In Messico si ricava il carburante dai cactus
Oltre ad essere un alimento sano, ricco di proprietà nutritive, l’Opuntia ficus-indica, o fico d’India, è una pianta preziosa per l’ambiente: non solo perché è in grado di assorbire altissime quantità di CO2 (circa cinque tonnellate di anidride carbonica per ettaro di coltivazione, uno dei valori più alti tra le specie vegetali conosciute), ma anche per la sua efficienza idrica (tanto è vero che psospera nella aree semi desertche del pianeta).
Da qualche anno, poi, il cactus di origine messicana coltivato da secoli anche nel bacino del Mediterraneo, è una fonte di biogas.
Da quando nel 2016 è stata inaugurata in Messico, dalla società NopaliMex, la prima centrale di produzione di biogas per autotrazione che utilizza come materia prima i cactus, la produzione è andata aumentando e da un impianto da 140.000 litri di sussistenza si è passati a tre impianti da 2 milioni e mezzo ciascuno.
Il sistema utilizza tutte le parti del cactus, senza lasciare rifiuti, ma richiede l’aggiunta di letame all’interno del biodigestore. Il liquido che rimane dopo la produzione viene usato come fertilizzante organico naturale. Il rendimento del biogas dei cactus è paragonabile a quello della benzina normale e il suo costo è inferiore del 33%, 12 pesos per litro ($0,63). Ha un ulteriore vantaggio, non danneggia l’ambiente.
Per questo il governo ha firmato un accordo per fare il pieno ai veicoli della polizia e alle ambulanze.
Sebbene in Messico siano stati condotti test con mais e canna da zucchero, i risultati e le quantità di biomassa che questi prodotti danno non sono paragonabili alla produzione di biogas con il Fico d’India, ribattezzato per l’occasione l’Oro verde del Messico. Questa pianta al momento sembra essere di gran lunga superiore a qualsiasi altra.