Geopolitica

Incontri con uomini straordinari: XIV Dalai Lama e il Tibet

(FILES) File photo taken on August 4, 2009 shows exiled Tibetan spiritual leader the Dalai Lama during a press conference near Lausanne, Switzerland. The Dalai Lama is on a five-day visit to Switzerland. The Dalai Lama announced March 10, 2011 his plan to retire as political head of the exiled Tibetan movement, saying the time had come for his replacement by a "freely elected" leader. AFP PHOTO / FILES / Fabrice COFFRINI

Il karma ha voluto che anche io come Gurdjeff abbia avuto la fortuna di incontrare almeno un Uomo Straordinario. Si tratta del XIV Dalai Lama il cui nome è Tenzin Gyatso. Per chi non lo sapesse il Dalai Lama è la suprema guida spirituale del Buddismo Tibetano nonché Capo del Governo Tibetano in esilio. Per varie ragioni mi sono trovato a lavorare nello staff di persone che hanno contribuito all’organizzazione della Cerimonia di Conferimento della Laurea Honoris Causa al Dalai Lama presso l’Università Roma Tre lo scorso 14 ottobre.

In queste ultime settimane della mia vita sono entrato in contatto con numerosi studiosi, esperti ed appassionati del Tibet e mi sento forse la persona meno adatta a scrivere su questo argomento, tuttavia ero lì e sono stato in contatto con questo Uomo straordinario; vorrei in queste righe parlare di Lui e della causa del Tibet per la quale da quasi 50 anni il Dalai Lama lotta insieme al suo popolo.

La presenza di una persona così importante ha messo fortemente in dubbio il mio scetticismo. Nel momento in cui mi sono trovato di fronte a lui ho immediatamente sentito che si trattava di un Uomo straordinario. Non era la solita emozione di trovarsi davanti ad un personaggio famoso e importante. È stato qualcosa di più forte, qualcosa che ha a che fare con energie sottili che attivano altri canali percettivi. Una forte emozione, un calore diffuso e la voglia di mettersi a piangere, questo in due parole quello che ho provato la prima volta che l’ho visto e che mi ha salutato guardandomi dritto negli occhi. Non voglio aggiungere altro per non ricoprire con un fiume di parole esperienze che hanno a che fare con realtà sensoriali extra razionali. Voglio però continuare a parlare di come attraverso questo incontro sia venuto a conoscenza della realtà del Tibet, realtà di cui sapevo molto poco. Mi sono invece reso conto che la situazione di questo Paese e del suo popolo è gravissima, disperata, una situazione di privazione dei diritti umani e civili così pesante che è difficile paragonarla con altre realtà presenti nel Mondo.

Il Tibet nel corso della sua bimillenaria storia, che possiamo far risalire al 127 a.C., è sempre stato uno Paese libero ed indipendente fino a quando nel 1950 non viene invaso dall’Esercito della Repubblica Popolare Cinese. Il 10 marzo 1959 la resistenza tibetana culmina in una insurrezione nella capitale Lhasa, a seguito della quale l’esercito cinese uccide, per sua stessa ammissione, più di ottantasettemila membri della resistenza tibetana.

In queste condizioni di repressione e violenza il Dalai Lama, capo del governo tibetano, seguito da oltre centomila connazionali, decide di rifugiarsi nella vicina India. Dal 1959 il Dalai Lama vive in esilio in India a Dharamsala (Himachal Pradesh) dove si è costituito il governo tibetano in esilio, riorganizzato secondo i moderni principi democratici. Questo esilio ha permesso e permette ancora oggi di mantenere viva la memoria storica e la tradizione culturale tibetana; parallelamente permette al popolo tibetano di coltivare la speranza di tornare nella propria terra.

