In principio era la Cina: la cannabis nel mondo antico
Milioni di anni fa i primi ominidi scesero dagli alberi delle foreste africane e iniziarono a migrare per il mondo incontaminato di allora. Questi erano ora eretti, impugnavano le prime armi e strumenti rudimentali e iniziavano a sviluppare la coscienza di sé e di ciò che li circondava. I discendenti di questi primi ominidi vagarono per la terra, evolvendosi in maniera isolata e differente come soggetti a diverse condizioni ambientali. Si svilupparono così caratteristiche fisiche e culturali uniche come i colori della pelle, tecniche di caccia, agricoltura, medicina e rituali sacri.
Senza dubbio le prime civiltà nacquero lungo le rive dei grandi fiumi: l’Hwang-Ho (Fiume Giallo) in Cina, l’Indo e il Gange in India, il Tigri e l’Eufrate in Mesopotamia e il Nilo in Egitto. Il terreno lungo gli argini di questi fiumi era particolarmente fertile e adatto all’agricoltura primordiale dell’uomo, facendo sì che le popolazioni nomadi si insediassero in queste regioni per iniziare una nuova vita, sedentaria. Questi popoli, potendo contare su maggiori scorte di cibo, potevano dedicarsi anche alla ricerca di nuovi materiali, utensili e tutto ciò che la mente umana potesse inventare, permettendo così lo sviluppo delle prime civiltà.
L’Antica Cina
Sulla base degli artefatti rinvenuti in Cina, gli archeologi assicurano che la cannabis è stata utilizzata come coltura agricola sin dall’antichità. Nel 1921, Andersson J. G. scoprì un villaggio neolitico appartenente alla cultura Yang-shao, nella provincia di Honan. Qui gli archeologi hanno portato alla luce diversi vasi di ceramica i cui lati erano stati decorati premendo delle corde sull’argilla ancora bagnata: Andersson propose che le decorazioni fossero state realizzate usando corde di canapa. Inoltre, vennero scoperti insieme ai vasi diversi strumenti per tessere e cucire consolidando le ipotesi. Questi primi vasi decorati, risalenti a circa il 4115-3535 a.C. suggeriscono che i cinesi hanno usato la pianta di canapa sin dagli albori della loro storia.
Cannabis: Má
Nella cultura cinese la parala cannabis è raffigurata da un ideogramma, Má , composto da due parti che rappresentano delle fibre/piante di canapa appese da una struttura/tetto. Man mano che familiarizzarono con la pianta, i cinesi scoprirono che essa era dioica, distinguendo le piante maschili (hsi) da quelle femminili (chu). I cinesi riconoscevano anche che le piante maschili producevano una fibra migliore, mentre le femmine producevano semi alimentari.
Fili e corde per un Impero
La scoperta che più fili intrecciati erano molto più forti e resistenti dei singoli filamenti avrebbe portato allo sviluppo della filatura e della tessitura, un’invenzione rivoluzionaria che pose fine alla dipendenza dalle pelli animali come indumenti. Anche qui, la fibra di canapa fu scelta per i primi indumenti casalinghi, assumendo un ruolo così importante nell’antica cultura cinese che secondo il “Li Chi” (Libro dei Riti, II secolo a.C.) venne ordinato che in segno di rispetto per i defunti durante i funerali si dovessero indossare abiti di tessuto di canapa, un’abitudine seguita fino ai tempi moderni.
Nel 1972 fu scoperto un antico sito di sepoltura risalente alla dinastia Chou (1122-249 a.C.) dentro del quale si trovavano frammenti di stoffa, contenitori di bronzo, armi e pezzi di giada. Le ricerche dimostrarono che la stoffa era in fibre di canapa, rendendola la più antica del suo genere.
Gli antichi cinesi non usavano la canapa solo per tessere vestiti, ma anche per fabbricare le proprie scarpe, probabilmente in combinazione con altri materiali come lana e pelle. La cannabis era talmente apprezzata dai cinesi che il loro paese era chiamato “la terra del gelso e della canapa”: il gelso era venerato perché era il cibo dei bachi da seta, indispensabili per realizzare uno dei prodotti più importanti e pregiati della Cina. Mentre la canapa forniva tutto il necessario per i milioni di contadini e lavoratori del regno che avevano bisogno di materiali comuni e resistenti per la vita quotidiana, e che non potevano permettersi la lussuriosa seta.
