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Italia: chi si oppone alla legalizzazione?

Per il nostro Paese, per la sua economia, e per il suo futuro, la legalizzazione sarebbe una manna dal cielo, e allora perché rimane tutto fermo?

Italia: chi si oppone alla legalizzazione?


In Italia ci sono circa
6 milioni di consumatori di cannabis. Ciò significa che più del 10% della popolazione ha utilizzato la pianta almeno una volta nella vita. 

Siamo uno dei Paesi che vanta il maggior numero di eccellenze agronomiche e la canapa e i suoi frutti potrebbero essere tra queste, coltivata da nord a sud dello stivale dando specificità ad ogni prodotto a seconda di altitudine, terreno e condizioni pedoclimatiche.
Siamo un Paese in forte crisi economica, con problemi strutturali nel mercato del lavoro, la disoccupazione in aumento e tanti giovani che non riescono a trovare un lavoro. Un lavoro che potrebbe essere garantito proprio dalla pianta delle meraviglie, che in Usa è costantemente il settore che crea più posti di lavoro in assoluto, senza paragoni rispetto alla Silicon valley o alle energie rinnovabili, assumendo chi rimane disoccupato negli altri settori.

Siamo un Paese in cui il divario sociale ed economico aumenta sempre di più, e che con la cannabis legale avrebbe due vantaggi fondamentali: togliere il monopolio della cannabis alla criminalità organizzata e restituire questo mercato e i soldi che ne derivano a Stato e cittadini.
Di quanto stiamo parlando? Di oltre 10miliardi di fatturato l’anno, dei quali 4 di tasse, secondo le stime dell’Università di Messina (vedi intervista a pag. 50).

Italia: chi si oppone alla legalizzazione?Siamo stati quelli che la canapa la coltivavano meglio di tutti fino agli ’50 del 1900 – ormai lo sanno tutti tranne i nostri politici – eppure oggi non c’è un singolo progetto del governo sulla canapa industriale. In Inghilterra investono per raggiungere gli 80mila ettari di coltivazioni in 10 anni, in Francia terzo produttore di canapa al mondo e il più grande dell’UE – stanno creando un mercato da 2,5 miliardi l’anno in Usa grazie ai fondi statali creano case, pavimenti e accessori in canapa, da noi il nulla cosmico, qualsiasi azione in questo senso è lasciata al singolo imprenditore.

Siamo partiti tra i primi in Europa a produrla a scopo medico, eppure ancora oggi, dopo 6 anni, la produzione rimane ridicola e la importiamo da diversi Paesi. 

Italia: chi si oppone alla legalizzazione?
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IL CAMBIAMENTO GLOBALE CHE NON SI PUÒ ARRESTARE

Nel frattempo a livello internazionale stiamo vivendo un momento importantissimo. Le bugie di un secolo di proibizionismo sono crollate sotto il peso dell’ipocrisia che le aveva tenute in piedi. Tutti gli stereotipi, che vanno dal paventato aumento del consumo tra i giovani, a quello degli incidenti stradali, sono stati smentiti dai dati che arrivano da Canada e decine di stai americani. 

Italia: chi si oppone alla legalizzazione?E se negli Stati Uniti la rivoluzione è partita nel lontano 2014 facendo leva sui miliardi di dollari che avrebbe portato alla loro economia, per poi accorgersi dell’enorme peso che la legalizzazione ha sulla bilancia delle ingiustizie sociali, con le tasse della cannabis che vengono investite per i senzatetto o per costruire scuole e le condanne per cannabis – enormemente maggiori tra ispanici e afroamericani – che vengono cancellate, in Europa le istanze per la legalizzazione per ora si basano sui diritti umani, sulla fine della guerra alla droga che incarcera i consumatori, butta i soldi dei contribuenti e lascia liberi i grandi spacciatori, e su un cambio di paradigma non più rimandabile, quello di rimettere al centro l’essere umano. Stiamo assistendo alla fine della criminalizzazione dell’uso della cannabis e di altre sostanze, perché i reati sono altri. 