Nel corso di questi 56 anni di occupazione, la Cina ha avviato un processo di assimilazione del Tibet attraverso una politica di trasferimento di coloni cinesi. Questo ha reso i tibetani una minoranza nel loro paese. A ciò si aggiunge la continua campagna di aborti forzati e sterilizzazioni di massa delle donne tibetani. Tale campagna di assimilazione, che sembrerebbe più giusto chiamare tentativo di genocidio di un popolo, va contro tutte le convenzioni internazionali sui diritti civili ed individuali dell’uomo. L’ONU, infatti, si è pronunciata ben tre volte con tre diverse risoluzioni (n.1353 del 1959, n.1723 del 1961, n.2079 del 1965) per condannare i soprusi e le manifeste violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali del popolo tibetano, sostenendo il suo diritto all’autodeterminazione.

Oltre alla distruzione del popolo tibetano la Cina, nel corso della sua occupazione, ha portato avanti una sistematica distruzione del patrimonio ambientale del Tibet attraverso la deforestazione indiscriminata, lo sfruttamento intensivo delle miniere, fino ad arrivare all’utilizzo di parte del Tibet come deposito di scorie radioattive nonché insediando basi nucleari e missilistiche. Per terminare il quadro va detto che la Cina sta tentando di distruggere anche la cultura e la storia del Tibet, attraverso la demolizione di oltre seimila monasteri, templi e monumenti artistici, e la sistematica demolizione dell’antico centro storico della capitale Lhasa.

A tutto questo i tibetani ed il Dalai Lama si sono sempre opposti attraverso una lotta non violenta senza mai ricorrere al terrorismo o all’uso delle armi, dal momento che questo popolo “mantiene alla base della sua visione della vita, la comprensione dell’interdipendenza globale e la pratica della responsabilità universale”. Le parole del Dalai Lama meglio ci possono far comprendere la natura di questo popolo e della sua visione della vita:
“In quanto libero portavoce dei miei concittadini, sento come mio dovere di parlare a loro nome. Non parlo con un sentimento d’ira o di rancore per coloro che sono responsabili dell’immensa sofferenza del nostro popolo e della distruzione della nostra terra, delle nostre case e della nostra cultura. Anch’essi sono esseri umani che si sforzano di trovare la felicità e meritano la nostra compassione. Parlo per informarvi della triste situazione in cui versa oggi il mio paese e delle aspirazioni del mio popolo, perché, nella nostra lotta per la libertà, la verità è l’unica arma che possediamo.”

Il 10 dicembre 1989 il mondo riconosce al popolo tibetano il merito di lottare per la libertà e l’autodeterminazione, ripudiando la violenza ed abbracciando la pratica della non violenza conferendo il Premio Nobel per la pace al Dalai Lama. Con queste parole il Dalai Lama sintetizza la sua visione di pace durante:
“La pace interiore è la chiave di tutto: se avete la pace interiore, i problemi esterni non influenzano il vostro profondo senso di pace e tranquillità. In queste condizioni di spirito, si possono trattare le situazioni con calma e ragione, mantenendo la felicità interiore. Questo è molto importante; senza la pace interiore, per quanto confortevole sia materialmente la nostra vita, restiamo spesso preoccupati, turbati o infelici a causa delle circostanze.”

Ho potuto constatare di persona che in questo Uomo Straordinario, sempre sorridente e scherzoso, anche nelle situazioni di tensione, l’aderenza tra parola ed azione è totale nel senso che il suo agire anche nelle piccole cose di tutti i giorni è regolato da una pace interiore talmente vera che si diffonde anche intorno a lui colpendo chi lo circonda. Forse ho avuto il privilegio di stare a contatto ad un autentico Illuminato. Tashi Delek!

P.S. A fine pranzo bravo bravo Sua Santità il XIV Dalai Lama si è alzato dal tavolo e con spazzolino da denti e dentifricio alla mano ha dribblato molte delle illustri personalità politiche ed accademiche accorse per salutarlo, si è diretto sorridente e tranquillo verso il bagno per andarsi a lavare i denti, ricordando ai presenti in doppio petto che siamo tutti uomini, semplicemente e comunque normali uomini. Naturalmente!

in collaborazione con Marco Mattiuzzo



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