Io fumo
Mi scappa un sorriso Fratelli se penso alle norme antitabagismo in vigore nel civile consorzio, e le rapporto a quello che, paradossalmente, dovrebbe essere il luogo in cui emendiamo le nostre mancanze; mi spiego: il divieto di accendersi una sigaretta nei luoghi pubblici è ormai stato assimilato dalla maggior parte di noi, tant’è che durante una recente vacanza in un paese dove ancora è consentito fumare, mi sembrava davvero strano vedere che alla fine della cena, gli avventori di un ristorante si concedevano la dose di nicotina, tranquillamente seduti al tavolo. La domanda che mi faccio è questa: il carcere è un luogo pubblico? Perché se lo fosse, a maggior ragione lì, dovrebbe esserci un rigido rispetto di tutte le regole, ma fortunatamente, almeno per il tabacco le maglie della normativa che fuori vessa i tabagisti, nei penitenziari gode di una sorta di licenza extraterritoriale, e ribadisco fortunatamente.
Il cronico sovraffollamento degli istituti di pena mette in secondo piano molti diritti ed il rispetto delle norme antifumo ancora non è entrato in carcere, dove praticamente è consentito fumare ovunque, con qualche debita eccezione per l’infermeria. Diciamo che viene lasciato alla sensibilità ed all’educazione dei reclusi l’esercizio dell’adorato vizio in modo che anche chi non ne è schiavo, non venga costretto a respirare il fumo passivo. La questione potrebbe sembrare di poco conto, ma se andiamo un po’ sotto la superficie non è così.
Al di qua del cancello non si riesce ad educare i fumatori in modo che pratichino l’autoavvelenamento polmonare consapevole, senza che qualcuno non si senta disturbato ed in diritto di rivendicare il proprio micromondo di aria pulita, mentre al di là del cancello, dove gli umani sono spesso ammassati come topi e costretti a vivere in condizioni limite, coloro che non fumano si sentono raramente disturbati da quelli che invece lo fanno, e i fumatori sono in netta maggioranza, ciononostante non praticano la prepotenza di imporre il loro vizio a quelli che invece non ce l’hanno; vi sembra poco? Fin che la legge non ce l’ha impedito ce ne siamo sempre fregati delle conseguenze che il nostro vizio poteva avere sugli altri, anche se nessuno di noi si sarebbe azzardato ad accendere una sigaretta in pediatria, mentre i “delinquenti in galera” riescono, in questo ed in altri casi, ad autoregolamentarsi.
Alla luce di quest’ultima riflessione mi domando e chiedo: non sarebbe questa la strada da battere in senso rieducativo? Se riescono a convivere in esigui spazi viziosi e puristi all’interno del carcere, perché non incentivare in altre direzioni il senso di responsabilità che indubbiamente questa piccolezza palesa? Sono le sei e trenta del mattino Fratelli ed il mio dovere di bravo lavoratore reclama che mi occupi d’altro, vi abbraccio e non prima di essermi acceso un “paglia” vi lascio il mio più sincero abbraccio a cui unisco gli auguri per l’anno appena cominciato, sperando che chi mi legge al di là del cancello, possa vedere la primavera da uomo libero e rigenerato.
Maurizio Gazzoni “Jazzon” – [email protected]