Terapeutica

Italia produttrice di cannabis: in arrivo decreto e organo di controllo

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Mentre allo stabilimento militare di Firenze continua la sperimentazione sulla cannabis, è pronto il decreto del ministero della Salute che individua nel dicastero stesso le funzioni di “Organismo statale per la cannabis”. Si tratta di un organo di controllo previsto dalla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 ed è un passaggio normativo obbligatorio. Secondo corriere.it, che ha dato un’anticipazione del decreto, ci sarà un preambolo poco rassicurante per i pazienti che in questi anni hanno imparato a riconoscere nella cannabis una medicina sicura ed efficace: «L’uso medico cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali».

IL DECRETO. In generale il decreto sarà comprensivo di 6 articoli che individuano le funzioni del ministero della Salute, le quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis, le prescrizioni e le garanze dell’autorizzazione alla fabbricazione rinviando poi a un allegato tecnico le parti relative alle stime sulla produzione e ai controlli sulle coltivazioni e all’appropriatezza delle prescrizioni, al tipo di patologie per cui è consentito l’uso di prodotti derivati dalla cannabis, al sistema di sorveglianza sulle piante e ai costi di produzione.

La produzione della sostanza costerà 5,93 euro al grammo (senza Iva), mentre il prezzo al quale la cannabis sarà venduta al pubblico è ancora da stabilire. Il farmacista acquisterà la sostanza attiva e la dispenserà come preparato galenico al paziente dietro presentazione di ricetta medica (da rinnovare volta per volta). Importante: il paziente o chi ritira il preparato dovrà farsi consegnare una copia della ricetta timbrata e firmata dal farmacista, perché è l’unica prova che il farmaco in loro possesso sia legale. Il decreto stabilisce anche le modalità di assunzione della cannabis terapeutica: per bocca con un decotto (tisana), oppure per inalazione con uno specifico vaporizzatore, esclude invece l’utilizzo di oli o soluzioni oleose.

Sembra che saranno anche stabilite le patologie per le quali potrà essere utilizzata e che dovrebbero comprendere l’utilizzo come analgesico nella sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale, dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno); per contrastare gli effetti di nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; per diminuire la pressione nel glaucoma; per ridurre i movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette. Il decreto introduce inoltre il divieto di guidare e di svolgere «lavori che richiedano allerta mentale e coordinazione fisica» per almeno 24 ore dall’ultima somministrazione.

LE REAZIONI. La Società Italiana Ricerca Cannabis (SIRCA) e l’Associazione Cannabis Terapeutica (ACT) hanno inviato una lettera di osservazioni sul decreto ai ministeri coinvolti nella sperimentazione e, tra gli altri, alla Federazione degli Ordini dei medici, sollevando una serie di criticità che secondo loro sarebbero «gravemente pregiudiziali all’avvio di una seria applicazione del progetto».

Qui sotto il testo del documento.
Una convenzione internazionale prevede che i paesi produttori di Cannabis si dotino di un organismo apposito che ne sovraintenda l’uso. Dato che l’Italia ha iniziato tale produzione a fini medici, il ministero della Salute ha elaborato uno schema riguardante le funzioni di tale organismo. Ben venga una razionalizzazione al riguardo. Esistono già infatti regolamenti nazionali sull’utilizzo di questa pianta medicinale, ma sono stati spesso fraintesi o adottati in maniera “fantasiosa”. Per questo in varie Regioni sono state promulgate apposite leggi regionali, con l’intento di risolvere i problemi burocratici e rendere più facile la vita ai medici prescrittori e, ovviamente, ai loro pazienti. Purtroppo molte di queste leggi sono ancora non applicate, oppure hanno creato ulteriori difficoltà. Lo schema di decreto suscita però in noi molte perplessità. Ecco alcuni punti, tra gli altri, che rappresentano delle vere criticità, e che secondo il nostro modo di vedere sarebbero gravemente pregiudiziali all’avvio di una seria applicazione del progetto:

