Intervista a Raina per Villa Ada Crew
Finalmente, dopo aver rimandato più di una volta l’appuntamento, è la volta del nostro amico Raina di Villa Ada Crew nelle nostre speciali interviste. Uno fra i gruppi reggae più amati nella penisola soprattutto tra i giovani, oltre che indomiti combattenti della causa antiproibizionista e non solo. Senza neanche aver preparato le domande, di soppiatto seduti a pasteggiare prelibatezze gli accendo il microfono sotto al mento. Nella splendida cornice di villa Ada ve lo regaliamo così com’è senza filtro né peli sulla lingua.
La vostra può essere definita anche talvolta una musica di protesta. Per quanto tempo ancora questa protesta cesserà di rimanere nelle parole e nelle idee per trasformarsi finalmente in azione e cambiamento?
Secondo me il problema è che prima di diventare azione deve entrare in tutte le “capocce”, cosi facendo può trasformarsi in azione. È una questione di bisogni; purtroppo non tutti hanno le stesse esigenze e quindi questo cambiamento viene molto frenato.
Villa Ada è un gruppo dichiaratamente antiprò. Come vedi la situazione in Italia rispetto a questa battaglia vista la paurosa frammentazione che c’e’ tra i fautori di questa lotta?
Come ogni cosa che faccio cerco e spero di coinvolgere sempre più persone, sono contro le divisioni se si sta combattendo una battaglia comune. C’è una frase nel reggae che dice “united we stand, divided we fall”. Quindi penso che alla luce di una nuova legge che ci mette in galera per 2 piantine tutti dovremmo restare uniti e combattere per questo sopruso. L’antiproibizionismo dovrebbe essere una battaglia trasversale senza bandiere politiche.
Come possono difendersi i ragazzi da questa ingiusta legge?
Certo non è con una legge repressiva che la destra potrà togliere ai ragazzi la voglia di fumare la gangja, come è altrettanto certo che se torna la sinistra non verrà mai liberalizzata. La cosa assurda è che questa legge con la sua attuazione costa parecchio ai contribuenti e sinceramente vorrei vedere spesi i nostri soldi in maniera più utile.
Il vostro palcoscenico è sempre stato sempre multiculturale, ma anche sempre maggiormente giovanile come utenza, inoltre come mai Villa Ada ha faticato ad emergere all’estero?
Forse la “Villa” si rivolge più che altro ai giovani. Si è vero la maggior parte sono giovani e adolescenti, forse anche perché essendo villa Ada un gruppo nato 15 anni fa, i nostri coetanei adesso hanno moglie figli e impegni che non li portano a poter uscire la sera per venire ai nostri concerti. Penso comunque che la musica è una cosa che gira e si diffonde, può piacere o non, può piacere al vecchio come al giovane. Inoltre I nostri testi sono molto diretti e semplici, ecco forse perché interessano più ai giovani. Per quanto riguarda l’estero, sarà perché cantiamo in Italiano. Ci rimane più semplice e diretto rispetto alle cose che vogliamo trasmettere, comunque cantiamo spesso anche all’estero, per esempio lunedì prossimo saremo a Londra.
Avete un manager?
No! È gestito tutto dalla nostra cooperativa, dipende chi ci contatta e gestiamo le cose tra di noi.
Progetti discografici futuri?
Di istinto ti direi stiamo lavorando ad un disco nuovo, però quello che ci preoccupa è la diffusione di questo disco, perché ormai il disco è diventato una specie di biglietto da visita mentre la maggior parte della musica gira sul web e si scarica su internet. Quindi non abbiamo tutta questa fretta di impacchettare dei brani su un supporto. Le idee ci sarebbero ma ci scontriamo anche sul fatto che villa Ada è totalmente autoprodotta e così vogliamo rimanere, senza dover incappare in alcuna imposizioni di case discografiche che ci vedrebbero costretti a limare alcune frasi e non dire certe cose.
Come ti poni rispetto a certi testi dei tuoi colleghi jamaicani dichiaratamente omofobici e razzisti?
Tanto per cominciare noi siamo totalmente estranei a questo modo di cantare, essendo venuti da una cultura da centro sociale. Secondo me il fatto sta in una sbagliata interpretazione della bibbia (come spesso accade per i testi religiosi). Quello che dicono è di certo deplorevole, ed è frutto forse dell’ignoranza, ma dobbiamo cercare anche di capire cosa, a loro, è stato fatto dai bianchi quando venivano schiavizzati e deportati. Io molti li ho conosciuti e sai cosa ti rispondono in merito a questo? “Questo è scritto nella bibbia!!! “. Considera anche che in Jamaica l’omofobia è reato punito con il carcere, questo ci fa capire molto ben come sia radicato questo problema in Jamaica. Noi come Reagge.it insieme a Maria Carla Gullotta di SoS Jamaica, abbiamo raccolto delle firme per una petizione che convincesse la sig.ra Simpson ex primo ministro jamaicano, ad abrogare la legge sull’omofobia.
Cambiamo argomento. Il tuo strain preferito?
Eh eh eh! bè io sono un po’ antico e delle vecchie varietà la prima skunkona che ho assaggiato a 18 anni la prima volta ad Amsterdam non si scorda mai. Delle nuove vado pazzo per Ak 47 e Kali Mist.
Concludendo vuoi dire qualcosa ai lettori di Dolce vita?
Prima di tutto devo farvi i complimenti perché è una rivista che leggo, supporto e mi piace molto. soprattutto le rubriche Psichedeliche e di coltivazione; Poi che dire ai ragazzi, sarà per il mio inguaribile ottimismo, anche se adesso dobbiamo tenere duro questa pianta possiede troppe ricchezze e presto qualcuno se ne accorgerà.