Il Sudan vieta le mutilazioni genitali femminili
Tradizionalmente in Sudan le ragazze tra i cinque e i quindici anni vengono sottoposte all’incisione o all’asportazione, parziale o totale, degli organi genitali esterni. Si calcola che ad aver subito tale mutilazione siano nove donne sudanesi su dieci (l’87 per cento). Oltre ai gravi rischi per la salute, come infezioni e problemi durante il parto, non è da sottovalutare anche il profondo trauma psicologico che viene causato.
- Ragioni sessuali: soggiogare o ridurre la sessualità femminile
- Ragioni sociologiche: es. iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani
- Ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni
- Ragioni sanitarie: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino
- Ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano)
Da qui si capisce quanto questa usanza possa essere radicata nella cultura di un paese, tanto che è sensato supporre che non basterà l’adozione della nuova legge per porre fine a questa pratica, ma servirà un lungo sforzo di informazione rivolto all’intera popolazione e in particolare ai gruppi coinvolti – le ostetriche, il personale sanitario, le famiglie e i giovani – dell’adozione della legge e assicurarsi che l’accettino.
Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 29 paesi africani, mentre una quota decisamente minore vive in paesi a predominanza islamica dell’Asia. Si registrano casi anche in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale: si tratta di episodi che avvengono nella più totale illegalità, e che quindi sono difficili da censire statisticamente.