Nonostante la cannabis stia guadagnando terreno nell’opinione pubblica ogni giorno di più, ci sono ancora domande e questioni che non sono state risolte. La distinzione tra genotipo e fenotipo è un argomento a cui molte persone, compresi i consumatori di cannabis, non sanno rispondere. In questo articolo cercheremo di spiegare in modo semplice e chiaro la definizione di questi termini.
Iniziamo spiegando che il genotipo è il DNA della pianta, cioè ciò che la pianta di cannabis porta al suo interno. Il fenotipo è la struttura fisica della pianta o ciò che vediamo all’esterno. In altre parole, il fenotipo (F) è l’espressione fisica del suo genotipo (G), o il codice genetico della pianta.
La cannabis, come il resto delle piante, è un organismo vivente che cambia durante la riproduzione. La genetica e i suoi adattamenti all’ambiente entrano in gioco in questa evoluzione. Spesso i coltivatori osservano come alcune piante che provengono dallo stesso ceppo finiscano per essere diverse, tanto da poter essere considerate addirittura piante di differente provenienza. Ciò può essere spiegato principalmente attraverso due termini: genotipo e fenotipo.
Tutte le piante hanno un genotipo o codice genetico che ereditano dai loro predecessori. Questo determina la crescita, l’aspetto e altre caratteristiche della pianta; tuttavia, questo non è l’unico fattore genetico che entra in gioco nel suo sviluppo. L’ambiente o il mezzo in cui la pianta cresce fa sì che alcuni tratti si sviluppino più di altri. Questa interazione tra il codice genetico e l’ambiente darà origine al cosiddetto fenotipo. Questa spiegazione può essere vista più chiaramente attraverso la formula: genotipo (G) + ambiente (A) + interazione tra di essi = fenotipo (F).
L’EVOLUZIONE DELLA PIANTA DI CANNABIS
Per comprendere meglio questi termini in relazione alla cannabis possiamo risalire alle sue origini. Sebbene la cannabis sia una pianta antica, è difficile definirne con esattezza le origini. Una delle prime varietà di cannabis proveniva dal Pakistan, in particolare dalla regione dell’Hindu Kush. Questi ceppi erano considerati i migliori al mondo, soprattutto perché si erano evoluti naturalmente nel corso di migliaia di anni. In seguito furono chiamate Landrace (o piante autoctone) e oggi questi semi sono molto apprezzati dai collezionisti per la loro diversità genetica dovuta alle interazioni con l’ambiente. In termini più generali, si distinguono le varietà Indica e Sativa. Queste due varietà si sono evolute anche in base all’ambiente in cui sono cresciute. Da un lato, le Indica, di bassa statura e con una grande produzione di resina, sono cresciute in zone tra i 30 e i 50 gradi di latitudine.
Dall’altro lato la varietà Sativa, con piante più alte e crescita più lenta, ha preferito evolversi in luoghi più vicini all’equatore. Così, negli ambienti naturali, la genetica si è evoluta verso fenotipi diversi grazie all’interazione con i fattori ambientali nel quale si trovavano.
In seguito, la coltivazione indoor ha modificato le condizioni delle piante. In questi ambienti, fattori come la temperatura, l’umidità, l’illuminazione o i nutrienti artificiali sono una parte importante dell’espressione fenotipica. Anche qualcosa di insignificante come l’angolazione delle luci può causare notevoli variazioni nel fenotipo di una pianta. Pertanto, le condizioni esterne alla pianta, per quanto minime, possono impedire al genotipo di evolversi nello stesso modo, dando origine a fenotipi diversi.
Conoscere l’esatto significato di questi due termini ci permette di capire perché piante con genetica simile si sviluppano in modi diversi, anche all’interno della stessa coltura proveniente dallo stesso batch di semi.
NOTARE LE DIFFERENZE
Se avete coltivato almeno una volta, sapete già che ci sono piante più grandi e robuste e altre più piccole o compatte. Nonostante i semi siano stati prodotti dalla stessa varietà; si notano queste differenze e ciò è dovuto alla genetica che queste piante di cannabis hanno ereditato. Proprio perché alcune piante possono avere tratti più dominanti dal padre e altri dalla madre o addirittura da qualche altro antenato, per lo stesso motivo, si esprimeranno con tratti diversi. Ad esempio quando alcune piante di tipo “indica”, grazie a qualche gene latente, mostrano tratti di tipo sativa e appaiono con foglie e steli sottili e hanno una crescita più lenta, a differenza delle sue sorelle indica che hanno foglie larghe, rami spessi e una crescita più rapida ed esplosiva.
Per le ragioni già spiegate, diventa necessario stabilizzare la genetica per evitare che le piante nate dai semi mostrino tratti diversi. Questo processo, noto come stabilizzazione genetica, richiede mesi ed anni per essere completato, ed è una procedura standard per quasi tutte le seedbank più rinomate. Non che sia piacevole impiegare tempo per stabilizzare più volte la stessa pianta, ma è così che si misura l’affidabilità di una o più marche in questo ambiente. Pertanto, questa pratica è diventata di fondamentale importanza per assicurare al cliente finale un risultato più omogeneo possibile.
