Il diritto alla salute di cani e gatti
Un terzo degli italiani ha un animale in casa. Aumentano le famiglie che accolgono due, tre o più animali, il 76,8% degli italiani li considera come membri effettivi, sei su dieci li ritengono i migliori amici, quasi un terzo veri e propri figli (32,9%). È quanto emerge dall’ultimo rapporto presentato da Eurispes. Soltanto il 20,5% considera gravoso tenere in casa un animale. Accudire un animale può diventare un impegno economico oneroso, che incide notevolmente sul bilancio familiare, soprattutto a causa della pressione fiscale che grava su prestazioni veterinarie, cibo, antiparassitari, assoggettati ad IVA al 22%. La stessa aliquota IVA applicata ai beni di lusso.
Curare un cane o un gatto è fiscalmente equiparabile ad aggiustare un oggetto rotto. L’aliquota IVA sui prodotti per l’alimentazione degli animali cosiddetti da compagnia è oggi al 22% differentemente da quanto previsto per diversi prodotti destinati al consumo degli animali definiti da reddito. Per non parlare dei farmaci veterinari, che costano mediamente otto volte di più rispetto a quelli ad uso umano, sebbene contengano gli stessi principi attivi. La legge impone al veterinario di prescrivere il farmaco registrato per la specie animale di cui si sta prendendo cura; qualora non esistano medicinali veterinari per curare una determinata affezione di specie animali, il medico può disporre allora di un altro previsto per un’altra specie o per un’altra affezione della stessa specie. Solo in mancanza delle due possibilità, il veterinario può ricorrere ad un farmaco autorizzato per l’uso umano, che, in tal caso, necessita di una prescrizione medico-veterinaria non ripetibile. Se il veterinario sceglie di prescrivere un farmaco umano, sebbene ci sia il corrispettivo veterinario, rischia una sanzione fino a 9mila euro.
È vero che il costo di produzione del farmaco veterinario è più alto, a causa dell’assenza di farmaci generici e, soprattutto, per l’ammortamento del costo dei macchinari necessari per il packaging, che va spalmato su un numero minore di confezioni, ma è altrettanto vero che alcune spese sono ingiustificate, in quanto non c’è corrispondenza fra i giorni di trattamento e il numero di pillole, capsule, ecc., in conformità alle prescrizioni mediche. La maggior parte dei farmaci confezionati in blister hanno un numero di compresse superiore o inferiore rispetto al normale ciclo terapeutico. I consumatori sono costretti quindi ad acquistare una seconda confezione del farmaco, la cui rimanenza spesso va a finire nei cestini dei farmaci scaduti, con uno sperpero delle risorse pubbliche e un aggravio per la spesa dei cittadini, nella totale indifferenza delle case farmaceutiche che hanno tutto l’interesse ad alimentare il business: industrie, grossisti, farmacie richiedono la loro fetta. L’aliquota IVA elevata, i costi esorbitanti dei farmaci, le detrazioni veterinarie dalla dichiarazione dei redditi che non arrivano a 50 euro incidono negativamente sulla cura e l’accudimento degli animali, causando una difficoltà di accesso alle terapie con conseguente impatto sul diritto alla loro salute.