Biografia degli interventi legislativi italiani in materia di stupefacenti
1923
Il primo intervento legislativo italiano in materia di stupefacenti fu la legge n. 396/1923 «Provvedimenti per la repressione dell’abusivo commercio di sostanze velenose aventi azione stupefacente» che puniva, con pene detentive brevi, la vendita, la somministrazione e la detenzione di tali sostanze da parte di persone non autorizzate nonché, con una multa, la partecipazione «a convegni in fumerie» adibite all’uso di stupefacenti. Successivamente, la legge n.1145/1934 contenente «Nuove norme sugli stupefacenti» introdusse il «ricovero coatto» dei tossicomani in «case di salute».
1954
Novità rilevanti furono apportate dalla legge n.1041/1954 «Disciplina della produzione del commercio e dell’impiego degli stupefacenti» che prevedeva un inasprimento delle sanzioni penali per chiunque detenesse sostanze stupefacenti, senza alcuna distinzione tra commercio e uso personale.
ANNI ‘60
A partire dalla fine degli anni ‘60 vi fu una rapida diffusione delle droghe nel mondo giovanile, alimentata sia da motivi culturali e ideologici che da logiche di mercato particolarmente allettanti per i narcotrafficanti, e apparve sempre più inadeguata una legge che poneva sullo stesso livello spacciatori e consumatori.
1975
Con la legge n.685 /1975 «Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», pur vietando la detenzione di sostanze stupefacenti, prevedeva una causa di «non punibilità» se la sostanza era destinata al proprio uso personale e se si trattava di una «modica quantità», introducendo quindi una distinzione tra spacciatore e consumatore. Furono introdotti una serie d’interventi di prevenzione sociale e di assistenza socio-sanitaria.
1990
Si arriva alla legge Vassalli- Russo Jervolino che guardava con sfavore non solo il traffico e lo spaccio, ma anche l’assunzione di stupefacenti. Tuttavia la detenzione di droga incontrava solo la sanzione amministrativa quando non superava i limiti della dose media giornaliera oltre quei limiti interveniva la sanzione penale. La legge stabiliva che l’uso personale di droga – sia leggera che pesante – fosse un illecito, ma prevedeva sanzioni soprattutto amministrative. La produzione e lo spaccio invece erano sanzionate con pene diverse e si prevedeva la reclusione: ma i periodi variavano sia in base alla distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, sia in base alla quantità. Le misure alternative, anche terapeutiche, erano previste per le condanne fino a 4 anni.
1993
Dal referendum del 1993 fino al 2006, anche la detenzione di quantitativi importanti di stupefacenti, che non fosse accompagnata da gesti univoci di cessione a terzi, era penalmente irrilevante.
2006
È intervenuta in seguito la legge Fini-Giovanardi, dai nomi dei suoi promotori. La maggiore novità della legge Fini-Giovanardi era stata l’abolizione della distinzione tra droghe leggere e pesanti, insieme all’inasprimento delle sanzioni.
OGGI
Con la declaratoria d’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi sarebbe dovuta tornare in vigore la legge Vassalli/Russo-Jervolino. In realtà è stato emanato il decreto Lorenzin, che dispone delle modifiche alla legge Vassalli-Jervolino. Tra le principali novità troviamo:
- sanzioni più basse per il cosiddetto spaccio di lieve entità (reclusione da 6 mesi a 4 anni e multa da mille a 15mila euro);
- inserimento tra le droghe leggere di tutte le cannabis, senza distinzione;
- inserimento di tutte le droghe sintetiche riconducibili per struttura chimica o effetti tossicologici al tetraidrocannabinolo (THC) nella tabella I sulle droghe pesanti;
- possibilità per il giudice di applicare (al posto di detenzione e multa) la pena del lavoro di pubblica utilità nel caso di piccolo spaccio o altri reati minori commessi da un tossicodipendente.