Intervista a William Texier, autore di “Idroponica per tutti”
William Texier è l’autore del libro “Idroponica per tutti”, da poco pubblicato anche in Italia, una guida pensata per consentire a tutti di imparare le tecniche della coltivazione fuori suolo, illustrandone i benefici sia produttivi che ecologici, ma anche le difficoltà e gli errori da evitare specie per i principianti. Lo abbimo intervistato per parlare delle potenzialità della coltivazione fuori suolo e dei suoi pontenziali benefici per ambiente, consumatori e piccoli produttori.
Lei si occupa da tanti anni di coltivazione idroponica, crede che l’attenzione verso questa tecnica stia aumentando negli ultimi anni?
Sì, la consapevolezza del pubblico verso le tecnologie di coltura idroponica è aumentata. Credo che ciò sia dovuto principalmente agli scandali che si susseguono in materia di qualità dei prodotti alimentari. La gente sta diventando consapevole delle cattive pratiche dell’agricoltura industriale e dell’eccessivo uso di pesticidi, quindi vi è una domanda di cibo fresco, sano e possibilmente di produzione locale. Il concetto di giardinaggio urbano è ormai un tema di ricerca in molte città europee, le comunità di giardinaggio sono molto in voga, le persone possono coltivare il proprio cibo su un balcone o in un cortile, e l’idropononica è una tecnica utile a questi scopi. La vegetazione inoltre può agire come isolante, come nicchia ecologica per rafforzare la biodiversità nelle città, può aiutare la riduzione dell’inquinamento dell’aria, per questo siamo solo all’inizio. La città del futuro sarà progettata con molta più vegetazione diffusa su tutto il tessuto urbano, e non più con due o tre parchi in tutto come oggi.
Che consigli si sente di dare a chi vorrebbe cominciare a sperimentare questa coltivazione? E’ semplice imparare?
Il miglior consiglio che posso dare è solo quello di provarci. La lettura di libri è utile, ma non c’è niente come l’esperienza. Tante persone si avvicinano all’idea di coltivare il proprio cibo, ma spesso non si rendono conto che si tratta di una attività quotidiana che richiede attenzione. Bisogna controllare le piante, magari non ogni giorno ma almeno due volte alla settimana; crescono veloci, hanno bisogno di potatura e accorgimenti. Una volta capito questo però, la coltivazione idroponica non è difficile. Basta imparare a controllare due parametri: il pH della soluzione e la quantità di nutrienti che si immettono in circolo. Non c’è bisogno di lunghi studi né di un diploma scientifico, ma solo di un po’ di tempo e impegno.
Quali sono gli errori più comuni e più pericolosi per la coltivazione che bisogna imparare ad evitare?
Stranamente, quando i principianti non riescono, solitamente non è per mancanza di attenzione, ma piuttosto per il contrario: cercano di fare troppo, mettono troppi prodotti e addittivi pensando di fare meglio. I principianti della coltivazione giustamente consultano libri, articoli o partecipano a forum su internet, ma poi capita che si dimentichino di guardare le piante. Il mio consiglio è quello di mantenere le cose semplici, di intervenire il meno possibile e lasciare che la natura faccia il suo corso. Le piante sono organismi lenti, quando si interviene inserendo addittivi o cambiando alcuni parametri ci vorranno un paio di giorni prima di vedere i risultati, alcuni invece se non vedono un miglioramento immediato continuano a gettare prodotti quando non è necessario, e il risultato può essere quello di peggiorare la coltivazione anziché migliorarla.
Se un coltivatore ha la possibilità di scegliere, è meglio effettuare la coltivazione idroponica indoor o outdoor?
Questo sicuramente dipende del tipo di coltivazione, ma in linea generale il metodo migliore è quello della coltivazione in serra. In questi tipi di ambiente è infatti possibile beneficiare della luce naturale e allo stesso tempo facilitare e velocizzare la crescita dei prodotti grazie alla maggiore temperatura rispetto all’ambiente esterno. Grazie a questi due fattori la serra si rende preferibile alla tecnica outdoor e si mantiente meno costosa di quella indoor che richiede illuminazione e calore artificiale. Se il calore del clima è sufficiente, è possibile ottenere ottime coltivazioni anche in outdoor con il solo accorgimento di un panno come protezione per la pioggia e le forti radiazioni solari.
