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Intervista a T. Mills

Intervista a T. MillsTravis Tatum Mills è un giovane californiano di 22 anni. Conosciuto con il nome d’arte di T. Mills, il Nostro è diventato popolarissimo grazie all’utilizzo della Rete e dei social media. Laddove una volta erano gli A&R delle etichette discografiche a scoprire i nuovi talenti, oggi basta essere dotati di una connessione, di ottime capacità comunicative e non in ultimo, di talento artistico. Ad accorgersi di questo nuovo fenomeno musicale che mischia abilmente hip hop e pop, è stata la Columbia/Sony Music, la quale non si è lasciata sfuggire l’occasione mettendo subito sotto contratto l’artista. Incontriamo T. Mills a Milano, negli uffici della Sony, alla fine del suo tour europeo e prima dell’uscita primaverile del suo EP intitolato “Leaving Home”. La cosa che colpisce subito è certamente il suo look: flash tunnel dilatatissimi e tatuaggi ovunque (mani comprese). Non proprio un immagine pulita alla Justin Bieber!

 

Quanto hai intenzione di fermarti in Italia? Tra poco ci sarà la Tattoo Convention qui a Milano e vista la tua passione penso possa interessarti visitarla (l’intervista è stata fatta pochi giorni prima del 10 febbraio, giorno di inizio della Convention).
Si, ne ho sentito parlare. Purtroppo devo ripartire domani, quindi me la perderò.

Chi è il tuo tattoo artist preferito?
Si chiama Jeff Solo. È delle mie parti.

A che età hai cominciato a tatuarti?
A 16 anni. Il primo tatuaggio me lo ha fatto un amico: in cambio gli ho dato un cellulare!

È la tua prima volta in Europa?
Si, anche se la mia prima volta che sono venuto da queste parti è stato da turista, avevo circa 15 anni. In un mese ho visto 9 nazioni diverse. Se invece consideriamo il tutto dal punto di vista della musica, questa è la prima volta che suono e mi esibisco in Europa.

Quali sono le tue impressioni?
Mi piace un sacco e voglio ritornare il prima possibile. Anche se il clima da voi è molto freddo, mi diverto tanto. L’America è differente, mi piace che vi prendiate cura del vostro prossimo e siate così accoglienti.

Conosci qualcosa della nostra musica?
Conosco Fedez, sono stato in studio con lui l’altro giorno e oggi, dopo aver finito questa session di interviste, andremo in giro assieme a fare shopping.

Come è iniziata la tua passione per la musica e per l’hip hop?
Grazie a mio zio. Lui è appassionato di hip hop e R&B. Mi ha passato un po’ di CD di Bone Thugs N’ Harmony, 2Pac, Biggie, R. Kelly, Usher quando avevo undici o dodici anni. Qualche tempo, verso i quattordici/quindici anni ho iniziato a scaricare musica dalla rete, e da qui mi si è aperto un mondo. Il passo successivo è stato intrufolarmi agli show, nei club. In quel periodo mi sono reso conto che la musica era la mia vita!

Non hai mai pensato di fare altro?
No, la musica occupa tutta la mia vita!

Ci parli del tuo EP “Leaving Home”?
È prodotto da J Hawk, Colin Munroe e The Stereotypes ed anche il titolo di una canzone in esso contenuta. Ho registrato circa centoquaranta brani per l’occasione, scremandone all’inizio una sessantina, poi venti e infine dieci. È stata dura decidere quali andavano bene per questo EP. Per me rappresenta un cambiamento, cioè passare dalla musica realizzata nella mia cameretta, ad andare in uno studio vero e proprio e poi in tour. Rappresenta la mia crescita, il mio diventare artista e adulto. È stata un lavoro graduale, che è andato al passo con la mia maturazione. Ritengo che la titletrack sia il perno del disco.

Hai detto di aver cominciato a produrre i primi beat nella tua cameretta. Come hai imparato e quali programmi hai usato?
Ho fatto tutto da solo, iniziando con un software come GarageBand.

