“Il futuro è verde canapa” la rinascita della cannabis in tutti i settori raccontata bene
Si chiama “Cannabis. Il futuro è verde canapa” e si apre con la prefazione di Raphael Mechoulam, considerato il padre del THC, stiamo parlando del nuovo libro di Mario Catania (pubblicato da Diarkos) giornalista prezioso di Dolce Vita e non solo, che da anni studia e lavora per diffondere la vera conoscenza di questa pianta con determinazione e fermezza.
Pagina dopo pagina viene presentata la canapa nei vari settori e utilizzi dall’ambito industriale a quello terapeutico per proseguire con il cannabusiness, approfondendo argomenti e storie.
“Cannabis. Il futuro è verde canapa” inoltre analizza il settore incerto della canapa, in Italia e nel resto del mondo, e con numeri alla mano ci fa capire l’insensatezza del proibizionismo e la bontà di questa pianta.
Un libro che non può mancare nelle vostre librerie perché aggiunge un altro tassello alla battaglia contro la demonizzazione della cannabis.
Il libro si apre con l’importante prefazione di Mechoulam, famoso ricercatore israeliano, credi che finalmente decollerà la ricerca sulla cannabis e verrà esteso l’utilizzo medico?
A livello internazionale si va in quella direzione. Anche la decisione dell’OMS di riclassificare la cannabis che sarà votata da tutti i paesi delle Nazioni Unite nel 2020, porta in quella direzione. E il fatto che ormai si siano iniziati a creare dei farmaci, che le multinazionali siano interessate al fenomeno e che la cannabis sia sempre più presente in medicina, sia in Europa ma anche a livello internazionale, sicuramente è una cosa che fa pensare che si andrà in questa direzione. L’unica cosa che impedisce ad oggi la ricerca è il suo inserimento nelle tabelle federali in America e nella convenzione unica sugli stupefacenti, ma nei paesi in cui si voterà la riclassificazione della cannabis sicuramente sarà più semplice poter fare ricerca.
L’italia è tra questi?
Nel marzo 2020 tutti i paesi membri dovranno votare con un voto a maggioranza, da noi essendo legale la cannabis medica non c’è motivo di pensare che non la voteremo, poi non si sa. Marzo potrebbe essere il momento di svolta.
In questo libro esplori in particolare 3 settori in cui la canapa sta entrando prepotentemente: cannabusines, industriale e medico. Ci vuoi brevemente spiegare questa scelta?
Il saggio è diviso in tre parti e segue tre settori in cui noi umani abbiamo suddiviso la cannabis. La prima parte è dedicata alle legalizzazioni nel mondo, alla situazione in America e agli effetti economici delle legalizzazioni, alle multinazionali che prima ostacolavano la legalizzazione e poi sono entrate nel business, agli effetti anche sociali poiché con le entrate delle tasse della vendita di cannabis finanziano borse di studio, case per senzatetto fino ad altri benefici sociali come per esempio un calo della violenza domestica e dell’uso di armi. Prosegue con l’analisi di quello che era stata la discussione in Italia.
La seconda parte è tutta incentrata sulla canapa industriale: si parla di filiere e prodotti con un’attenzione particolare alla situazione italiana e soprattutto alle doti ambientali della canapa e quindi le potenzialità nell’aiutarci a combattere le sfide climatiche (riducendo la co2, l’uso dei derivati del petrolio e la deforestazione).
E l’ultima è dedicata alla cannabis in medicina con storie di pazienti, associazioni, interviste a medici e ricercatori, e la spiegazione di come funziona la cannabis e del perché può essere utile per così tante patologie.
Nel libro parli della tua esperienza da trimmer, pensi che sia ancora così la situazione nonostante sia trascorso del tempo?
Sono passati oltre 3 anni, era il 2016, e credo sia cambiato molto. Sono andato in California esattamente nel mese in cui si è votato il referendum sulla legalizzazione che poi è passato, in quel momento era legale l’uso medico ma non quello ricreativo. Era già un sistema regolato ma c’erano ancora tante farm illegali.
Adesso che è maggiormente regolamentato il mercato si è svalutato?
Più che svalutato da una parte ci sono i dati reali che mostrano come il settore è in crescita: crea più posti di lavoro, porta tasse e fatturati grandi alle aziende. Le ricerche di lavoro nel settore cannabis crescono del 600/700% l’anno. Dall’altra parte c’è stata “la bolla della cannabis” dove grosse aziende di settore, sia americane che canadesi, hanno visto crollare il valore in borsa perché non corrispondeva a quello che era poi il valore reale dell’azienda. Quindi c’è stato una sorta di assestamento a livello borsistico e ora i valori sono molto più vicini a quelli reali delle aziende.
