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Il ritorno di Inoki: un album contro l’omologazione

Il ritorno di Inoki: un album contro l'omologazione

Sulla scena dalla metà degli anni ’90, Inoki è uno di quei personaggi che non ha bisogno di grandi presentazioni. Da 5° Dan, a Nobiltà di Strada, passando attraverso svariati mixtape, tra cui il leggendario PMC vs Club Dogo, insieme alla bolognese Porzione Massiccia Crew, la sua crew, Fabiano Ballarin, classe ’79, nomade per vocazione, ha lasciato il segno nella storia del Rap italiano e a distanza di sei anni dall’ultimo album solista, L’Antidoto, è tornato con il nuovo lavoro: Medioego. Una bomba, anticipata dai singoli Trema e Nomade, carica di contenuti importanti, almeno quanto la musica che li accompagna, e realizzata con le produzioni di Salmo, Garelli, Chryverde, Stabber, Chris Nolan, Crookers, Sine, Big Joe e i featuring di Tedua, Noemi, Big Mama e dj Shocca.
Scomparso, nell’ultimo lustro, dai radar della più appariscente scena rap italiana, Inoki Ness ha continuato a lavorare nell’ombra e ad evolversi, spostandosi da città a città (oggi vive in Salento) e diventando anche papà. «Ho bazzicato nei bassifondi in questi cinque o sei anni, continuando a fare i miei concerti, a lavorare nell’underground e ho portato avanti il mio progetto Rap Pirata, che è nato come gruppo sul territorio, per poi diventare una realtà sociale, di associazione culturale e di sviluppo dell’Hip Hop a livello sociale – ci ha raccontato -. Adesso c’è la voglia di tornare a farsi sentire da più persone».

A proposito dell’album hai detto: «Medioevo è l’epoca che stiamo vivendo,  Medioego quello che stiamo diventando», in che senso?
Da quando è arrivata questa tecnologia pazza e da quando abbiamo iniziato a parlare coi cellulari e non più con le persone, abbiamo fatto un regresso mentale importante, che ci sta portando al Medioevo. Stiamo vivendo una crisi culturale e mentale importante: che c’è tutta questa voglia di essere chissà chi e poi alla fine ci omologhiamo in modo spaventoso, diventiamo tutti uguali nell’ego medio.

Come succedeva spesso nel Medioevo abbiamo avuto anche una pandemia. Che cosa ci potrebbe portare a un nuovo Rinascimento?
Non si può negare che ci sia una pandemia mondiale dovuta al Covid-19, però ci sono dei virus molto più gravi da curare in questo momento. Dobbiamo iniziare a rinascere, a porci delle domande sul nostro futuro, su quello dei nostri figli.

Anche il Rap, soprattutto quello entrato in orbita mainstream, sta vivendo uno svuotamento di contenuti impressionante, non credi?
Sì, la scena Rap è uno specchio della società. A nessuno frega niente dei temi importanti.

Cosa c’è dietro a questo tuo nuovo album?
C’è stata la voglia di creare un Inoki 3.0, che andasse sul suono del 2023 e di togliermi un po’ di quella patina old school che stava iniziando a diventare ruggine, perché ok, hai fatto, ma adesso devi dimostrare di saper fare le cose nuove, il suono evolve e bisogna essere capaci di adattarsi. Poi abbiamo voluto mettere anche delle cose più classiche, ci sembrava doveroso nei confronti della mia gente, che si aspetta quelle cose lì. L’intenzione iniziale, però, era proprio quella di fare una provocazione musicale, di andarci il più forte possibile con le robe più nuove e non escludo che, andando avanti, faccia ancora di peggio in questo senso.

Quindi hai già progetti per il futuro prossimo?
Sì, voglio che questa cosa sia una partenza, voglio ripartire forte e fare tutto quello che devo per arrivare dritto fino in fondo.

Tra le collaborazioni spicca quella con Salmo come producer in Underground e Hype. Com’è andata?
Ho scoperto che ha una grande cultura musicale alternativa, dal Punk al Rap, quello vero di una volta, non è assolutamente un tipo commerciale. Poi, abbiamo scoperto di essere fan l’uno dell’altro. Confesso che all’inizio non lo capivo molto, ma col tempo ho imparato ad apprezzare il suo percorso, perché anche lui a modo suo fa politica ed è una voce importante in questo Medioevo che stiamo vivendo. Infine, ho scoperto che ha iniziato a fare rap  ascoltandosi i miei primi demo; per lui è stato figo lavorare con uno che si ascoltava da ragazzo.

Cos’è successo con Fritz Da Cat? Alla fine di Muschio Selvaggio, il podcast di Fedez e Luis Sal, sui suoi social ti ha dato del pagliaccio e del «bevi piscio per la fama»!
Fedez mi ha chiamato e mi sembrava brutto dirgli di no. Probabilmente a lui ha dato fastidio. Non ho voluto dare seguito alla cosa e rispondergli, perché secondo me in quel momento ha vissuto una sua frustrazione e posso dire che gli sono vicino, che mi dispiace, ma non so come aiutarlo. Io non cerco dissing, cerco solo di fare il mio lavoro e di farlo bene.

Cosa cerchi oggi nel Rap?
Cerco di realizzarmi, di sfruttare al massimo il mio talento, di stare dove merito e di non lasciare quell’arte che mi ha salvato la vita e che mi accompagnerà ancora per molto tempo.

Il mese scorso è uscita in collaborazione con Too Weed la tua CBD, L’Antidoto.
Sì, nonostante non fumi più, tranne un po’ di cbd ogni tanto, sono sempre stato un appassionato della canapa, proprio della pianta. Mi è capitato in Spagna di coltivare di mestiere, 3 o 4 anni fa, e anche quest’anno, quando c’è stato il periodo del raccolto qui in Salento, un’azienda agricola mi ha assunto. Too Weed, sapendo della cosa, mi ha proposto di commercializzare il prodotto che avevo fatto.

Aspettando la legalizzazione?
Assolutamente, la canapa è una pianta che non deve essere illegale. Ormai la direzione è quella, tutto il mondo la sta prendendo: magari arriveremo ultimi, ma ci arriveremo anche noi.

Il ritorno di Inoki: un album contro l'omologazione

 



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