Intervista a T. MillsE il contratto con Sony?
A diciannove anni ho registrato un videoclip per una canzone che non doveva neanche essere pubblicata. Il budget era di poche centinaia di dollari e il pezzo era molto pop. Non mi rappresentava pienamente, ma lo hanno voluto pubblicare lo stesso su YouTube. Il risultato è che ha totalizzato più di 100mila visualizzazioni e da lì hanno cominciato a fioccare le offerte delle major. La Sony Columbia era quella che aveva la proposta migliore, ma soprattutto la giusta visione per me come artista.

Come è strutturata la tua esibizione dal vivo? C’è qualche musicista o sei da solo?
Ci sono io, un batterista e un DJ.

Come descriveresti il tuo pubblico?
È molto variegato. Si passa dai quattordicenni, fino ai ventottenni. Lo scorso lunedì, durante uno show, ho incontrato tre spettatrici che avevano ventotto anni e che dopo aver ascoltato la mia musica erano diventate fan. In Europa per esempio ci sono molti ragazzi, mentre in America sono soprattutto le ragazze che mi seguono.

Un consiglio per i giovani artisti che voglio realizzare i loro sogni come hai fatto tu…
Continuate a fare le vostre cose. Non importa cosa succede o cosa non succede. Continuare a provare, a sognare e non abbiate paura di fallire. Si impara molto dai propri errori.

Le tue prime canzoni sono uscite su MySpace: che importanza hanno i social network per te?
Sono tutto! La maggior parte dei miei spettacoli sono andati sold out e non c’è stato bisogno di fare alcuna promozione TV, stampa o radio: è bastato il passaparola in rete, sui social. Penso che per le persone sia importante usare questi nuovi media, perché accorciano le distanze con l’artista, lo rendono una persona vera. Personalmente spendo parecchio tempo sui social network, circa due o tre ore al giorno, e cerco sempre di rispondere a tutti.

Con qualcuno di questi sei diventato amico?
Si, con un ragazzo siciliano. L’ho conosciuto circa due anni fa e attualmente si occupa del merchandise per questo tour. Si occupa della pagina del fanbase italiano.

Cosa ti piace ascoltare in questo periodo?
Difficile a dirsi, ascolto così tanta musica. Fatemi controllare sul mio player… Vi darò alcuni nomi che vi suoneranno nuovi: The World Is a Beautiful Place And I’m No Longer Afraid To Die. Sono molto indie rock e molto sperimentali. Mi piace James Blake, il modo in cui registra la sua voce e i suoi drum patterns. Infine mi piace una band che si chiama The Teenagers. Li ho scoperti per caso, tramite un CD masterizzato con una scritta a pennarello sopra. Non cantano, ma parlano sulle canzoni.

Che ne dici del dub step? Tra gli artisti di punta c’è Rasko, con cui hai collaborato di recente…
Si, è totalmente fuori di testa. Sono stato a Las Vegas con lui per uno show e mi sono divertito un sacco. Ho registrato due pezzi con lui, ma non sono ancora usciti.

Come è stata la tua prima volta in studio?
Ero molto nervoso. Ma è stato figo scoprire un altro modo di lavorare ai brani, diverso da quello che facevo io nella mia cameretta.

Dove componi i brani?
Dappertutto, sia in studio che quando sono in giro. In questo caso uso il telefono per registrare.

Hai qualche altro interesse oltre la musica?
Mi piace molto l’arte. Ma come ho detto la musica mi porta via molto tempo e quindi quel poco che mi resta lo passo con la mia famiglia e gli amici. Mi piace collezionare toys in vinile, vedere qualche film su Netflix…

Leggi qualche libro?
Si, mi piacciono scrittori come Patti Smith, Robert Mapplethorpe, 50 Cent, Chuck Palahniuk… Ho letto il romanzo di “Fight Club” prima che uscisse il film in circa quattro ore!

Cosa pensano i tuoi genitori di quello che stai facendo?
Mi supportano totalmente.

 

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Andrea “Teskio” Paoli

 



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