Il Ministero della Salute ha vietato tutte le importazioni di Canapa dalla Svizzera
Il Ministero della Salute ha emanato una circolare in cui sancisce che le importazioni di canapa dalla Svizzera all’Italia sono da considerarsi illegali e quindi vanno impedite dagli agenti delle dogane. Una decisione che rischia di compromettere l’attività di decine di aziende italiane nate negli ultimi mesi per dedicarsi all’importazione in Italia della cosiddetta “cannabis light” prodotta oltre confine.
Il parere del ministero della Salute era stato richiesto dall’Agenzia delle Dogane nel dicembre scorso. A fronte di una normativa giudicata non chiara, i doganieri avevano chiesto al governo come dovevano comportarsi di fronte ai sempre più frequenti casi di importazione di infiorescenze di canapa. Per alcune settimane le importazioni erano state bloccate dagli agenti delle dogane, ma poi erano riprese regolarmente.
Ora arriva la risposta del ministero che sancisce il divieto di importazione di canapa. Una beffa doppia perché giunta mentre il ministero stesso, guidato da Beatrice Lorenzin, risulta dimissionario in vista della formazione del prossimo governo. Inoltre le motivazioni utilizzate per giustificare il divieto delle importazioni sembrano pretestuose ed errate anche nei riguardi delle normative vigenti.
Il Ministero della Salute sostiene nella circolare che “non risultano varietà di Cannabis sativa ammesse in Svizzera”. Un’affermazione assolutamente falsa perché secondo la legge svizzera la coltivazione di ogni tipo di canapa è legale purché la sua concentrazione di THC non superi l’1%, senza alcuna distinzione tra le tre varietà di canapa: indica, sativa e ruderalis.

Nella circolare si sostiene inoltre che “in assenza, nella legge 242/2016 (ovvero quella sulla canapa industriale,ndr) di disposizioni in materia di importazioni di varietà di Cannabis di cui al medesimo catalogo comune [questi prodotti] non possono essere autorizzati all’ingresso in Italia”. Un’assioma che non regge, come spiegato in una dichiarazione dall’avvocato Carlo Alberto Zaina: «La fonte normativa per l’importazione di prodotti derivata dalla coltivazione della canapa industriale non può certo essere ravvisata nella L. 242/2016 che ha, all’evidenza, ben altri e differenti scopi. L’importazione dalla Ue e da paesi extracomunitari di prodotti derivati dalla canapa è libera e non soggetta a dazi doganali, se non al pagamento dell’IVA. I prodotti devono avere due precise caratteristiche che vanno certificate all’origine e, semmai, verificate dall’agente doganale, prima di intraprendere provvedimenti eclatanti ed inutili e cioè il rispetto del limite dello 0,6% per il THC e la provenienza da colture effettuate con l’uso di semi certificati».
Ancor più assurda è forse la terza e ultima giustificazione che la circolare pone a giustificazione del divieto: “Siccome il CBD non è sostanza psicoattiva, ai prodotti che possano contenere tale cannabinoide devono essere applicate le norme in materia di medicinali, le quali consentono solo a officine farmaceutiche autorizzate dall’AIFA l’utilizzo di piante di cannabis”. Peccato che la canapa non sia importata come sostanza medicinale, e che non sia affatto vero che ogni prodotto che include CBD debba essere trattato come un farmaco, visto che esso – a concentrazioni più o meno elevate – è contenuto in ogni prodotto commerciato a base di canapa, incluso l’olio e le tisane.