Il miele alla canapa non esiste: ecco perché
La canapa è senza dubbio la pianta delle meraviglie, dalla quale si possono ottenere un’infinità di prodotti diversi che spaziano nei settori più disparati e che sono tutti accomunati dal fatto di essere sostenibili. Ma è anche vero che con la canapa non si può fare tutto, come ad esempio il miele. In questo numero che abbiamo dedicato alle api, scegliendole come simbolo del rischio che il pianeta terra sta correndo per colpa nostra, oltre che delle meraviglie di cui è capace la natura, abbiamo pensato di indagare più a fondo su una questione che, in Italia e nel resto del mondo, continua a suscitare discussioni e dibattiti. La domanda è la seguente: è possibile produrre miele alla canapa? La risposta immediata è no, e per arrivarci abbiamo contattato degli esperti in materia che ci hanno raccontato come stanno le cose.
«Io ho avuto le api vicino a campi di canapa, e si vede che raccolgono polline che poi consumano per ottenerne proteine, ma le api per produrre il miele utilizzano il nettare che fornisce loro sostanzialmente i carboidrati, e che poi viene rielaborato, nettare che non è presente nella canapa», sottolinea Francesco Panella dell’Unione nazionale apicoltori (Unaapi).
C’è un apicoltore francese soprannominato Nicolas Trainerbees, che sostiene di aver allenato le proprie api a raccogliere polline e nettare dalla canapa, ma, da quello che è venuto fuori approfondendo la questione, sembra che le cose non stiano proprio così. «Ho visto il sito dell’agricoltore, ma mi sembra che dia delle informazioni fuorvianti».
Ed è della stessa opinione la dottoressa Maria Piana, biologa, esperta di miele a livello mondiale, che è anche responsabile dell’associazione AMI (Ambasciatori del miele), formata da appassionati. «Non è possibile creare né un miele di canapa, né un millefiori che la contenga», sottolinea subito la dottoressa specificando che: «Il miele deve provenire da secreti vegetali che si chiamano nettare o melata, che la canapa non produce, per cui nel miele non ci può essere una componente derivante dalla canapa, per lo meno in un prodotto che si chiami miele in cui questo apporto sia raccolto direttamente dalle api. Possono esserci delle tracce derivanti dalla canapa, perché in tutti i mieli c’è un contenuto pollinico, un’impurità che può rimanere nel prodotto finale. Ma non è miele prodotto dalla canapa, c’è solo un residuo di polline di canapa».
Sull’apicoltore francese, la dottoressa spiega: «Lui ha spruzzato probabilmente dello sciroppo zuccherino sulle infiorescenze di canapa, di cui le api vanno ghiotte e lo vanno a raccogliere, però anche se riuscisse a portare attraverso le api una componente delle piante di canapa nel miele, non si può comunque chiamare miele di canapa».
C’è invece un’azienda israeliana che ha annunciato di aver creato un miele con i cannabinoidi, tramite un procedimento coperto da brevetto, spiegando che, non avendo le api un sistema endocannabinoide, i cannabinoidi assunti vengono poi riversati nel prodotto finale. «Se io prendo uno sciroppo zuccherino, come fosse una tisana a cui aggiungo zucchero e lo uso per nutrire le api, queste lo rielaboreranno come avviene in natura e poi lo stoccano nell’alveare come farebbero con il miele. Per cui con questa pratica, le api potrebbero produrre un prodotto analogo al miele che contiene tutte le sostanze vegetali che vogliamo, ma dal punto di vista legislativo un prodotto del genere non può essere chiamato miele perché per legge si chiama miele solo quel prodotto che le api fanno in natura a partire da succhi vegetali che le api trovano sulle piante che sono il nettare o la melata».
Quindi, dal punto di vista della possibilità, si può anche fare, ma non si può chiamare miele. «Tanti anni fa un’azienda aveva brevettato un nutrendo gli alveari con uno sciroppo di latte e miele, e le api facevano una specie di crema spalmabile contenente i derivati del latte. Ma anche questo dal punto di vista legale non si può chiamare miele. Nel caso si volesse fare un preparato alimentare, in cui ad esempio aggiungo un derivato dalla canapa, ottengo un prodotto alimentare che è del tutto legale, ma che non si può più chiamare miele. È lo stesso concetto del vino, che è tale solo se deriva integralmente dall’uva. Se faccio un trasformato in cui la materia prima deriva dall’uva, ma ci aggiungo qualche ingrediente, esco dalla definizione di vino e entro in un’altra categoria alimentare, anche per proteggere il consumatore che spesso non ha questa competenza. I mieli addizionati con aromi, pasta di frutta, o quello che si vuole, possono essere venduti, ma non come miele, bensì come un preparato alimentare».