Into the wild: sulle orme di Supertramp
Il 18 agosto del 1992, Christopher McCandless viveva gli ultimi istanti di un’esistenza breve ma estremamente intensa, all’interno di un bus che sarebbe diventato il simbolo di un’intera generazione di viaggiatori, sognatori e ribelli.
Il suo percorso fu tortuoso e doloroso, ma ricchissimo di emozioni. Chris ha inconsapevolmente ispirato migliaia di persone in tutto il mondo a cambiare vita, orientandola verso l’ignoto e la scoperta piuttosto di vederla spegnersi nella sicurezza soffocante della routine.
Per i più cinici, Christopher McCandless è un modello negativo, un ragazzo con le idee confuse, morto a 24 anni solo ed affamato. Per altri è un idolo: un giovane che poteva avere una perfetta vita normale e invece ha rinunciato a tutto, per inseguire l’avventura, capire qualcosa di più su se stesso e scoprire cos’è la vera realizzazione personale. La storia di Christopher McCandess è diventata famosa grazie al film “Into the Wild“, diretto da Sean Penn e interpretato da Emile Hirsch, con il prezioso contribuito di Eddie Vedder alla colonna sonora. Il film racconta in maniera vivida la vita di questo ragazzo che dopo la laurea decise di assecondare il suo spirito avventuroso, nonostante ciò significasse abbandonare completamente la propria comfort zone.
Alla stabilità di un lavoro, una casa e una famiglia, Chris preferì un viaggio in solitaria a tempo indeterminato. Cominciò dopo l’università, quando donò in beneficenza tutti i suoi risparmi e partì verso l’ignoto; si concluse il 18 agosto di 25 anni fa in un luogo tanto affascinante quanto estremo e pericoloso: l’Alaska. Chris passò gli ultimi due anni della sua vita a vagare tra il Messico e gli Stati Uniti. Vedeva nell’Alaska l’ultima tappa di un viaggio non solo fisico, ma anche spirituale e mentale. Vi mise piede il 25 aprile del 1992, pronto per intraprendere lo Stampede Trail. Non sapeva che da quelle terre incontaminate e selvagge non avrebbe mai più fatto ritorno.
Il ragazzo si spinse troppo in là, sfidò la potenza della natura e fu sconfitto. Il 18 agosto, dopo aver tentato disperatamente di tornare indietro per scampare alla morte, si rifugiò nel bus abbandonato che era diventato la sua casa, scrisse: “Addio e che Dio vi benedica tutti!” sul suo diario e si preparò a morire. Trovarono il suo corpo solo dopo due settimane e fu nel momento in cui qualcuno lesse i suoi diari che Chris tornò a vivere. I suoi scritti, firmati Alexander Supertramp, furono ripresi prima dallo scrittore Jon Krakauer e poi dal film di Sean Penn.
Grazie a queste due opere, le sue parole hanno raggiunto e ispirato milioni di persone in tutto il mondo. Per molti le sue lezioni hanno rappresentato un’illuminazione, il risveglio dal torpore di una società che ci vuole tutti omologati, con un lavoro, una casa, la lontana prospettiva di una pensione e la noia ad accompagnare l’ansia della domenica sera. Con il suo viaggio e la sua vita, Chris ha mostrato a tutti che la felicità non si trova necessariamente nei percorsi di vita tradizionali, ma nell’avventura.
Sul suo diario scrisse che “la vera gioia è scoprire un orizzonte nuovo ogni giorno”. La frase simbolo di un ragazzo che attraverso una scelta rivoluzionaria continua ad ispirare persone da tutto il mondo, anche a 25 anni dalla sua scomparsa. In qualche modo le riflessioni di Christopher McCandless risultano essere così potenti da spingere molti suoi ammiratori a mettersi in viaggio per seguire le sue orme. Gli Stati Uniti sono il punto di partenza obbligatorio per qualsiasi viaggio ispirato alle avventure di Chris. Ci si può dirigere verso i deserti della California e dell’Arizona, luoghi dove è facile trasformare il viaggio in un percorso introspettivo. Oppure ci si può spingere fino in Messico, paese in cui Chris entrò attraversando il confine in kayak.
