Il grande bluff
Il mio futuro marito, tornando da un viaggio negli USA, aveva portato un manuale: ”How to make supergrass”. Nel manuale si spiegava che spennellando le foglie delle piantine durante la crescita con una soluzione liquida di Colchicina, i semi delle stesse avrebbero prodotto della fantastica canapa. Vietato fumare quelle spennellate in quanto velenose.
Seguimmo le istruzioni in modo molto ligio, un amico iscritto a Farmacia e con padre fornito della stessa laurea ci procurò l’alcaloide e iniziammo l’operazione che durò quasi due anni: il primo anno spennellare il secondo godere dei risultati. Che infatti furono strepitosi, addirittura troppo, al punto di doverti tenere libero per un paio d’ore dopo averla fumata o ridurre di molto la quantità. Erano ibridi triploidi (tre foglie iniziali al posto di due), ma tutte senza semi e quindi non ripetemmo mai più l’esperimento considerandolo, alla fine, anche un po’ pericoloso.
A questo pensavo, e anche a un anno, lo stesso in cui i talebani fecero saltare gli enormi Budda di Baniyam in Afghanistan. Ero a Jaipur e leggevo ogni mattina, mentre facevo colazione in giardino, The Times of India, proprio in attesa della notizia che tutti temevamo. In prima pagina, a fianco della foto dei Budda, una colonna con un titolo sulla Monsanto gli OGM e il riso Basmati.
In pratica la multinazionale era riuscita attraverso un bluff al governo Indiano, a mettere le mani sul patrimonio genetico del tipico riso dai grani lunghi e profumati, obbligando i contadini (il 90% dell’India è agricola) ad acquistare i semi e costringendoli a tecniche di coltura non tradizionali. Tremila anni di incroci per ottenere un riso perfetto e un istante per perderlo.
Al momento si contavano migliaia di suicidi fra le popolazioni rurali, povera gente indebitata per l’acquisto dei semi e col valore del raccolto dimezzato dalla presenza di un unico acquirente, la Monsanto stessa. Inoltre l’articolo metteva in guardia sul suo acquisto; non doveva essere troppo economico e profumare anche crudo. La lettura mi aveva lasciato un amaro in bocca che neanche il dolcissimo tè al cardamomo dell’Arya Niwas riusciva a mandare via.
Feci caso al riso esposto in grandi sacchi di iuta nella bottega di fronte al mio albergo. In effetti c’erano almeno cinque varietà e quelli più economici non profumavano. Li avrei trovati qualche anno dopo negli scaffali dei supermercati e il vero Basmati solo nei negozi etnici, carissimo. Ora in Italia cerco riso biologico italiano.
E mentre anche a questo pensavo, maledicendo l’imperialismo americano, la Nato, i Muos, la Libia, l’Ucraina e chi più ne ha più ne metta, mi è venuto il pensiero più doloroso. La canapa farà la fine del riso Basmati!? Eh già! Altrimenti tutta questa ventata di antiproibizionismo americano non avrebbe senso. So’ soldi ragazzi, e in tempi di crisi…tutti sul carrozzone. E allora si liberalizza in Colorado e wow il gettito fiscale alle stelle. Si quotano le azioni in borsa, le banche si aprono agli agricoltori, le case farmaceutiche fibrillano e le multinazionali attendono al varco, pronte e legittimate a entrare nell’affare. Addirittura si appronta in quattro e quattr’otto un corso universitario sulle tecniche di coltivazione. L’America, di fatto, si sta preparando al monopolio.
Facendo una piccola ricerca sulla colchicina, ho scoperto che è stato il primo esperimento sulla genetica della canapa, un paio di ingegneri cercavano una maniera di potenziarne gli effetti, in previsione di un utilizzo farmacologico. Quindi è dagli anni ’80 che ci si prepara all’affare che è sempre quello: appropriarsi del DNA del vegetale e costringere gli agricoltori ad acquistarne le sementi. E’ indubbio che, visti i molteplici utilizzi della pianta, l’affare è gigantesco, altro che mais o soja.
E l’Italia come si comporterà? I danni della repressione sono sotto gli occhi di tutti ma si fa fatica ad ammetterlo. Governi illegittimi e ministri non votati si danno un gran da fare per mantenere, anche attraverso decreti truffa, uno status quo ormai insopportabile, e salvo qualche sentenza di giudici illuminati, ancora non si vede luce. Eppure nell’aria qualcosa si muove; la linea guida americana si sta facendo strada, e allora la canapa diventa un farmaco strepitoso, un isolante perfetto, una fibra eterna, un olio anti radicali liberi e presto cambierà la visione che ne ha oggi l’uomo comune.
Siamo una nazione soggiogata, colonizzata, culturalmente impreparata a prendere decisioni che non siano a danno dei cittadini. Annientati da una criminalità che gestisce qualsiasi settore della vita pubblica, schiavi di un sistema capitalistico bancario di cui l’America tira i fili, non osiamo contraddire ma, in fila, obbediamo. Salvo poi accorgerci che avremmo avuto la possibilità di uscire dall’empasse da vari anni, risparmiando soldi per operazioni repressive inutili e costose, evitando il carcere a migliaia di innocenti. Realizzeremmo che non solo continuiamo a dare appalti pubblici a organizzazioni criminali, ma che non siamo nemmeno riusciti a togliere la piccola fetta di guadagni procurata loro dalla canapa. Faremmo i conti su ventimila cittadini costretti a mesi di galera al modico prezzo di un hotel di tre stelle e col costo sociale che tutto ciò ha comportato.
Per non parlare dei mancati guadagni dell’erario se la sostanza fosse tassata (si stima una trentina di miliardi all’anno) e dell’inutile costo di affidamento a comunità di recupero di migliaia di imberbi fumatori.
In uno scenario proiettato da qui a qualche anno e non del tutto fantasioso, potremmo poi vedere all’improvviso anche l’Italia allineata, magari con un monopolio, a propinarci canapa OGM.
Oppure, più probabile, continueremo con la repressione per favorire il narcotraffico e assorbire così tutto il prodotto Sudamericano escluso dal mercato Statunitense.
P.S. Sembra che nella zona di Calì, Colombia, siano famosi per la produzione di un’erba potentissima a base triploide…