In Germania il ministro della Salute ha più volte sottolineato che la loro battaglia aveva un unico scopo: «Mi preoccupo di proteggere e aiutare le persone, non di punirle. Con la vendita controllata e regolata della cannabis in Germania, faremo la storia europea», aveva dichiarato all’inizio di questa battaglia il commissario tedesco per le droghe, Burkhard Blienert

In Uruguay invece – primo Paese a immaginare la legalizzazione grazie a quel visionario che prende il nome di Pepe Mujica – le ragioni alla base del provvedimento erano quelle di combattere lo strapotere dei narcos

Noi italiani, nel nostro piccolo, avremmo bisogno di unire tutte queste istanze. Quelle economiche, per rilanciare settori strategici e dare un lavoro alle nuove generazioni di agricoltori, commercianti, agronomi, venditori, negozianti, sommelier e ristoratori, quelle sociali, perché la guerra alla droga è un fallimento per tutti nonostante i proclami di Meloni e Salvini, e quelle antimafia, perché sarebbe la strada migliore per togliere soldi e potere ad alcuni tra i gruppi criminali più spietati del pianeta, per restituirli a noi tutti. 

Senza contare il turismo. Abbiamo passato anni ad andare in massa ad Amsterdam per avere la possibilità di fumare chiusi in un coffeeshop senza dover avere la paura di essere arrestati. Immaginatevi quanti milioni di persone verrebbero in Italia a provare l’erba del Chianti, di Avola o della Sardegna, con le peculiarità organolettiche legate a dove è stata coltivata, e l’evoluzione di un turismo di prossimità legato ai territori. 

Qual è il punto? Che abbiamo delle potenzialità incredibili in questo settore, la popolazione si è espressa più volte a favore di una regolamentazione (referendum 1993, referendum 2022, sondaggi, etc…), la società civile è molto più avanti delle istituzioni nel riconoscerne i vantaggi e benefici, e ne avremmo un assoluto bisogno a livello economico. 

E allora perché rimane tutto fermo?

CHI SI OPPONE ALLA LEGALIZZAZIONE

Italia: chi si oppone alla legalizzazione?

LA POLITICA, TUTTA

Negli ultimi anni il movimento antiproibizionista si è visto promettere di tutto da tanti partiti diversi che puntualmente, uno dopo l’altro, non sono stati in grado di mantenere praticamente nulla dei programmi per i quali erano stati votati. Tolta Più Europa, principalmente grazie all’instancabile lavoro di Riccardo Magi che le ha provate tutte per portare avanti le istanze della legalizzazione e della cannabis terapeutica, gli altri sono tutte sfumature più o meno marcate di tante e tante delusioni. 

L’attuale governo poi, lasciamo perdere. Basti sapere che nell’ordine abbiamo assistito alla polizia mandata in un istituto superiore a identificare i rappresentanti d’istituto perché avevano osato organizzare un dibattitto sulla cannabis (approvato dalla preside e organizzato da Meglio Legale), a tutti i tipi di forze dell’ordine inviati con insistenza per tutti e tre giorni di fiera, a due proposte mai votate per rendere illegale la cannabis light, alla proposta di aumentare le pene per lo spaccio ed eliminare la cosiddetta lieve entità, che porterebbe alla passibilità di arresto anche solo se si passa una canna ad un amico (con le prigioni italiane che scoppiano è proprio saggio spedire in galera chi si macchia di un crimine come quello di consumare un fiore!), e infine, al capolavoro a livello interplanetario, quello di aver dichiarato come stupefacente il CBD, la molecola che non è stupefacente secondo gli scienziati di tutto il mondo, la Corte di Giustizia europea e l’OMS. 