In entrambi i casi, non sono necessari grandi mezzi (economici e non) per ripercorrere le sue orme: sono luoghi che si possono visitare in automobile, prendendo bus e treni, se non addirittura in autostop per rendere il viaggio veramente wild. Un’altra interessante alternativa è quella di percorrere tutta la costa ovest degli Stati Uniti, da sud a nord. Chris lo fece tra il 1991 e il 1992, lavorando presso le fattorie che incontrava sulla sua strada e per un breve periodo anche in un McDonald’s.
Se queste opzioni sono sicuramente affascinanti, è innegabile che l’unico vero viaggio into the wild sia quello che porta in Alaska, il luogo che più di tutti caratterizza la storia di Christopher McCandless. Il 24enne entrò nello stato più settentrionale degli USA come un esploratore di altri tempi, conoscendo poco o nulla delle terre che stava per attraversare. In Alaska rimase folgorato dalla bellezza dei territori autentici e incontaminati, ma qui trovò anche la morte, in quel veicolo abbandonato che lui stesso aveva ribattezzato “Magic Bus”. Il viaggio più gettonato tra coloro che sono rimasti incantati dalla storia di Chris è sicuramente quello che si conclude con la visita del Magic Bus, rimasto nello stesso punto di 25 anni fa.
Il bus è la meta finale di un pellegrinaggio che per molti rappresenta il sogno di una vita. Per raggiungerlo, però, è necessario percorrere lo Stampede Trail. Ci sono due soluzioni: la prima è quella di un tour organizzato, la seconda è quella fai-da-te. Nel primo caso, si prenota il tour in una delle tante agenzie che offrono questo servizio. Spendendo una cifra che va dai 300 a più di 1.000 dollari, si viene guidati attraverso il sentiero di trekking (partendo da Healy sono circa 41 km) fino a raggiungere il luogo della morte di Christopher McCandless. Lo si può percorrere a piedi, in motoslitta oppure a bordo di una slitta trainata da cani. È la soluzione più sicura e confortevole, perché permette di ammirare le terre selvagge dell’Alaska senza andare incontro a rischi. Al tempo stesso, però, è anche l’opzione meno romantica.
Chi vuole ripercorrere fedelmente le orme di Christopher McCandless non può che completare lo Stampede Trail in solitaria e a piedi. Si tratta di un’esperienza intensa e indimenticabile, ma al tempo stesso, molto rischiosa. Questo sentiero di trekking, infatti, non è per i principianti. Negli ultimi anni diversi ammiratori di McCandless si sono persi rischiando la vita per raggiungere il Magic Bus e nel 2010, la 29enne svizzera Claire Ackermann è annegata cercando di guadare il Teklanika con il francese Etienne Gros.
È necessaria una conoscenza approfondita del luogo, scorte in abbondanza, vestiti pesanti (a marzo la temperatura di notte tocca i -20°) e la giusta strumentazione per arrivare a destinazione sani e salvi. Alla fine, però, riuscire in questa piccola grande impresa ripaga tutti gli sforzi: raggiungere il Magic Bus a piedi vuol dire provare sulla propria pelle le emozioni vissute da Christopher più di venticinque anni fa.
Il momento migliore per organizzare un viaggio fai da te fino al Magic Bus è tra marzo e aprile: prima fa troppo freddo, dopo i ghiacci si sciolgono e il fiume che attraversa il sentiero (quello che sbarrò la strada a Chris nei suoi tentativi di tornare indietro) diventa impossibile da guadare. Indipendentemente dall’opzione scelta, un viaggio alla scoperta dei luoghi dove Christopher McCandless visse le ultime settimane della sua esistenza è un’esperienza ricca di significato e sicuramente indimenticabile.
Soprattutto per chi, leggendo le riflessioni di quel ragazzo destinato a cambiare la vita di molti, si è illuminato di una luce nuova, di quel calore che si prova quando ci si rende conto di non essere folli. O almeno, di non essere gli unici folli a questo mondo.