L’Italia è il 41esimo Paese per libertà di informazione
Il nuovo report sulla libertà di stampa di Reporter senza frontiere (RSF) dipinge un quadro preoccupante, specialmente per l’Italia. Tra giornalisti sotto scorta e riforme promesse da anni ma mai realmente varate, il Bel Paese si è aggiudicato, per il secondo anno di fila, il quarantunesimo posto nella lista stilata dalla ONG.
Secondo il World Press Freedom Index 2021, “Il giornalismo, principale vaccino contro la disinformazione, è al momento ostacolato in più di 130 Paesi”, una tendenza ulteriormente rafforzata dalle misure restrittive varate negli scorsi due anni. In Italia, nello specifico, il numero di giornalisti minacciati è particolarmente alto e il numero di quelli oggi sotto scorta è pari a 20, un dato particolarmente allarmante. Il giornalismo italiano trova però il suo più grande nemico nella mancata recezione delle riforme del settore, predicate da tempo immemore.
Dall’abolizione della pena detentiva per i giornalisti, un provvedimento sollecitato anche dalla Corte Costituzionale, fino al contrasto delle querele bavaglio, l’Italia vanta un record tra i più negativi per quanto riguarda la regolamentazione e la tutela della libertà d’informazione, come affermato anche da Raffaele Lorusso, segretario nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana. “Il 41simo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa redatta da Report Senza Frontiere è il risultato della situazione in cui si trovano numerosi colleghi minacciati, alcuni dei quali sotto scorta e dello stallo in cui versano le proposte di legge di tutela del diritto di cronaca e della professione.” Continua Lorusso: “Sono numerose le proposte di riforma che il Parlamento continua a rinviare. Per non parlare dell’assenza di politiche di sostegno del lavoro regolare e di contrasto al precariato dilagante. È sotto gli occhi di tutti e il Rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere lo fotografa in maniera impietosa: l’informazione italiana è indebolita da problemi strutturali che colpiscono i cronisti e il mercato del lavoro, dove libertà e autorevolezza sono schiacciate dal peso insopportabile della precarietà”.