Le fibre di canapa risultarono anche un fattore di successo nelle guerre tra i signori delle terre cinesi. Inizialmente gli arcieri cinesi usavano delle corde di fibre di bambù per i loro archi; quando scoprirono che le corde di canapa apportavano maggior resistenza e gittata, queste presero presto il posto del bambù. Le corde di canapa divennero così importanti per i monarchi cinesi che dedicarono vaste porzioni dei loro territori alla sua coltivazione, facendo della canapa un raccolto agricolo da guerra.
L’invenzione della carta
Tra le molte invenzioni accreditate al popolo cinese, la carta deve sicuramente essere considerata tra le più importanti e rivoluzionarie. Senza la carta il progresso della civiltà sarebbe stato molto più lento, se non impossibile. Le botteghe e industrie del tempo non avrebbero potuto funzionare senza la carta necessaria a registrare transazioni, tenere registro delle scorte e effettuare pagamenti di ingenti somme di denaro. Un aneddoto mostra bene come l’invenzione della carta semplificò lo studio e le pratiche burocratiche fino ad allora incise su tavolette di bambù e legno: l’imperatore Ts’in Shih Huagn, un sovrano particolarmente coscienzioso, per occuparsi dei suoi doveri amministrativi doveva consultare circa 55 Kg di documenti statali al giorno!
Secondo la leggenda cinese il processo di fabbricazione della carta fu inventato da un ufficiale minore, Ts’ai Lun, nel 105 d.C. il quale creò il precursore della carta moderna. Provando e riprovando Ts’ai Lun mise a punto un foglio ottenuto dalla macerazione delle fibre di canapa e della corteccia di gelso in vasche d’acqua. Da questa soluzione le fibre emergevano intrecciate e venivano rimosse per essere collocate in uno stampo messo poi a essiccare. Questa pasta fibrosa si trasformava così nei primi fogli di carta anche se la scoperta di alcuni frammenti di carta contenenti fibre di canapa in una tomba in Cina risalente al I secolo a.C. pone l’invenzione molto prima del tempo di Ts’ai Lun. In ogni caso, i cinesi hanno tenuto nascosta la tecnica della carta per molti secoli, tecnica diventata poi nota ai giapponesi e nel IX secolo d.C. anche agli arabi, i quali l’anno poi diffusa nel resto del mondo occidentale.
Magia e cannabis
Come in tutte le forme primordiali di medicina dell’uomo, l’antica medicina cinese era basata sul concetto di demoni e stregonerie: se una persona era malata, un demone aveva invaso il suo corpo e l’unico modo per curarlo era scacciarlo con la magia. I primi medici-sacerdoti ricorrevano a tutti i tipi di trucchi, rimedi, riti sacri e pozioni capaci di scacciare i demoni dal malato.
Peculiare è come tra i diversi amuleti a disposizione di questi sciamani vi erano degli steli di canapa scolpiti a forma di serpente. Armati di questi, i sacerdoti scacciavano i demoni insediati nel paziente colpendo il letto e ordinando al demone di andarsene: se la malattia era psicosomatica e il paziente aveva fiducia nello sciamano, occasionalmente si riprendeva, se il suo problema era organico raramente migliorava. Qualunque sia il risultato, il rito è intrigante di per sé e la pratica di battere i letti con steli di canapa continuò a essere usata fino al Medioevo.
Il Pen-ts’ao Ching: la prima fonte di cannabis medica
Sebbene i cinesi continuassero a fare affidamento sulla magia per combattere le malattie, svilupparono gradualmente una vasta conoscenza dei poteri curativi delle piante mediche. La persona a cui è generalmente attribuito il merito di insegnare ai cinesi il potere delle medicine è un leggendario imperatore, Shen-Nung, che visse intorno al 2700 a.C.
Preoccupato che i suoi sudditi soffrissero nonostante la magia dei sacerdoti, Shen-Nung decise di trovare un mezzo alternativo per curarli. Poiché era un esperto agricoltore e conosceva bene il potere delle piante, decise di esplorarne i poteri curativi usando persino lui stesso come cavia.
