INFO CANNABIS: tutto quello che c’è da sapere

Le domande poste più frequentemente sull’argomento Cannabis e relative risposte, sostenute da studi scientifici e fonti verificate. Una guida completa e in costante aggiornamento, con link e collegamenti per approfondire ogni singola voce.
Le risposte sono state redatte da giornalisti professionisti con esperienza in materia.
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La canapa è una pianta che ha accompagnato l’umanità per migliaia di anni. Originaria delle regioni dell’Asia Centrale, lungo il corso dei secoli si è diffusa praticamente ovunque, superando ogni tipo di avversità ambientale. Possiamo trovarla in tutto il bacino mediterraneo e nelle Americhe, nelle regioni più interne dell’Africa e in nord Europa, nel continente australiano e nell’Oriente più estremo.
I suoi utilizzi sono innumerevoli, ma noi li abbiamo riassunti e semplificati in 9 grandi settori: uso ludico / spirituale / religioso, uso medico, uso edile, uso tessile, uso carta, uso alimentare, uso cosmetico, uso plastica, uso carburante.
Sono tutti spiegati in questa pagina speciale del nostro sito web.
Il Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC) è il componente più conosciuto della cannabis: è l’unico cannabinoide ad avere proprietà psicoattive ed è stato isolato per la volta nel 1964 grazie al lavoro condotto dal dottor Raphaem Mechoulam. Si lega ad entrambi i tipi di recettori finora identificati, i recettori CB1 e CB2. Ricerche approfondite negli ultimi decenni spiegano che il THC possiede numerose proprietà medicinali che sono utili in una vasta gamma di disturbi, alcuni dei quali comprendono: il morbo di Alzheimer, l’aterosclerosi, il glaucoma, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson, l’apnea del sonno, la sindrome di Tourette, il cancro (in varie forme) e molti altri. Il THC ha anche proprietà antiemetiche (anti-nausea) che lo rendono utile per il trattamento di AIDS e pazienti in chemioterapia.
Gli studi che documentano gli effetti a lungo termine dell’assunzione di THC hanno avuto risultati diversi e incoerenti. Anche se molto dibattuti, alcuni studi sostengono che un impiego a lungo termine possa provocare effetti collaterali negativi come perdita di memoria a breve termine o tassi più elevati di psicosi e schizofrenia. Ma il THC ha anche dimostrato di avere una serie di effetti positivi sulle cellule cerebrali. Considerando che la maggior parte delle droghe ricreative sono neurotossiche, il THC è considerato un “neuroprotettore” e significa che può proteggere le cellule cerebrali dai danni causati ad esempio da infiammazione e stress ossidativo. Gli scienziati hanno anche dimostrato che il THC può favorire la crescita di nuove cellule cerebrali attraverso un processo noto come neurogenesi.
Il CBD è un altro cannabinoide attualmente al centro di diverse ricerche scientifiche per le sue doti terapeutiche. Non solo, perché la proprietà del CBD di contrastare gli effetti psicoattivi del THC, ha visto l’ingresso di questo cannabinoide anche nel settore della cannabis ricreativa con molti strain che sono stati arricchiti di CBD in rapporti di 1:1, 2:1 o superiori rispetto al THC. Oltre agli studi come antipsicotico e nella terapia del dolore il CBD e genetiche di cannabis ad alto contenuto di questo cannabinoide, sono al centro di diverse sperimentazioni e studi clinici su diverse forme di epilessia farmaco-resistente, in particolare in casi pediatrici e di giovani pazienti.
Il risultato della combinazione fra tutte le sostanze contenute nella cannabis è chiamato effetto entourage; è dimostrato da numerosi studi scientifici che può modificare significativamente l’azione dei principali principi attivi, migliorandone l’azione e riducendo al minimo i possibili effetti collaterali. I primi studi risalgono al 1974, mentre le ricerche più recenti e accreditate sono dello studioso Ethan B. Russo. Alcuni terpeni ad esempio si legano con neurotrasmettitori come i recettori CB1 e CB2, influenzando diverse funzioni del nostro organismo e la sua risposta ad agenti esterni. Altri sembrano modificare la permeabilità delle cellule modulando, ad esempio, l’assimilazione del THC. Altri ancora interagiscono con il rilascio di dopamina e serotonina.