LA CHIESA E IL VATICANO

Che la chiesa e il Vaticano si oppongono con forza alla legalizzazione della cannabis l’avrete sentito dire spesso. Perché è vero. L’esempio lampante è quello di Papa Francesco, considerato rivoluzionario se non eretico dai cattolici più ortodossi perché ha fatto aperture praticamente su qualsiasi tema, dalla comunione ai divorziati al celibato dei preti, ma che sulla cannabis no, proprio non ce la fa. 

«No ad ogni tipo di droga, la droga è il male e non ci possono essere legalizzazioni né compromessi». Dichiarò pochi anni fa dimostrando di allinearsi alla dottrina più retriva dell’istituzione cattolica nella lotta alla droga. Eppure quando si recò in Bolivia nel 2015, annunciò che avrebbe mangiato foglie di coca (legali nel Paese).

D’altronde la posizione del Vaticano e dei Vescovi sul tema è chiara. «La droga cosiddetta leggera non è leggera, perché danneggia il cervello. Essa è il cavallo di Troia per le droghe più pesanti, quindi ribadiamo: no alla droga leggera». Questa la posizione della Chiesa Cattolica in merito alla cannabis espressa da Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Negli Usa è intervenuta anche finanziando con cospicui fondi economici le campagne elettorali per il No alla legalizzazione negli stati interessati dal referendum sulla cannabis. È successo in Massachusetts anni fa, dove l’arcidiocesi di Boston ha donato 850mila dollari, al fronte del “No” per la campagna elettorale.

Mentre durante diversi vertici internazionale sulle droghe, il Vaticano si è schierato con paesi come Cina e Pakistan esprimendo la propria ferma contrarietà ad ogni ipotesi di legalizzazione.

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Le mafie italiane hanno il monopolio su produzione, importazione e vendita di stupefacenti nel nostro Paese. Guadagnano miliardi su miliardi ogni anno, senza che i vertici vengano toccati da alcun provvedimento. Magari qualcuno che fa manovalanza, negli ultimi posti della catena, viene arrestato, insieme a centinaia di semplici consumatori. E quindi mentre spendiamo centinaia di milioni di euro di soldi pubblici (anche nostri), per mandare la polizia nelle scuole e in generale intensificare i controlli, loro si godono indisturbati il bottino di quel capolavoro che è l’attuale “guerra alla droga” nel nostro Paese.

E quindi accade che, mentre in Italia il governo ha proposto una legge per inasprire le pene sulle droghe leggere anche nei casi di lieve entità, l’Onu, con uno storico rapporto, torna ad invocare la fine della guerra alla droga sottolineandone gli effetti nefasti.

In Italia è stata nientemeno che la Direzione Nazionale Antimafia a chiedere di legalizzare la cannabis, sottolineando i danni che ne deriverebbero per le associazioni mafiose e criminali. 

Stessa posizione condivisa da Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia, che ha più volte sottolineato la necessità e l’urgenza della legalizzazione. 

LE MULTINAZIONALI

Questa è una lezione che abbiamo imparato guardando alle legalizzazioni avvenute oltreoceano: le multinazionali del farmaco, quelle dell’alcol, e quelle del tabacco, sono fermamente contrarie alla legalizzazione della cannabis. Perché? Perché il fatto di renderla legale toglie enormi fette di mercato ai loro prodotti, che siano farmaci, alcolici o sigarette e simili. E quindi abbiamo assistito a grandi finanziamenti di queste industrie per contrastare i referendum in corso in Usa, salvo poi fare marcia indietro, ed entrare nel business quando ci si era resi conto di non poterlo più fermare. 

GLI INDIFFERENTI

Tante persone credono che la battaglia per la legalizzazione sia la battaglia di chi vuole fumare liberamente. E non c’è niente di più sbagliato. Quella per la legalizzazione è una battaglia di civiltà, di diritti umani, di scienza e di umanità. E l’indifferenza di chi non si interessa a questo tema è il cemento che tiene in piedi il muro di chi la proibisce. 



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