Le mani del capitalismo sul futuro della cura psichedelica?
Riproponiamo qui in italiano un estratto di un articolo pubblicato nell’aprile 2020 dalla redazione di Psymposia e riproposto da Psycore. Intitolato Dear Psychedelic Researchers, è una sorta di lettera-invito diretta a ricercatori e psiconauti affinché ci si impegni davvero a far sì che l’esperienza psichedelica in senso lato possa contribuire al miglioramento di tutta l’umanità. Chiarendo i limiti della medicalizzazione in corso e puntando piuttosto a un più ampio cambiamento socioeconomico, passo necessario non solo per superare una crisi planetaria mai vista come l’attuale pandemia, ma anche e soprattutto per ripensare in maniera creativa e innovativa le strutture economiche, culturali, mediche che ancora discriminano e dividono.
Gli artefici delle grandi corporation nel campo emergente della farmaceutica psichedelica (ATAI Life Sciences e COMPASS Pathways) hanno espresso pubblicamente il loro desiderio di metter fine alla crisi della salute mentale.
I problemi sistemici del regime capitalistico, che sono diventati così dolorosamente evidenti durante questa pandemia, sono le motivazioni che sottostanno alla crisi della salute mentale globale. In definitiva, i fornitori di psichedelici che falliscono nell’intendere le determinanti socioeconomiche della salute non possono a tutti gli effetti prendere in carico i loro pazienti. Senza ingaggiare le cause radicali dello stato di malessere dei pazienti, il trattamento psichedelico sarà limitato a una cura palliativa piuttosto che a una terapia vera e propria.
Proviamo a immaginare cosa potrebbe significare tutto ciò per il futuro della cura psichedelica.
Prendiamo Christian Angermayer. È il maggiore investitore for-profit nel settore della farmaceutica psichedelica e fondatore di ATAI Life Sciences, a sua volta a più estesa minoranza azionista di COMPASS Pathways. Mentre la mission di ATAI è quella di “trovare una cura definitiva per i disturbi mentali”, Angermayer fa parte dei consiglieri di Paul Kagame, attuale presidente autoritario del Rwanda, i cui opponenti politici sono stati misteriosamente uccisi e fatti sparire, e che ha imposto normative per rimuovere con la forza dalla capitale gli “indesiderabili” – poveri, quelli del mercato del sesso, venditori ambulanti – e rinchiuderli in centri di detenzione, con l’accordo del Human Rights Watch. Kagame è stato descritto dal “New York Times Magazine” come “il superuomo preferito dall’elite globale”.
Inoltre, l’appello di Angermayer per la fine del distanziamento sociale nel contesto della pandemia (già dal 25 di marzo) evidenzia la scelta prioritaria a favore della “salute economica” rispetto alla salute pubblica. Prospettive assolutamente in linea con quelle della classe dirigente in generale e sempre più respinte, condannate, denunciate come omicide.
Consideriamo poi George Goldsmith della COMPASS Pathways. Prima era responsabile della Tapestry Networks, un marchio prestigioso che facilita la cosiddetta “cattura della regolamentazione”, cioè gli interessi commerciali dominanti che accomunano dirigenti, lobbisti e normatori. Si descrivono eufemisticamente come entità che “riunisce leader tesi a esplorare modalità innovative e produttive per affrontare sfide cruciali nella governance imprenditoriale, nei servizi finanziari e nel settore sanitario”.
Alla Tapestry, alcuni dei progetti di Goldsmith riguardano la riabilitazione dell’immagine del settore bancario dopo la crisi finanziaria del 2008, nel tentativo di rendere più appetibile il fracking minimizzando gli impliciti danni alla salute e all’ambiente, e ospitando convegni sulla sanità sponsorizzati da grandi aziende farmaceutiche poi implicate in uno scandalo ai danni della FDA (Food & Drug Administration).
In un’inchiesta della Harvard Business School, si rimarca che la Tapestry “deve chiarire il proprio ruolo sulla… legittimazione e sull’aver facilitato i rapporti tra i legislatori e i soggetti che vanno a regolamentare”. Un dirigente ha spiegato agli autori dell’indagine che Tapestry sembrava “più focalizzata sull’ambito industriale che sull’interesse pubblico”, mentre gli stessi autori ne sottolineano le questioni etiche: “il modello portante di Tapestry, cioè condurre trattative private, sottobanco, tra i colossi industriali e i legislatori, è fondamentalmente legittimo oppure opposto agli ideali del processo democratico?”. Prima della Tapestry, Goldsmith è stato consigliere presso il gigante delle consulenze finanziarie McKinsey and Company.
E per favore non dimentichiamo Peter Thiel: responsabile dell’azienda di cyber-sorveglianza Palantir Technologies, colui che ha finanziato la distruzione legale della testata indipendente “Gawker”, e un investitore di COMPASS, ATAI e Mindbloom. Mentre la lista dei comportamenti antisociali e razzisti di Thiel sarebbe troppo lunga per esser descritta qui (…), l’utilizzo di tecnologie di sorveglianza per monitorare e deportare persone di colore e sostenere l’apartheid, è qualcosa che dovrebbe allarmare tutti. In risposta alle critiche pubbliche ricevute per la collaborazione con Thiel, la con-fondatrice di COMPASS, Katya Malievskaia, ha detto alla rivista “Wired”: «Non scegliamo gli investitori basandoci sulle loro ideologie politiche o sugli scheletri che hanno nell’armadio. Sono investimenti sulle pari opportunità”.
Il Covid-19 ha messo a nudo gli enormi problemi dovuti al fatto di aver affidato la sanità pubblica nelle mani di entità capitaliste. I promotori di queste grandi corporation hanno chiarito come il loro gioco finale non è quello di lenire la sofferenza umana, quanto piuttosto di maturare il loro capitale, status e potere. Tuttavia, questa logica è solo uno sviluppo recente nel campo della ricerca con psichedelici; non dev’essere per forza così. (…)
Dobbiamo identificare le cause a monte della sofferenza se vogliamo mitigarne i danni. Questo significa perseguire un approccio intersezionale al problema, esaminando i vari sistemi sociali in cui viviamo – sistemi arenatisi di fronte alla pandemia. Generalmente si ritiene che il cambiamento graduale sia l’unica opzione possibile, ma le risposte attivate di fronte al coronavirus ci hanno dimostrato che un cambiamento rapido e concreto per il bene collettivo non solo è possibile, ma è praticamente a porta di mano.
Se ignoriamo i modelli di comportamento immorali di questi capitalisti della psichedelia come un servizio per un futuro immaginato come “positivo”, svendiamo la sofferenza del mondo reale in cambio delle persuasive promesse di imbonitori professionisti. Ammettiamo che ciò rende più difficile imporre scadenze istituzionali rapide per accelerare l’accesso ad alcune droghe per alcune persone grazie alla medicalizzazione degli psichedelici, ma proprio in base a quanto sta rivelando la pandemia, senza un cambiamento strutturale continueremo a riprodurre le fallacie del sistema attuale.
Per generazioni gli psichedelici hanno canalizzato approcci innovativi alle nostre concezioni del mondo. Al di là del fatto che queste riflessioni abbiano ispirato o meno azioni politiche radicali, sublimi risvegli spirituali, o promosso lo sviluppo di tecnologie (come la reazione a catena della polimerasi) capaci di aiutarci a fronteggiare efficacemente il coranavirus, le esperienze psichedeliche possono contribuire al miglioramento dell’umanità intera. Un risultato tutt’altro che scontato.