Nonostante la bolla sia scoppiata il mercato è promettente e in crescita…
Il mercato è comunque in crescita e soprattutto le attenzioni si stanno iniziando a spostare anche sull’Europa perché, dalle stime che hanno fatto gli analisti di Prohibitions Partners l’Europa, potrebbe diventare il mercato più grande al mondo e loro hanno calcolato che intorno al 2028 potremmo raggiungere, se legalizzata la cannabis in Europa, un fatturato annuo di 123 miliardi di euro divisi nel settore ricreativo e medico. Anche il sud est asiatico si sta iniziando ad aprire nonostante sia una regione storicamente molto rigida.
Arriveremo anche noi alla legalizzazione entro il 2028?
Gli analisti hanno fatto queste stime a dieci anni perché immaginano che anche l’Europa arriverà a normare la vendita di cannabis, anche con il THC, ed è quello che ci aspettiamo. Naturalmente non è sicuro che nel 2028 tutti i paesi europei avranno legalizzato la cannabis però abbiamo ottimi motivi per poterlo sperare, visto quello che sta succedendo nel resto del mondo. Io ci credo!
Leggendo il libro si scopre che Garibaldi è stato il primo personaggio pubblico ad indossare jeans fatti anche in canapa…
Si, ci sono delle fonti che dicono che sia stato uno dei primi ad indossare i jeans. La cosa curiosa è la nascita del jeans, un capo che pensiamo americano ed invece sembra essere nato in Italia proprio a cavallo tra il 1700 e il 1800. In quegli anni a Genova i portuali utilizzavano la tela di canapa per coprire le navi o i carichi visto che era molto resistente, e la tingevano di azzurro proprio perché c’era l’indaco che cresceva in quelle zone e lo utilizzavano come colorante naturale. Avendo visto che era così resistente hanno iniziato a farci anche i pantaloni che poi arrivarono in America, e i pantaloni tinti con il blu di Genova diventeranno oltreoceano i blue jeans.
Qual è l’applicazione della canapa che ti ha stupito di più in questi anni di studi?
Quella di utilizzare gli scarti della canapa per stoccare energia che sta studiando un ingegnere americano, David Mitrid. Circa tre anni fa ha scoperto che dagli scarti della canapa riesce ad ottenere una sostanza simile al grafene, per quanto riguarda lo stoccaggio di energia, che però ha un costo infinitamente minore ed è molto più semplice da estrarre e produrre. Il grafene invece dall’altro lato è complicato da estrarre e ha dei costi altissimi. La stessa cosa un altro professore l’ha fatta con il litio, a partire dalla canapa ha costruito delle batterie che hanno delle prestazioni uguali a quelle delle batterie a litio, che però usano il coltan con tutto lo sfruttamento che ne segue.
La canapa usata in edilizia è carbon negative, ovvero che riduce le emissioni di CO2 nell’atmosfera, quindi perché non è ancora usata massivamente?
Perché come in tutte le cose quando si utilizza un sistema è difficile cambiarlo, ad esempio le multinazionali del cemento non vedono di buon occhio un cambio produttivo. Queste sono buone pratiche che piano piano si iniziano a diffondere nella popolazione, e più ci sarà richiesta di questo tipo di costruzioni più le aziende si dovranno adeguare. Di recente in Italia un grosso produttore ha introdotto la canapa e calce nell’azienda e ha aperto diversi cantieri, in Italia e in giro per il mondo.
A differenza dell’edilizia tradizionale la calce e canapa toglie co2 dall’ambiente più di quella che produce e la continua a togliere anche quando è nelle case, trasformata. Non solo la canapa quando cresce toglie 4 volte la C02 rispetto agli alberi e va avanti a toglierla anche quando mischiata con la calce. Inoltre il tecnico ha stimato che 1 metro cubo di canapa e calce toglie dall’ambiente circa 60kg di CO2. Per fare una casa non troppo grossa si arrivano ad utilizzare anche 200-300 metri cubi di canapa e calce. Quindi è facile capire che fare le costruzioni in calce e canapa, per la quantità di CO2 che toglie dall’atmosfera, equivale a piantare ettari di boschi. Senza contare che sono case molto salubri e a basso consumo energetico, anche zero. Oramai la costruzione di canapa e calce ha un prezzo pari a quello dell’edilizia tradizionale, competitivo.
La canapa depura i terreni dai metalli pesanti e altre sostanze nocive ma poi come si smaltisce?
Dagli studi che hanno fatto sembra che la maggior parte di inquinanti vengono stoccati dalla canapa nelle radici e nelle foglie. Quindi nonostante la ricerca stia andando avanti ci sono aziende e ricercatori che dicono che una volta utilizzata in campo per depurare il terreno si potrebbero smaltire le foglie e le radici in determinati modi e invece poi utilizzare il resto della pianta, come può essere la bacchetta ad esempio per creare bioplastiche o biocarburanti, naturalmente per scopi non alimentari.
La canapa è una risorsa con la R maiuscola, il suo proibizionismo è frutto di una questione politica o principalmente culturale?
