Il rap a Sanremo
È andata in archivio la 66° edizione del Festival di Sanremo, che verrà ricordata come la prima in cui il rap è stato rappresentato in gara da più di un interprete. Dopo la vittoria di Rocco Hunt nel 2015 nella rassegna dedicata alle nuove proposte, quest’anno sono stati Clementino e lo stesso mc salernitano a gareggiare tra i venti big. La classifica finale ha smentito le voci che li vedevano come outsider, relegando “Quando sono lontano” di Clementino alla settima posizione e “Wake Up” di Rocco Hunt alla nona. Fenomeni sui social, ma poco considerati dalla giuria di qualità: il rap a Sanremo non ha osato e la deludente classifica ne è l’amara riprova.
I brani
È facile pensare che la scelta del direttore artistico Carlo Conti sia caduta su due rapper con un target molto ampio ma dalla peculiare connotazione territoriale-identitaria. I due brani in gara, come è stato facile prevedere, hanno un comune denominatore che risiede nel sentimento di appartenenza verso le terre d’origine, cui i due si approcciano con declinazioni completamente differenti. Se Rocco Hunt prova a dare la sveglia con una ballata agrodolce sul senso di rivalsa, Clementino canta la malinconia e l’angoscia di chi, fieramente emigrante, ripensa ai luoghi che non hanno potuto più accudirlo. I due partivano tra i potenziali favoriti per la vittoria grazie alla spinta dei social in cui primeggiavano per numero di follower.
Il video ufficiale di “Wake Up”
Rocco Hunt ha potuto lavorare un anno confortato dall’importante precedente: da campione in carica, seppure dei giovani, ha confezionato un pezzo in cui l’hype era traslata completamente sul ritornello e la relativa musicalità – a discapito, però, di un pizzico di originalità (“…scetateve che l’aria è doce…”). Le due strofe non si fanno preferire per efficacia e sagacia, auspicabili per trattare un tema che sta a cuore a gran parte dei coetanei di Rocco. Questo, invece, individua nello Stato il generico responsabile, l’indistinto voi che illudete e imbambolate quest’Italia che preferisce il computer alla rivoluzione. L’effetto da aforisma-da-social-network è dietro l’angolo e “Wake Up” infine non si esalta nemmeno con un groove radiofonico.
Il video ufficiale di “Quando sono lontano”
Per l’esordio sul palco dell’Ariston, Clementino ha cavalcato un tòpos della kermesse sanremese, nonché una sfumatura della sua esperienza personale da emigrante della musica, dopo che il successo gli ha aperto le porte delle possibilità milanesi. L’emigrazione è un tema da sempre battuto a Sanremo, supportato addirittura da una letteratura ben documentata. Se il topic scelto è forse il peggiore possibile, la struttura-canzone è quella che Clementino ha collaudato negli ultimi anni: il miracolo di “O’ Vient” è però lontano e il debole ritornello spegne sul nascere le voci che lo vedevano aggrappato al podio.
Le esibizioni
Non sussistevano particolari dubbi sul fatto che Clementino e Rocco Hunt avessero le capacità per tenere anche un palco così delicato: le performance dei due sono cresciute di esibizione in esibizione e se, nelle prime battute, la verve del salernitano convinceva di più, è nella serata cover che il napoletano ha stregato tutti, instillando tutta la sua teatralità nella rivisitazione di “Don Raffaè” di Fabrizio De André – tra l’altro uno dei maggiori trend segnati su Twitter. Impeccabile, come sempre, Rocco, un veterano a dispetto della giovanissima età. Durante la sua cover, di “Tu vuò fà l’americano“, il pubblico ha accolto l’invito ad alzarsi e ad accompagnare l’esibizione: una bella soddisfazione per uno che ha ancora 21 anni.
Lo stupore di Clementino al sentito applauso del pubblico
In definitiva, Clementino e Rocco Hunt hanno ben interpretato dei brani oggettivamente mediocri: se un limite del rap italiano è proprio quello di non saper creare spesso belle canzoni, adesso pare evidente che il genere non abbia ancora la forza ed il coraggio di imporsi all’ascolto generalista in una veste più autonoma, che non prescinda da concessioni ad uditori non rituali. Ne vengono fuori due canzoni più sanremesi che rap, senza neppure la gratificazione di una classifica soddisfacente: se il tam tam sui social ha giovato ai due rapper in termini di voti, è al cospetto della giuria di qualità che le rispettive canzoni hanno arrancato. In queste righe, la diffidenza dei giurati – musicisti, registi e presentatori sotto la presidenza di Di Cioccio della P.F.M.– dimostra che anche a Sanremo il rap generico ha un appeal molto social, dunque non adulto, ed una parziale attenzione sul messaggio e sulla forza comunicativa del mezzo.