Il trip dei delfini
Prima di arrivare ai Marine studios di St. Augustine in Florida dove conduce i suoi primi esperimenti sui cetacei, John Cunningham Lilly aveva lavorato al National institute of mental health, dove trascorreva buona parte del suo tempo piazzando elettrodi nel cervello di vari animali, soprattutto macachi: una pratica piuttosto diffusa nel clima teso della Guerra Fredda, quando si studiavano le possibilità offerte da metodi di persuasione come il lavaggio del cervello. Deve aspettare gli anni sessanta per essere a capo di un centro di ricerca tutto suo, il Communications research institute che, tra le altre cose, farà da ispirazione ad Ivan Tors, il produttore di Flipper, il film che segna il primo caso di mammifero marino addomesticato nella storia del cinema. È qui che il neurofisiologo americano intuisce che, rallentando di quattro volte le registrazioni dei suoni emessi dai delfini, e mettendone a punto la frequenza, esiste una grande somiglianza con il linguaggio umano, tanto da ipotizzare che i delfini parlino una lingua simile alla nostra ma molto più accelerata.
Gli anni sessanta sono anche l’epoca di un altro tipo di sperimentazione: quella delle sostanze psichedeliche, che Lilly prende molto sul serio mentre trascorre ore a galleggiare nella sua vasca buia tra stati di coscienza alterata sotto l’effetto della dietilammide-25 dell’acido lisergico che decide di somministrare ai delfini in dosi da 100 microgrammi. Il fine era quello di espanderne le capacità cognitive e tentare di insegnare loro l’inglese con l’obiettivo di dimostrare la possibilità di una comunicazione tra le specie. Fallì. Nessuno dei mammiferi imparò mai l’inglese, ma emerse che i loro vocalizzi aumentavano del 70% dopo il trattamento di l’LSD. In particolare, si rese evidente che quando il delfino sotto LSD entrava in contatto con un altro mammifero intelligente, non smetteva più di parlare.
Nonostante gli esperimenti di Lilly sulla comunicazione dei delfini furono da molti punti di vista un fallimento etico e scientifico, il suo lavoro ebbe un impatto profondo e positivo sul modo in cui pensiamo alle droghe, alla psicologia e alla comunicazione tra le specie oltre ad aver avuto un ruolo chiave, e sorprendente, sull’origine dei movimenti ambientalisti nati a difesa degli oceani e in generale sulla trasformazione della percezione che l’uomo ha avuto dei cetacei nel corso del ventesimo secolo: da mostri grotteschi, fonte di grassi necessari, a totem dei movimenti controculturali.
Altri, oggi, stanno portando avanti il lavoro di Lilly concentrandosi però su altre forme di vita. Si tratta dei ricercatori dell’istituto californiano per gli extraterrestri che stanno investigando il modo in cui la comunicazione dei delfini e altri animali può aiutarci ad approntare un filtro per capire se un segnale radio dallo spazio abbia origine extraterrestre o meno.