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Il petrolio va in crisi ma non è una buona notizia: parola di chi lo ha combattuto per anni

Il petrolio va in crisi ma non è una buona notizia: parola di chi lo ha combattuto per anni

La mia crociata anti petrolio è iniziata quando l’ENI e compari volevano trivellare i campi vicino ai posti dove sono cresciuta. Non avrei mai pensato che sarebbe andata a finire così. Prima del 2007 non sapevo e non seguivo nulla dei mercati petroliferi, poi ci sono stati 12 anni di battaglie, a volte feroci, con ENI, politici e sfruttatori.
 A un certo punto il petrolio era arrivato a costare oltre 100 dollari al barile.
 Poi è arrivato il coronavirus.

La notizia di oggi è che a causa della pandemia e del fatto che è tutto fermo – aerei e autobus, con superstrade vuote e scampagnate fuori città ridotte a ricordi vicini e lontani allo stesso tempo – il prezzo del petrolio è crollato. Ma nel frattempo hanno continuato a pomparlo e ora non sanno dove metterlo. Le raffinerie sono sature e non ne vogliono più. Così il prezzo dei futures del greggio per maggio 2020 è diventato negativo, ciò significa che se accetti ora tra meno di un mese ti daranno soldi se te lo prendi e te lo stocchi a casa tua. E quant’è questo prezzo?  -$37.63 dollari per barile.

Nei limiti del possibile, finora il governo USA ha dato soldi a tutti per cercare di sostenere l’economia, ma niente o quasi ai petrolieri. Al massimo Trump ha un po’ allargato lo stoccaggio nazionale a Cushing, Oklahoma, dove ci sono le riserve strategiche di greggio: il governo ha comprato un po’ più di petrolio e ha concesso ai petrolieri di usare il sito come un parcheggio a pagamento temporaneo. Ma niente di più di questo. Nel frattempo le tasche dei consumatori, come sappiamo, sono a secco.
Il consumo mondiale di petrolio è calato di almeno il 20-30%. Prima era di circa 100 milioni di barili al giorno. Solo negli USA ci sono 2 milioni di barili al giorno pompati di fresco che non si sa dove mettere mentre ci sono ancora a zonzo per il mondo petroliere cariche di greggio dell’Arabia Saudita che non si sa se e dove sbarcheranno e scaricheranno.

Che fare? E chi lo sa.
La Russia e l’Arabia Saudita hanno accettato di diminuire la produzione, per un totale di meno 9.7 barili al giorno, a partire da maggio 2020.  Molti pozzi saranno chiusi. Ma tutto questo non basterà. Si prevede la bancarotta per molte ditte di petrolio, specie quelle più piccole e meno finanziariamente solide.

Il petrolio nell’astratto e nel reale è stato il lupus in fabula della mia vita per tanto, forse troppo tempo.
 Di fronte a questi sviluppi non sono contenta perché il prezzo da pagare è stata questa pandemia mondiale che ha portato morte e paura ovunque. Perché volevo che vincessimo ad armi pari, anche se le armi dei petrolieri e dei politici sono sempre state più forti di quelle di tutti noi. Perché volevo vincere con l’energia pulita, con le macchine elettriche, con una cittadinanza attiva, cosciente, intelligente, con una classe politica volente o nolente impegnata ad uscire da questo pantano fossile.

Così non è stato. È stato un virus a sconfiggere i petrolieri, anche se temporaneamente.

Il petrolio va in crisi ma non è una buona notizia: parola di chi lo ha combattuto per anni

 



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