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Il disastro del lago d’Aral

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L’Aral è un lago salato di origine oceanica, situato alla frontiera tra l’Uzbekistan (nel territorio della repubblica autonoma del Karakalpakstan) e il Kazakistan. Il nome deriva dal chirghiso “Aral Denghiz”, che significa “mare delle isole”, a causa delle numerose isole che erano presenti nei pressi della costa orientale. Nei primi anni ’60 il governo dell’Unione Sovietica decise di prelevare, tramite l’uso di canali, l’acqua dei due fiumi che sfociavano nel lago nel tentativo di irrigare il deserto per coltivare riso, meloni, cereali, ed i vasti campi di cotone appena creati nelle aree circostanti, come previsto dal piano di coltura intensiva per il cotone voluto dal regime sovietico.

Dal 1960 al 1998 la superficie del lago si era ridotta di circa il 60% ed il suo volume dell’80%. Fino al 1960 il lago d’Aral era il quarto lago più grande del mondo con una superficie di 68.000 km2, mentre dal 1998 la superficie si è ridotta a 28.687 km², scivolando all’ottava posizione. Negli anni duemila la situazione si è fatta ancora più drammatica e il lago si è diviso in due bacini di cui uno, a causa dell’elevata salinità, e praticamente scomparso. Il lago, ritirandosi, ha lasciato scoperta una vasta pianura ricoperta da depositi di sale e prodotti chimici tossici, ciò che resta della sperimentazione di armi, dei progetti industriali e dell’uso dei fertilizzanti. Nel corso di quattro decenni la linea della costa è arretrata in alcuni punti anche di 150 km, lasciando al posto del lago un deserto di sabbia salata.

L’impatto ambientale sulla fauna lacustre è stato devastante. Il vento che spira costantemente verso est/sud-est trasportando la sabbia, salata e tossica per gli agenti inquinanti, ha reso inabitabile gran parte dell’area e le malattie respiratorie e renali hanno un’incidenza altissima sulla popolazione locale. Le polveri sono arrivate fino su alcuni ghiacciai dell’Himalaya. I campi della regione sono danneggiati dal sale trasportato dalle tempeste di sabbia. Anche il clima locale è cambiato: gli inverni si sono fatti più freddi e lunghi, le estati più calde e secche. Ad oggi non esiste un piano di recupero per il lago, anzi, con il suo ritiro sono stati trovati importati giacimenti di gas e un ritorno delle acque del lago renderebbe difficile questa attività.



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