Il parlamento approverà il reato di tortura, ma rischia di non servire a niente
Con un ritardo di 26 anni rispetto alla ratifica da parte dell’Onu anche il parlamento italiano sta per introdurre il reato di tortura nel proprio ordinamento. Il testo dopo l’approvazione da parte del Senato nel marzo scorso sta finalmente per passare alla Camera per l’approvazione definitiva. Ma si tratta di un testo fortemente depotenziato, figlio di una mediazione evidente con i sindacati delle forze dell’ordine che avevano più volte espresso la loro contrarietà al testo (con in prima fila i rappresentanti del Sap, cioè gli stessi che applaudirono gli assassini di Federico Aldrovandi). Il testo al Senato era stato approvato quasi all’unanimità (contrari solo due senatori Pdl e Calderoli della Lega Nord), e se non ci saranno intoppi entro la pausa di agosto dovrebbe essere approvato anche dalla Camera e convertito in legge dello stato.
PREVISTE PENE FINO ALL’ERGASTOLO. Il testo – promosso dal senatore Manconi del Pd, ma fortemente modificato dal Senato – prevede che chiunque con “violenze o minacce gravi” provochi gravi sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale sia punito da 3 a 10 anni, aumentati fino all’ergastolo nel caso in cui le violenze provochino la morte della vittima, mentre l’istigazione a commettere il delitto da parte di un pubblico ufficiale è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il testo prevede anche che le informazioni estorte sotto tortura non siano utilizzabili, e non permette il rimpatrio di un migrante irregolare che nel paese di provenienza rischi la tortura.
UN PROVVEDIMENTO DEVITALIZZATO. A prima vista sembrerebbe un testo apprezzabile: ma come al solito nei dettagli si nasconde altro. Innanzitutto nella legge italiana la tortura non sarà qualificata come reato proprio ma come reato comune, quindi imputabile a qualunque cittadino e non solo alle forze dell’ordine, come avviene invece in molti altri paesi occidentali. Un particolare che, come sottolineato dal Senatore Manconi, “devitalizza il provvedimento” andando a portare confusione nelle finalità di un testo che dovrebbe servire per prevenire gli abusi di potere. In secondo luogo, il reato di tortura “all’italiana” potrà essere contestato solo nel caso in cui le violenze siano ripetute, cioè dovrà essere dimostrato che la vittima sia stata picchiata più volte dalla stessa persona. Se quindi, per esempio, dieci agenti picchieranno un detenuto, ma si alterneranno colpendolo una volta a testa, per la legge italiana non sarà una tortura? Pare di no.