Stabilizzare un ceppo significa renderlo omogeneo, in modo che tutti i semi di quella varietà producano una progenie uniforme e fedele (fenotipo) alla genetica del ceppo (genotipo).
Le varietà pure sono stabili il che significa che il seme di una pianta crescerà allo stesso modo del seme di un’altra pianta della stessa varietà. In altre parole, se coltivate una varietà come la OG Kush, potete essere certi che le piante saranno più compatte, con internodi corti, rami spessi e foglie larghe, tra le altre caratteristiche del fenotipo di questa varietà di cannabis. In coltivazioni sufficientemente grandi, la stabilizzazione avviene naturalmente nel tempo. Il clima, la lunghezza del giorno, l’altitudine e la qualità del suolo contribuiscono a modificare, alla lunga, la stessa composizione genetica della pianta.
Per questo motivo, prima di lanciare le genetiche sul mercato, molte banche dei semi effettuano processi di coltivazione di massa in serra, al chiuso o all’aperto, per selezionare i migliori esemplari fino a trovare le varietà di cannabis più omogenee. Dopo un certo tempo, i ceppi diventano omogenei e ogni seme produrrà la stessa genetica.
I ceppi puri vengono spesso utilizzati per creare ibridi, in quanto presentano tratti noti che possono essere trasmessi a nuovi ceppi. In questo caso, possiamo dire che molte varietà di cannabis Landrace o autoctone vengono incrociate con varietà “ibride” per generare questa necessaria stabilità nelle piante di cannabis.
L’IMPORTANZA DEL FENOTIPO E DEL GENOTIPO
I breeder più esperti manipolano i genotipi o i fenotipi di una varietà di piante per creare varietà con qualità uniche. Dagli anni 60’ la stragrande maggioranza degli ibridi ha mescolato indica e sativa per creare varietà che producono cime grandi e grasse in tempi relativamente brevi (tipiche delle varietà indica) e inducono effetti potenti, cerebrali e creativi (tipici delle varietà sativa).
D’altra parte, i breeder spesso cercano di sfruttare la costituzione fisica di una specifica varietà per creare una varietà più adatta a un particolare ambiente di coltivazione. Ad esempio, molte banche di semi offrono ceppi che producono caratteristiche tipiche della sativa quando vengono coltivati come indica (piuttosto corti ma cespugliosi) per soddisfare i coltivatori indoor.
Infine, i breeder cercano anche di incrociare i ceppi per la loro composizione chimica. Ad esempio, le banche dei semi con particolari effetti terapeutici spesso incrociano varietà ricche di CBD con altre ricche di THC per creare varietà dal grande potenziale terapeutico. Questo in gergo è chiamato chemiotipo, ovvero la percentuale di cannabinoidi presenti in ogni singola varietà, che muta di generazione in generazione e che si può replicare esattamente soltanto tramite la riproduzione agamica (Taleaggio).
EVITARE L’INSTABILITÀ GENETICA
Gli alti e bassi della genetica delle piante possono essere notati attraversando qualsiasi campo di colture moderne. Ad esempio, i campi di cereali fortemente ibridati e autoincrociati sono solitamente uniformi. Tuttavia, ci sono sempre alcuni individui che si distinguono dalla massa. C’è sempre una pianta di mais, grano o sorgo con uno stelo troppo alto e che impiega più tempo a maturare rispetto alle altre. Può anche esserci una pianta atipica che mostra variazioni inaspettate. Queste piante esprimono geni recessivi e ricordano qualche antenato della varietà o i tentativi della pianta di esprimere una variazione del suo pool genetico.
Nel caso della cannabis, ci sono diverse mutazioni che le piante di cannabis presentano in determinate occasioni, come per le piante poliploidi o di quelle che mostrano foglie a forma di piede d’anatra. Queste espressioni sono dovute a quanto abbiamo spiegato in precedenza, anche in altri articoli dedicati. Le mutazioni geniche avvengono in innumerevoli specie e la cannabis non fa eccezione.
Conoscere il genotipo delle proprie varietà permette ad i coltivatori domestici di poter, per somme linee, sapere in anticipo quanto spazio gli occorre, altezza media delle piante e se necessario utilizzare metodi di costrizione come LST o SCROG. Inoltre, affidarsi a genetiche presenti sul mercato da anni, di cui si riescono a reperire feedback e non solo; agevola ogni singolo grower nella scelta ottimale per la propria coltivazione.
Risulta altresì importante sapere che ogni seme ha un proprio corredo genetico che differisce, seppur in piccole parti rispetto ad un altro, anche se della stessa varietà e letteralmente nella stessa confezione di acquisto. Queste piccole variazioni fanno si che si eviti la monogenia di una specie, implementando il pool di geni di una o più varietà è possibile ottenere una progenie più resistente o che abbia un diverso profilo di terpeni.
Anche questa volta la natura ci insegna come la diversità sia un punto di forza anziché una debolezza, magari in un futuro prossimo potremmo applicare con successo lo stesso principio anche alla nostra società che tende, purtroppo, a conformarci.