Se parliamo di infiorescenze e derivati il metodo ad oggi più utilizzato per l’assunzione di cannabis è quello della cartina, affiancato dall’utilizzo di vaporizzatori, che evitano i prodotti tossici derivati dalla combustione e permettono una maggiore assunzione dei principi attivi. Un altro metodo d’assunzione molto diffuso è quello edibile, utilizzabile sia per le infiorescenze che per semi e derivati dalla canapa con basso contenuto di Thc: dall’olio spremuto a freddo al latte passando per tutti i prodotti da forno che si possono ottenere con la farina di canapa. Ma funziona anche per prodotti farmaceutici come estratti, oli, spray e pillole o ad esempio per le tinture alcoliche.
Ci sono poi i prodotti ad uso topico come oli, lozioni, creme o ad esempio i cerotti a base di cannabinoidi, da applicare direttamente sulla pelle.
Poi, soprattutto per il mercato farmaceutico, le aziende stanno creando tutta una serie di prodotti che vanno dalle capsule vaginali alle gomme da masticare, passando per collirio, spray e gocce.
Dipende dai metodi di controllo utilizzati. Nel test delle urine il Thc rimane rintracciabile per qualche giorno nel caso dei consumatori saltuari e fino ad un mese per quanto riguarda i consumatori più assidui. Di norma, per essere certi di risultare negativi al test, si consiglia un’astensione totale dal consumo per un mese. In alternativa esistono vari metodi per velocizzarne lo smaltimento (consultabili a questo link), ma si tratta di rimedi casalinghi, il cui funzionamento non è assicurato.
L’esame del capello è il più insidioso tra i metodi utilizzati. Tramite esso è teoricamente possibile individuare consumi fino a un anno di distanza, anche se di solito i test riguardano solo i tre mesi precedenti (per approfondire: clicca qui). I test della saliva sono invece quelli nei quali la cannabis rimane rintracciabile per meno tempo. il THC rimane rintracciabile per un massimo di 14 ore, ma la media non supera le 6/7 ore.
Mentre si moltiplicano i prodotti a base di CBD puro, dalle gomme da masticare al latte con aggiunta di CBD, passando per ovuli vaginali, collirio e cerotti transdermici, anche le principali seedbank europee ed americane, hanno iniziato a produrre genetiche di cannabis con un alto contenuto di questo cannabinoide, o hanno creato delle nuove versioni delle varietà presenti nel proprio catalogo, con un contenuto di CBD più alto.
Oggi, con la comparsa di queste nuove genetiche che spesso hanno contenuti di THC molto bassi, e complice la prima legge italiana che disciplina la canapa industriale, sono molti i lettori che ci chiedono se sia legale coltivare varietà di cannabis che abbiano un contenuto di THC sotto il limite previsto dalla legge sulla canapa industriale, e cioè lo 0,2%.
La risposta è no, perché la legge sulla canapa industriale prevede che sia legale coltivare varietà che siano state registrate a livello europeo e prevede inoltre che il coltivatore conservi le fatture di acquisto ed il cartellino della semente acquistata per un periodo non inferiore ai 12 mesi.
Per spiegarvi i motivi abbiamo contattato il dottor Giampaolo Grassi, primo ricercatore del CREA-CIn di Rovigo: “In Italia non si può, perché se non hai il cartellino è come se stessi coltivando della canapa illegale”, puntualizza spiegando che: “Il cartellino è quello che determina la liceità della coltivazione e per avere il cartellino la genetica deve essere stata registrata”. Quindi bisognerebbe che le seedbank interessare procedessero con la registrazione delle proprie genetiche. Alla domanda se sia un procedimento costoso Grassi sottolinea che: “Costa mediamente sui 5mila euro, ma il problema è arrivare in fondo alla procedura che va fatta da aziende strutturate o da istituti di ricerca pubblici; per un privato, anche dal punto di vista normativo, sarebbe complicato perché di solito sono aziende sementiere, iscritte ad un registro, che lo fanno di professione. E’ vero che chiunque può registrarsi, ma di solito sono aziende strutturate: certamente le seedbank olandesi o spagnole, ad esempio, se lo potrebbero permettere, ma non il singolo cittadino perché non è una cosa così semplice”.