Cronache da dietro il cancello

Infami

I collaboratori di giustizia, definiti anche "pentiti", all’interno del carcere hanno diversi livelli di trattamento e protezione

Infami Cosa succede a chi varca le porte del carcere con lo stigma di aver collaborato con la legge?

Nel linguaggio della malavita questi si chiamano infami ed un tempo era il peggior insulto che si potesse rivolgere a chiunque avesse avuto a che fare con il sistema, occupando una delle posizioni che stanno dall’altra parte della barricata.

Nel corso degli anni sono cambiate le leggi, i codici non scritti e la percezione di una scelta del genere, di quelli che nei fascicoli preprocessuali si chiamano “collaboratori di giustizia”, anche se coloro che la praticano si pentono soprattutto di cose commesse da altri, tuttavia asteniamoci da giudizi morali e cerchiamo di occuparci dell’aspetto “tecnico”; di gestione all’interno del carcere di quelli che per convenzione, chiameremo infami.

A seconda di coloro che si sono, a causa delle loro dichiarazioni inimicati altri imputati, quando non intere organizzazioni, vi sono nei nostri penitenziari diversi livelli di protezione, normalmente, gli infami vengono detenuti in una sezione chiamata “alta sicurezza”, da non confondersi con l’“alta sorveglianza” che è un’altra cosa.

Non hanno contatto con gli altri detenuti, nemmeno durante l’ora d’aria o nelle docce, questo per evitare vendette, che sarebbero possibili anche “per procura”.

Anche se all’interno dei penitenziari vige una sorta di rispetto della privacy, è abbastanza comune che vengano chiesti ai nuovi entrati i propri fascicoli processuali, in modo da poter verificare che non abbiano rilasciato dichiarazioni che avrebbero potuto danneggiare altre persone, soprattutto in caso circolino su “radio carcere”, voci sospette sul comportamento del nuovo entrato.

Una volta verificati i fascicoli d’interrogatorio, se sono in linea con un comportamento “regolare”, nei confronti del detenuto scatta la solidarietà umana che all’interno delle carceri ancora vige, al nuovo entrato gli altri detenuti, spesso poverissimi, offrono quei generi di prima necessità contingentati anche per loro, come sapone, dentifricio, sigarette e caffè.

Se invece il detenuto risulta infame, gli stessi “compagni di viaggio” (ma prima ancora egli stesso) ne chiedono il trasferimento alla sezione degli infami, trasferimento al quale il personale di servizio e la Direzione non si oppongono, per evitare possibili problemi.

Nella sezione in cui vengono trasferiti gli infami sono di solito reclusi anche detenuti che si sono macchiati di reati infamanti come violenze carnali, reati conto bambini e porcherie simili, reati che gli altri detenuti non tollerano, in nome di un “codice etico” non scritto, ma che ancora vige tra i prigionieri delle nostre carceri, sebbene popolate da molti detenuti stranieri.

Gli infami non possono partecipare, per evitare contatti, alle attività cui gli altri detenuti partecipano, come il campo sportivo e la palestra, a cui hanno accesso separatamente ed in subordine con la disponibilità del personale di sorveglianza, che come sappiamo è sempre sotto organico. Poiché la maggior parte dei reclusi nelle nostre prigioni sono in attesa di giudizio, spesso agli infami vengono concesse misure alternative alla carcerazione preventiva, poi mantenute anche dopo il giudizio, proprio in ragione del loro “ravvedimento”, che anche se di convenienza, è la prova della dissociazione dalle organizzazioni e dai comportamenti criminali.

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