1) Viene di fatto proibito l’uso degli estratti, come l’olio e le resine, che permettono la comoda somministrazione in gocce, come qualsiasi altro farmaco. Tali estratti, permessi anche da un apposito decreto del 2013, sono di uso ormai comune fra tutti i medici prescrittori e fra tutte le farmacie che in questi mesi hanno procurato il farmaco. Infatti per i derivati della Cannabis l’estrazione in olio (o alcool) risulta la migliore, essendo essi solubili nei grassi. Ci sembra quindi inopportuno obbligare tutti a preparare il decotto in acqua, o al limite ad usare un vaporizzatore (macchinetta da qualche centinaio di euro). Tali estratti inoltre sono ben accetti da parte dei pazienti, che non devono ogni volta fare un decotto di 20 minuti. Ormai quasi tutte le farmacie galeniche che trattano la cannabis preparano l’olio, e questo fatto è stato pubblicato anche sulla stampa nazionale. Ricordiamo un altro punto a favore degli estratti tipo olio. Sono ben dosabili, cioè si può fare una perfetta “titolazione”, paziente per paziente. Iniziando anche con poche gocce, e aumentando lentamente nei giorni successivi, si riesce a stabilire la dose adatta al paziente, e a controllare ed evitare eventuali effetti collaterali. Cosa che con il decotto è praticamente impossibile. L’esatta titolazione con gli estratti permette inoltre un risparmio notevole sia da parte del paziente che del Servizio Sanitario, e questo ci sembra già un motivo più che buono per l’utilizzo degli estratti.

2) Si obbligano le farmacie preparatrici a misurare i principi attivi con metodiche quali “la cromatografia liquida o gassosa accoppiate alla spettrometria di massa”. In pratica, marchingegni da decine, se non da centinaia, di migliaia di euro. Ovviamente una prescrizione del genere è impossibile da essere attuata per le comuni farmacie, e sembra quasi che questo paragrafo sia stato concepito per porre fine all’attività delle farmacie galeniche che si è finora sviluppata, con soddisfazione dell’utenza. Ci domandiamo per quale motivo se una farmacia, che è gestita da professionisti laureati in Farmacia, fa il suo lavoro specifico di preparare farmaci, utilizzando materia prima controllata alla fonte e standardizzata, e utilizzando modalità di preparazione pure standardizzate, debba essere considerata inaffidabile. Tutte le farmacie lavorano secondo i requisiti di legge, e sono tenute sotto costante controllo da parte delle autorità sanitarie. Ben vengano naturalmente controlli a campione saltuari, ma a leggere lo schema sembra quasi che si parta dalla presunzione che invece le farmacie non diano garanzie; ma le farmacie non sono botteghe dove si vende a un tanto al chilo!

3) Le indicazioni. Se solo guardiamo le patologie ammesse dagli stati statunitensi che hanno promulgato leggi sulla cannabis medica, spicca l’assenza, nel decreto italiano, di Parkinson, Alzheimer, Epilessia, Chron, SLA ed Epatite c, che addirittura diventa una controindicazione! E volendo esistono studi anche sul disordine da stress post traumatico, insonnia, distonia, asma, prurito intrattabile, ADHD e varie altre malattie e disturbi. Cosa dovranno fare i malati di queste patologie già oggi in cura? Verrà loro tolto il farmaco?

4) Risulta vietato guidare (e lavorare in certi casi) per ALMENO 24 ore dopo l’ultima somministrazione. Tale divieto in pratica sarebbe punitivo per la stragrande maggioranza dei pazienti, che di fatto non potrebbero più guidare. Non ci risulta che per altri farmaci esista un tale divieto specifico, ma spetta al medico informare il paziente ed eventualmente fare divieto in certi casi. Nemmeno con la morfina è previsto una tale proibizione scritta nero su bianco!

Non è il caso di approfondire in queste poche righe tutti gli aspetti che sarebbero da considerare. Ci domandiamo per quale motivo chi ha elaborato tale “schema” non abbia ritenuto opportuno chiedere un parere a chi si occupa di tale problematica da anni e tratta ormai centinaia di malati. Eppure ci eravamo anche offerti volontariamente di collaborare. Per tutti i motivi su addotti chiediamo che lo Schema di decreto venga emendato e corretto”.



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