A lui è attribuito il primo “Pen-ts’ao Ching”, una pietra miliare della medicina cinese che elencava centinaia di farmaci derivati da fonti vegetali, animali e minerali. Sebbene attribuito all’imperatore, non esiste alcun testo originale del “Pen Ts’ao”, la più antica versione risale al I secolo d.C. ed è stata redatta da un autore sconosciuto che sosteneva di aver incorporato il volume originale nel suo compendio. Indipendentemente dall’esatta origine del volume, questo erbaceo del I secolo d.C. di fatto contiene un riferimento a “Ma”: la cannabis.
“Ma” era una sostanza molto particolare, osserva il testo, poiché possedeva sia una parte di Yin sia una parte di Yang. Queste due forze opposte da cui nasce il principio dualistico taoista, simboleggiano l’influenza femminile, debole, passiva e negativa nella natura (Yin), mentre lo Yang rappresentava la forza maschile forte, attiva e positiva. Quando queste forze erano in equilibrio, il corpo era sano. La cannabis era quindi una droga molto difficile da dosare perché conteneva sia la parte Yin femminile sia quella Yang maschile.
La soluzione di Shen-Nung al problema fu di coltivare esclusivamente piante femminili, ricche di principio attivo con forza Yin che venisse somministrata solamente nei casi legati ad una perdita di Yin, come dolori mestruali, gotta, reumatismi, malaria, beri-beri, stitichezza e distrazione. Il “Pen Ts’ao” divenne infine il manuale standard delle droghe in Cina, e Shen-Nung fu così ammirato da ricevere il singolare onore della deificazione e il titolo di Padre della Medicina Cinese.
Un potente anestetico
Durante il II secolo a.C. il famoso chirurgo cinese Hua T’o scoprì un nuovo utilizzo per la cannabis: come anestetico. Le storie riportano dettagliatamente come il medico eseguiva operazioni chirurgiche estremamente complicate come innesti di organi, resezione dell’intestino, incisioni del rene e del petto. Si dice che l’anestetico usato da Hua T’o fosse un decotto di resina/fiori di cannabis e vino, il máfèisàn, capace di anestetizzare il paziente per alcuni giorni senza fargli patire nessun dolore durante l’operazione.
Sebbene la ricerca moderna abbia dimostrato le proprietà anestetiche della cannabis, e che l’alcol amplifichi certi effetti della cannabis, è improbabile che Hua T’o possa aver prodotto una totale insensibilità al dolore, le ipotesi suggeriscono infatti la presenza anche di mandragola e/o di oppio in questo preparato.
Sostanza psichedelica
Dato che il popolo cinese costituisce il primo contatto documentato tra l’uomo e la pianta di cannabis usandola per i propri vestiti, materiali di scrittura, protezione contro i demoni e nel trattamento del dolore e della malattia, non è strano ipotizzare che abbia sperimentato anche i suoi particolari effetti psicoattivi. Una scoperta interessante è stata fatta nella provincia di Shansi (T’ao e Wang, 1972) in cui sono stati rinvenuti diverse centinaia di frammenti di un “documento di giuramento” scritto su lastre di giada e pietra risalenti alla dinastia Zhou (1046 a.C. – 256 a.C.). In questo reperto appare il carattere arcaico “ma” con la connotazione “negativo”, un significato secondario attribuibile all’effetto stupefacente della pianta.
Questo fornisce la prova indiretta che l’effetto psicoattivo della pianta era noto sin dai tempi antichi e che i cinesi erano consapevoli delle insolite proprietà della pianta, indipendentemente dal fatto che ne approvassero o meno l’uso ludico.
Infine, intorno al 600 a.C. ha iniziato a diffondersi il Taoismo in Cina, una filosofia che cambiò le abitudini dei cinesi con una sorta di “ritorno alla natura” capace di estendere e migliorare la vita. Questo movimento premiava le sostanze ricche di Yang, il principio rinvigorente e negava quelle che contenevano Yin, come la cannabis, poiché indeboliva il corpo quando assunta. Ciononostante, nel primo secolo d.C. i taoisti si interessarono alla magia e all’alchimia raccomandando l’aggiunta di semi di cannabis da bruciare assieme all’incenso per produrre allucinazioni. Una tarda edizione del “Pen Ts’ao” osserva che l’assunzione di troppi semi di marijuana avrebbe indotto a “vedere i demoni”, ma se assunti per molto tempo “potesse far comunicare con gli spiriti”.