Il primo amore non si scorda più
Roma, piazza di Spagna, anno 1964.
I primi capelloni italiani eleggono la piazza come loro luogo di incontro. Una piazza e una città tolleranti li accolgono bene, con curiosità, ironia e qualche battutaccia, mai però odiosa. I poliziotti tengono d’occhio la situazione e poco altro. I primi capelloni che vengono dal Nord verso paesi assolati. Le prime droghe, leggere e pesanti.
A piazza di Spagna parecchi capelloni ebbero il battesimo del fumo e dell’acido. Con buoni maestri, per fortuna. Che se poi qualcuno abusò fu solo colpa sua. Io ero tra loro. Mi feci un “quartino”, prima ancora di uno spinello. Appresso mi feci e strafeci, e poi smisi. Ma non è storia da raccontar qui.
Dopo quell’anno, qualcuno dei frequentatori della piazza divenne coltivatore perché con le droghe arrivavano anche i primi semi e le prime istruzioni per la coltivazione insieme ai primi articoli e opuscoli in altre lingue.
Semi e opuscoli furono “merce” preziosa per chi di noi optò per la campagna. Tant’è che, l’anno successivo, fummo inondati da buona erba di casa nostra. Tanta erba ma anche tanta domanda di istruzioni in italiano per la coltivazione. Ancora nella storica piazza, ma anche nella “succursale” di Santa Maria in Trastevere, mettemmo giù il testo per un volantino con le istruzioni per l’uso. Ne stampammo parecchie risme nella sede del vecchio partito radicale grazie al prodigioso Luciano, noto all’epoca come il “mago del ciclostile”. Fu lo stesso “mago” che non molto tempo dopo ci “stampò” le otto pagine avanti/dietro del primo Manuale per la coltivazione della marihuana.
Quell’opuscolo segnò il tempo di Stampa Alternativa, la tenne praticamente a battesimo. Già da tempo ci nutrivamo delle notizie e dei materiali delle Alternative Press inglesi e americane e fu pacifico chiamarsi e cercare di operare come loro. Ma quello stesso Manuale segnò il tempo di tutti gli anni ’70, fantasiosi, provocanti e anche di piombo. Lo segnò, non foss’altro per le 500mila copie stampate e diffuse capillarmente. Non foss’altro per un processo che si concluse dinnanzi al giudice romano che ci diede l’assoluzione con formula piena e… tanti complimenti “perché in questo modo si combattono le droghe pesanti”, affermò lo stesso giudice.
Non ho copia di quel primo manuale. L’unica alimentò un rogo durante la mia latitanza nel 1976. Ma anche questa è storia che non c’entra ora. L’ho però ben in mente, forse anche più dei tanti altri straordinari manuali che hanno accompagnato la mia vita editoriale e non solo: dal manuale di Carlos Marighella a quello di autocura e autoaborto, a quello per l’autoproduzione musicale, fino a quel Nuovo manuale per la coltivazione che risente già dal titolo, pena la galera, del clima di rinnovato proibizionismo di matrice vetero fascista che ogni tanto, confesso, mi fa pensare di andarmene.
Ma, tranquilli, non me ne vado. Soprattutto ora che c’è questa rivista.
Marcello Baraghini
(editoriale numero 0)