Inizia il maxi-processo di Santa Maria Capua Vetere per i pestaggi della polizia
Il maxi-processo si tiene nelle aule bunker del penitenziario, ristrutturate per l'occasione con una spesa di 600 mila euro
Inizia il maxi-processo per i pestaggi e le violenze contro i detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere avvenuti il 6 aprile del 2020. Gli imputati sono 105, tra poliziotti penitenziari, funzionari dell’amministrazione penitenziaria e medici, e si sono ritrovati nell’aula bunker dove 24 anni si tenne un altro maxi-processo, quello alla camorra del can dei Casalesi (il celeberrimo maxi-processo Spartacus). Sotto accusa, dopo i pestaggi contro i detenuti di quell’aprile, c’è un sistema di polizia denunciato da vittime e registrazioni delle telecamere di sicurezza. Anche in Italia i metodi della polizia sono spesso messi sotto accusa, ma quanto successo due anni fa è una delle pagine più gravi di questo genere mai scritte nel nostro paese.
Il maxi-processo promette già numeri record, con un’aula da 600 metri quadrati, 400 posti a sedere, 120 postazioni microfonate e maxi-schermo con diversi display. Ci sarà anche un’altra aula bunker per ospitare altre 200 persone, ed entrambe sono state ristrutturate in tempo record (due mesi) dal Ministero della Giustizia con una spesa di 600 mila euro. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha dovuto assumere 100 poliziotti penitenziari, visto che la maggior parte del personale del carcere è sotto processo.
I reati contestati? Non sono pochi: tortura pluriaggravata, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, abuso di autorità contro detenuti, perquisizioni personali arbitrarie, falso in atto pubblico anche per induzione, calunnia, frode processuale, depistaggio, favoreggiamento personale, rivelazioni di segreti d’ufficio, omessa denuncia, e cooperazione nell’omicidio colposo ai danni di un detenuto, Hakimi Lamine, morto in carcere un mese dopo.
Presenti al maxi-processo anche alcune vittime e loro parenti, come la figlia di Vincenzo Cacace. L’uomo è morto lo scorso giugno, ma sono rimaste purtroppo celebri le immagini di lui, invalido e sulla sedia a rotelle, che viene malmenato dagli agenti del penitenziario. Durante l’udienza altre 26 vittime e l’associazione Italiastatodiritto hanno chiesto di costituirsi parte civile.
Il difensore di alcuni agenti, Elisabetta Canfora, ha richiesto lo spostamento del processo al tribunale per le accuse non connesse al reato di tortura con l’aggravante della morte. Nella prossima udienza, il 14 novembre, la corte scioglierà la riserva sulle richieste degli avvocati e decidere sulla costituzione delle parti civili. Si tratta dell’inizio di una lunga battaglia giudiziaria, che sicuramente servirà a scoperchiare un sistema, quello delle azioni di polizia nelle carceri, spesso denunciato come violento e intollerabile.