Immortal Technique – The Martyr (recensione)
“I’m content to die for my beliefs.. So cut off my head and make me a Martyr. The people will always remember it.
“No. They will forget”
The Martyr inizia cosi. Ok, e’ la citazione di un film che parla dei Tudor, dell’Inghilterra, ma rende comunque l’idea sullo spirito di questo personagggio. Più un soldato militante che un rapper, un uomo cosi appassionato di cospirazioni e di teoria del complotto che il suo ghostwriter potrebbe essere David Icke, piu informato di Julian Assange, un MC con uno street name che nemmeno sembra uno street name, del quale si trova materiale non ufficiale a pacchi, freestyle, beat improvvisati, ma con all’attivo una discografia da paura.
Felipe Coronel, in arte Immortal Technique, l’immigrato Peruviano piu tosto d’America, e’ un rapper che va necessariamente conosciuto; non escludo che a molti possa risultare noioso, con quei testi pesanti e quelle basi latine, ma un carattere di quelli rari e due coglioni grandi cosi. Felipe ha sempre rifiutato l’industria discografica e sta nella Viper Records, che quasi nessuno conosce: un’etichetta impegnata su fronti ben diversi e più impegnati dei meri interessi musicali. E’nato in un ospedale militare e non è raro vederlo imbracciare un fucile nelle foto, inneggiando a una rivoluzione qualsiasi.
Era stata una gioia risentirlo su War Is My Destiny, assieme ad Ill Bill (uno dei pezzi rap più epici mai concepiti); dopo Revolutionary Vol.2, un disco universalmente riconosciuto come bellissimo, e “The 3rd World” era infatti un po’sparito. Io personalmente ne ho sempre sentito la mancanza, Immortal Technique mi ha mostrato un modo diverso di raccontare delle storie, dimostrando per l’ennesima volta quanto forte possa essere il potere comunicativo dell’Hip Hop, sicuramente il mezzo più vario e ricco di forme che la musica contemporanea sia in grado di offrirci, benchè l’ignoranza con la quale viene trattato e purtroppo in molti casi gestito dagli stessi addetti ai lavori faccia sembrare quanto vado affermando un’autentica assurdità. Immortal Technique è in grado di commuoverti con uno storytelling tristissimo di 7 minuti, nei quali al protagonista succedono sfighe dopo sfighe, in pura legge di Murphy, e poco dopo infiammarti con gridi di battaglia e rivelazioni che se non prese con i giusti filtri possono mandare parecchio in confusione (ma è il rovescio della medaglia, d’altronde). Lui ha quella faccia che generalmente trovi nei telefilm americani dei ’90 nelle puntate a tema “difficoltà nel ghetto”, “problemi di droga/immigrazione” e simili; e ha la fotta del rivoluzionario armato fino ai denti cresciuto a pane e ideali.
Immortal Technique ha parlato di Osama Bin Laden poco meno di George W. Bush, dispensando pillole di ottimismo del calibro di “the devil cracked into heaven, God overslept on the 7th, the New World Order was born on September 11th” o “my people is so angry that they attack without reason, like a fuckin dog, rippin off the hands that feeds him”; possiamo per questo immaginare che paghi oneri e onori di uno stile narrativo sicuramente molto crudo e non sempre digeribile. Ci parla di avvenimenti storici lontani, della Seconda Guerra Mondiale, di Gesu Cristo e dei Conquistadores; e quando decide di tirarsela un pochino, ci dice che “il suo cazzo e’ come la sua musica, ma piu’ difficile da mandare giu”. Nel frattempo si fa notare per le sue campagne di sensibilizzazione, le visite ai carceri, le associazioni fondate e gestite.
Immortal Technique e’un rapper che ti fa un pezzo sulla cocaina utilizzando come sample la musica che si sente quando Tony Montana comclude i primi affari colombiani con Sosa e (novità), ne fa un altro che si chiama Goonies Never Dies, sulla colonna sonora del film (il mio preferito, tra l’altro), ricordandoci, citando Mouth – uno dei personaggi – che “Siempre hay que separar las drogas”. Ha idee socialiste e non ne fa un mistero, parlandoci di filosofia e rivoluzioni industriali e inserisce senza problemi un sermone di Martin Luther King come introduzione a una canzone con Chuck D.
The Martyr è appena uscito e non è nemmeno un disco ufficiale; è una raccolta di inediti, una raccolta che funziona molto bene, potente e completa. Un disco in freedownload che, cosi come fu per Revolutionary Vol.1 quando fu ristampato dalla Babygrande, serve a ricordare ai novizi di quei bellissimi momenti che ancora accadono, nella musica Hip Hop, quando dalle fogne esce un’artista che fa musica perchè ha davvero qualcosa da raccontare e, con mezzi precari ma con tanto, tantissimo spirito, tira fuori dei piccoli capolavori underground, in questo caso riuscendo addirittura a vendere 200.000 copie (o almeno, lui dice cosi) di una discografia che seppur ridotta offre contenuti a quantita industriale, senza l’aiuto di una grande etichetta.
Felipe dunque è un rivoluzionario, cospiratore e attivista; ma allo stesso tempo è un rapper coi controcoglioni. E i suoi lavori vanno necessarimante presi in analisi, magari “testi alla mano”, per apprezzare rendersi conto di quante parole alle volte vengano sprecate, quando attraverso questo strumento di comunicazione incredibile si possa realmente far discutere, commuovere, mettere d’accordo, caricare ma soprattutto riflettere. E si sa, riflettere non fa male a nessuno.
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Robert Pagano