corpo ma tropicale nell’anima, di colore giallo acceso, con una schiuma persistente e pannosa, ed una bevibilità molto estiva. Matane!
Michele Privitera
Titolare de “Il Pretesto Beershop” di Bologna