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Il giudice assolve Manu Invisibile e lui denuncia con un murales il processo alla creatività

Proprio a lui, che si chiama Manu Invisibile, è toccato rendere evidente a tutti il paradosso che vivono sulla loro pelle gli street artist. Venerati come artisti e non solo, come accadeva in passato, da una stretta cerchia di appassionati, ma da tutto il mondo dell’arte e della cultura che gli ha aperto le porte di musei istituzionali, o dato la possibilità di trasformare semplici muri anonimi in vere e proprie gallerie a cielo aperto, per le forze dell’ordine e la maggior parte della politica restano dei semplici imbrattatori, nel migliore dei casi, per diventare veri e propri delinquenti in molti altri.

La vittoria di Manu Invisibile è stata doppia. Prima quella in tribunale, dove, dopo la condanna nel settembre 2013 di due giovani writer per associazione a delinquere (primo caso in assoluto), un’altra sentenza riconosce il valore artistico di un writer, mettendo forse il secondo gradino di una scala che possa allontanare il dibattito dai toni accessi della guerra al writing tutta italiana; e poi morale. Perché di quella sentenza ne ha fatto un pezzo, questa volta legale, che ritrae la scena dell’aula di tribunale nel quale era imputato; un processo qualunque si trasforma simbolicamente nell’accusa cieca all’arte di chi non vuole capire un fenomeno, non lo vuole regolamentare, ma ha semplicemente provato ad arrestarlo letteralmente e non, perlomeno fino ad oggi.

Il giudice assolve Manu Invisibile e lui denuncia con un murales il processo alla creatività

L’aula di tribunale è grigia è spenta come il muro di Segrate dove è stata raffigurata. Il giudice, sullo scranno più in alto è appena abbozzato, mentre nelle sagome degli avvocati girati di spalle l’unica nota di colore è l’oro che rifinisce le toghe. Tutti sono neri e di nessuno si distingue il volto, perché l’accusa è cieca. L’imputato, invece, è un’esplosione di colore, perché non è un processo ad un singolo individuo, ma un processo alle intenzioni, un’arringa contro la libertà di espressione, la sfida di un colore spento, tra il nero e il grigio piombo, nel tentativo di soffocare tutte le tinte comprese nello spettro cromatico.

Questa volta è stato riconosciuto legalmente il valore artistico di un’opera di street art. Per questa volta un writer è stato riconosciuto come un’artista. Ma la prossima?

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Mario Catania



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