Si sono incrociati tanti motivi, sicuramente all’origine del proibizionismo come abbiamo raccontato tanto anche su Dolce Vita si incrocia da una parte con il fatto di demonizzare i messicani che cominciavano ad entrare in America, oggi non è cambiato niente visto che Trump ha deciso di costruire un bel muro ed evitare il problema alla radice. Dall’altra parte, come ha anche rilanciato Jack Herer nel suo libro, va considerato che in quel momento in America stavano cambiando i paradigmi industriali, si cominciava a puntare sul petrolio anziché sul carbone e si cominciava ad utilizzare il cotone e le fibre sintetiche. Erano gli anni in cui ad esempio la DuPont ha inventato il nylon, fibra sintetica derivata dal petrolio. Alla fine del 1800 si era smesso di usare canapa e lino per fare la carta e favore della cellulosa di legno. Si cominciano a fare i farmaci di sintesi ed è ben evidente che la canapa desse fastidio a tutti questi settori (automotiv, carburanti, bioplastiche, fibra naturale, carta). E soprattutto era nelle farmacopee americane, europee ed italiane fino alla fine del 1900, questi motivi insieme hanno portato innanzitutto al proibizionismo e al fatto di usarla sempre di meno.
Oggi cosa sa la gente sulla cannabis?
Penso sicuramente che la popolazione italiana sull’argomento cannabis, di qualsiasi settore parliamo, è molto più avanti di quello che hanno dimostrato essere le nostre istituzioni legate ancora a pregiudizi, preconcetti e idee del tutto distorte su quello che è la potenzialità di questa pianta. Dall’altro lato ci sono sempre talmente specifiche novità che poi la conoscenza diciamo di massa è una conoscenza che rimane molto superficiale. Secondo me però c’è una normalizzazione in atto anche nel nostro paese, la cannabis light ha contribuito tanto e a livello di tessuto sociale siamo molto più avanti di quello che sono i nostri politici.
Cosa ne pensi del recente emendamento sulla canapa e della sua inammissibilità?
Penso che sia stata una decisione politica e non tecnica, nel senso che quest’emendamento rientrava perfettamente nei criteri della manovra di bilancio perché era una norma commerciale ed economica, basata sull’agricoltura e quindi sull’economia che avrebbe liberato grosse risorse e fatturati nel nostro paese. La presidente Casellati ha deciso di rigettare l’emendamento, una decisione non tecnica, come invece lei sostiene, ma politica perché influenzata dalle reazioni della destra all’annuncio che l’emendamento sarebbe passato.
Quindi ci aspetta un futuro verde?
Il futuro in Italia lo vedo un po’ con apprensione perché questo governo, composto da tre forze che formalmente si sono dichiarate a più riprese a favore addirittura della legalizzazione, non è riuscito e non riuscirà a mettere almeno in sicurezza il settore della cannabis light. Poi con lo spettro che possa tornare a governarci Salvini diciamo che la prospettiva non è rosea. Dall’altro lato però abbiamo gli agricoltori e i grower tra i più capaci del mondo, abbiamo ricercatori specializzati molto seri, abbiamo un paese che da nord a sud potrebbe tornare a produrre la canapa migliore del mondo, abbiamo gli occhi dei grandi investitori internazionali puntati sul nostro paese e quindi l’unica cosa che manca è che le istituzioni comincino a ragionare sul fenomeno senza pregiudizio, e si accorgano anche loro come sta succedendo in tutto il mondo che stiamo parlando di una risorsa naturale di cui non c’è nulla da temere ma che semplicemente va regolamentata per fare in modo che tornino a beneficiarne i cittadini e gli stati invece che la criminalità organizzata.
Non sarà l’aspetto culturale ma quello economico che smuoverà la gente, come è successo in America.
3 utilizzi sostenibili della canapa che da oggi possiamo inserire nel quotidiano?
Consiglio a chiunque di bere un cucchiaio grande di olio di canapa la mattina appena sveglio, mezzora prima di fare colazione, perché rafforza il sistema immunitario, è antinfiammatorio, abbassa i livelli di colesterolo etc. Vestirsi con la canapa, poiché è un tessuto che si può utilizzare in estate e in inverno, caldo in inverno e fresco d’estate. E infine consiglio di utilizzarla per l’igiene personale.
Lascia un messaggio ai lettori…
Il futuro è verde canapa, nonostante le resistenze che stiamo vivendo io credo che la canapa sarà liberata. Sarà considerata di nuovo una pianta con tutti i suoi pregi e difetti, e arriverà un’epoca in cui la gente studierà a scuola il proibizionismo e non si riuscirà a capacitare come sia stata bandita una pianta che aveva tutti questi utilizzi e benefici per noi, l’economia e l’ambiente.
Il libro si trova nelle migliori librerie e negli store online, per maggiori informazioni: www.ilfuturoverdecanapa.it.