Il senso del tempo per i bhutanesi
Il mio 36esimo compleanno l’ho festeggiato tra le foreste e le valli del Bhutan centrale, in un trekking di 3 giorni con zaino e tenda. Senza dirmelo i miei compagni di viaggio si erano organizzati con una torta con tanto di candelina e litri di whisky bhutanese per annaffiare le gole arse dalla camminata. Vedendo che davo un occhio all’orologio, Sonam a un certo punto mi ha chiesto: «Perché lo fai?». «Per vedere a che ora arriviamo?», gli ho risposto. «E cosa cambia, una volta che l’hai scoperto? Quando arriviamo, arriviamo». Da lì è partita una discussione sulla concezione del tempo di noi occidentali.
I Bhutanesi infatti non hanno orologi, c’è solo qualche meridiana nei centri principali e, fino alle nuove generazioni, non festeggiavano nemmeno i compleanni per un motivo semplice: non sapevano nemmeno con precisione in che giorno erano nati. Questa cosa mi ha fatto riflettere. I bambini, anche quelli occidentali, vivono pienamente nel “qui e ora”, come dicono i maestri. Quando un bambino vuole fare una cosa, digli di rimandarla tra mezz’ora, per lui non ha senso, perché è un tempo che nella sua testa non esiste, esiste solo l’attimo che sta vivendo.
L’attitudine dei bhutanesi in questo senso è molto pura e molto più vicina all’armonia che le popolazioni ancestrali hanno con il tempo e la natura, senza le inutili mediazioni occidentali, che sembrano più sofisticate, e in realtà sono inutili e controproducenti.