Il Kenya con gli occhi degli altri
Sull’Africa hanno scritto tutti, tutti quelli che ci sono stati e anche quelli che l’hanno vista solo in foto. Qualcuno ha scritto lettere, qualcun altro canzoni, altri ancora pagine di libri. Di Afriche ce ne sono tante, c’è quella dei palazzi e del traffico di Nairobi, una città in crescita esponenziale, piena di centri commerciali, con parcheggi vigilati e sicurezza garantita.
All’interno dei centri commerciali ci sono luoghi di ritrovo, enoteche, caffè carinissimi (dove il Wi-Fi è libero e dove è pieno di ragazzi con il loro laptop) e negozi di ogni tipo, dove ti può capitare che quando chiedi di un Apple Store ti spediscano nel reparto della frutta (giuro che mi è capitato) con un sacco di gente tutto il giorno.
4 milioni di abitanti ed un milione di ricchi. L’aeroporto di Nairobi si affaccia, da un lato, sulla savana; la stessa savana che costeggia anche un primo pezzo di città e dove dalla strada, non è raro vedere animali in lontananza mentre si passa in macchina. Un effetto sorprendente se visto durante l’atterraggio o il decollo dall’aeromobile che vi ci ha portato o che vi porta via.
C’è l’Africa dei safari, dei parchi e dei documentari del National Geografic dal vivo, con accampamenti di tende, o Lodge da 700€ a notte che ti servono la colazione su piatti d’argento in posti che nemmeno si possono immaginare.
C’è l’Africa di Malindi, zona costiera a nord di Mombasa, più conosciuta per i suoi frequentatori che per le caratteristiche geografiche. Poi c’è l’Africa degli africani… che sono tantissimi! Tutti diversi tra loro. E diversi da noi.
In Kenya vi sono 42 etnie che non sempre vanno d’accordo tra loro. L’etnia dominante è quella Kikuiu, a cui appartiene l’attuale Presidente eletto da poco ed anche il precedente, rimasto in carica per due mandati, pur avendo perso la seconda tornata elettorale. C’è l’Africa dei moltissimi cinesi che in Kenya stanno costruendo mega infrastrutture (porti, autostrade, ferrovie…) e comprando enormi appezzamenti di terreno, sicuramente non per giocarci a Risiko.
In Africa TUTTI, hanno un telefono cellulare, anche coloro che non hanno da mangiare, le tariffe telefoniche, per le chiamate continentali sono molto basse, una ricaricabile da 10 euro, se si chiamano solo numeri kenyoti dura un mese e ci sono ricariche da 100 Kls che equivalgono a meno di 1 €.
C’è l’Africa che non conosco e quella dove mi sembra di essere sempre stato, anche se ci ho passato solo 8/9 mesi. C’è l’Africa di Tapion, che dal Samburu è arrivato sulla costa, senza sapere cosa fosse il mare e senza sapere cosa fosse il pesce e che ora vive praticamente in spiaggia facendo la guardia notturna, armato di arco e frecce, ereditate dal suo passato come guerriero di cui non ha perso la fierezza.
C’è l’Africa di Freddie, che vive a Malindi e scrive libri su Malindi che si vendono a Malindi, ma anche in Italia e che descrivono Malindi con la precisione di una foto in 3D e fanno anche sorridere.
C’è l’Africa degli inglesi, i quali nella loro ex colonia kenyota hanno mantenuto proprietà terriere e un’autorevolezza che li rende un po’ l’élite locale e che mantengono con i Kenyoti un rapporto molto coloniale nei modi e nella sostanza. Agli inglesi appartengono anche coloro che qui chiamano KC (Kenyan Cow boy), che hanno origini anglosassoni ma sono nati qui e dagli stessi inglesi vengono considerati non propriamente un esempio di classe e di avanguardia.
C’è l’Africa di Giovanni, un’Africa vista dall’alto perché lui è un bush pilot, che sembra la bella copia di Robert Redfort e col suo piper mostra ai turisti le spiagge dove una volta passavano gli elefanti e che adesso sono state comprate dai cinesi e si stanno trasformando in porti e autostrade. Giovanni è sicuramente stato inventato da uno scrittore di gran classe, perché tutte le cose che ha fatto e che racconta sembrano uscite da un romanzo di quelli belli, e siccome ha più di 70 anni di cose ne ha fatte e ne ha da raccontare e ci si potrebbe fermare ad ascoltarlo per giorni.
C’è l’Africa dei bambini… la vera maggioranza assoluta di questo posto, anche se non tutti diventeranno adulti perché la mortalità infantile è ancora elevata.
C’è l’Africa di Marzia, che arrivata in Kenya 15 anni fa ha creato un laboratorio in mezzo alle palme e vicino al mare, dove 30 persone producono le cose che lei disegna, mobili, lampade, borse e gioielli, che danno dignità, pane e lavoro a chi le produce e stupiscono chi le compra per la loro straordinarietà.
C’è l’Africa degli uomini e delle donne che cercano compagnia del sesso opposto ed entrambi la trovano, spesso con un divario di età non indifferente e che attraverso i rapporti che vivono si illudono di essere i soli a comprendere la complessità di un continente incomprensibile e pieno di contraddizioni.
C’è Anche l’Africa di chi specula sulle sue contraddizioni, sui progetti umanitari, sulle sue guerre, sui rifiuti che vi porta, sulle donne che non rispetta, sugli uomini e persino sui bambini; su quest’Africa sono stati versati fiumi di inchiostro e di sangue, l’inchiostro spesso dagli stessi che fanno sputare il sangue a coloro che sfruttano.
C’è l’Africa di Simone, che sta sulle rive del fiume Galana, lo stesso fiume che a Malindi sfocia e si chiama Sabaky, e che nella savana nasce e si chiama Tzavo. L’Africa di Simone è una di quelle che mi è piaciuta di più perché la mattina nella quale l’ho visto nascere nell’accampamento di tende, mi è rimasta tatuata nel cuore, così come la notte stellatissima che ha preceduto quel giorno. In Africa le stelle sembra di toccarle e nella savana loro toccano te.
C’è l’Africa dei malati, quella delle Nazioni Unite, quella delle giraffe, dei pescatori, degli ippopotami, dei Masai, degli albergatori, dei meccanici dei pesci e delle gazzelle, quella delle albe e dei tramonti unici al mondo. L’Africa della speranza e quella dei disperati, e poi c’è l’AFRICA che le contiene tutte, quella che ti fa sentire nel grembo materno chiunque tu sia, qualunque sia la strada che hai percorso o che devi ancora percorrere. Questo è un Continente con cui presto dovremo inevitabilmente fare i conti, e siccome qualunque cosa accada, in Africa vi è una componente indescrivibile e forse magica che presto o tardi rende giustizia a tutti, sono curioso di vedere come verranno ricompensati i meritevoli. Perché di veder puniti tutti gli altri, non ne vale mai la pena!