La coltivazione idroponica potrà rappresentare in futuro una possibilità per produrre più cibo ed in modo più sostenibile per il pianeta?
Anche se non ce ne rendiamo conto sta già avvenendo questo cambiamento e l’idroponica è già utilizzata su larga scala. Non credo che la gente sia consapevole di come molti dei vegetali di cui ci si nutre sono coltivati fuori suolo. Ciò che è necessario, non solo in idroponica, ma nella produzione alimentare in generale è un cambiamento di mentalità e di paradigma. Abbiamo bisogno di allontanarci dal modello di produttività, dalla tentazione di produrre sempre di più sulla stessa superficie, e dobbiamo avvicinarci ad un modello di qualità. Produciamo un grande volume di cibi di cattivo gusto, la sfida non è produrre più cibo, ma produrne possibilmente di meno ma ricco di valore nutritivo. L’idroponica per me è lo strumento per fare proprio questo.
Quali possono essere in concreto i benefici ambientali derivanti dalla coltivazione idroponica?
L’idroponica può essere il metodo migliore per l’ambiente ma anche il peggiore. Vi sono alcuni sistemi idroponici, detti sistemi aperti, che consumano molta acqua e disperdono grandi quantità di nutrienti residui nelle fogne. Viceversa, i sistemi chiusi, producono un enorme risparmio di acqua, energia e sostanze nutritive. Questi sistemi possono risparmiare molta acqua, poiché nenche una goccia viene dispersa ed è tutta assorbita dalla pianta. Inoltre, l’uso di sali minerali può essere controverso se usato nelle colture in terra, in quanto riduce la quantità di microrganismi nel suolo e parte dei sali finiscono nelle falde acquifere. Utilizzando gli stessi sali in idroponica essi diventano perfettamente innocui per la natura che li circonda.
Chi è contrario alla coltivazione idroponica afferma che non si tratta di un metodo naturale, e che nessun prodotto cresciuto senza terra può avere lo stesso sapore di quelli tradizionali. Cosa ne pensa?
Quello che molti non capiscono è che le piante non si nutrono dal terreno, non direttamente. Esse si nutrono di elementi disciolti in acqua da pioggia o irrigazione, che sono esattamente gli stessi che assorbono in idroponica. C’è però una limitazione: quando formuliamo un nutriente, abbiamo messo in esso solo gli elementi di cui la pianta ha bisogno per la sua crescita, mentre nel terreno le piante assorbono anche oligoelementi di tutti i tipi, che non sono necessari per il loro metabolismo, ma danno il sapore specifico dal luogo dove crescono. questo è il motivo per cui è una buona pratica quella di utilizzare altri additivi in idroponica, facendo sì che possa assumere quasi tutti gli elementi presenti nel terreno per riprodurre quella diversità. Spesso un alimento coltivato fuori suolo può avere un sapore migliore rispetto allo stesso alimento prodotto in un suolo sovrautilizzato. Dividere il mondo degli alimenti tra naturali e innaturali è il modo sbagliato di vedere le cose: se ho un vegetale che è altamente nutriente, di buon gusto ed è pulito (senza residui di pesticidi o altri residui chimici) non mi interessa affatto se è naturale o no, e io lo preferisco al suo equivalente prodotto nel suolo.
Lei ha inventato anche la bioponia (la coltivazione idroponica e biologica). crede che questa possa rappresentare il futuro della coltivazione?
Probabilmente no, soprattutto perché non è possibile ottenere una certificazione biologica per un prodotto che non è coltivato in terreno. Quando facciamo bioponia, rispettiamo tutte le regole dell’agricoltura biologica, con i vantaggi aggiunti di coltura idroponica, ma ancora esiste una mentalità diffusa che considera bio solo ciò che è “sporco di terra”. Abbiamo alcuni clienti che utilizzano tale tecnologia a livello commerciale in tutto il mondo, ma non posso dire che si stia diffondendo in modo poderoso, per ora rimane essenzialmente una coltivazione di nicchia. La cosa che mi rende ottimista è che tutte queste operazioni commerciali sono di grande successo, quindi credo che nel tempo, lentamente ma inesorabilmente, questa tecnologia sia destinata ad occupare un posto più rilevante.