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Il dilemma globale sulla classificazione della cannabis

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Da sempre abbiamo suddiviso la cannabis in due grandi tipi: Cannabis Sativa e Cannabis Indica, oltre alla canapa (Cannabis Ruderalis) come sottospecie di C. Sativa. Per lungo tempo la maggior parte delle persone si riferiva alle Cannabis Indica/Sativa come agli strain “da sballo”, mentre quando parlava di Cannabis Ruderalis lo faceva riferendosi alla canapa. Questa distinzione è stata recentemente rivista e aggiornata grazie all’aiuto della tecnologia, della ricerca e dello studio della composizione chimica. Questo nuovo modello di classificazione prende il nome di Chemotassonomia e comprende: analisi chimica del DNA, studio dei composti presenti nella pianta, analisi dei terpeni, aromi e oli essenziali. Ciò significa che, grazie alla conoscenza più approfondita che abbiamo oggi della pianta, dobbiamo fare i conti con alcuni aspetti che in passato erano sconosciuti e non misurati. Per cui, quella che un tempo credevamo fosse la realtà, va radicalmente cambiata.

Si direbbe che la Cannabis Sativa sia stata utilizzata maggiormente per la sua fibra e per la produzione dei semi, senza essere messa in relazione all’idea di droga che può derivare dalla cannabis. Invece la Indica pare essere la famiglia di cannabis più diffusa, e che ha un grado di parentela con tutte le varietà produttive come le varietà di Korea, cinese e giapponese, così come 2016-11-16-09-45-44-amquelle Afgane, Indiane e Tailandesi. Oggi, a differenza del passato la distinzione è meno netta, quando parliamo di strain a foglia sottile (Narrow Leaf Drug strains, NLD) ci riferiamo solitamente alla Cannabis Sativa, mentre che quando parliamo di strain a foglia larga (Broad Leaf Drug strains, BLD) ci riferiamo alla Indica. Si fa un po’ di confusione perché è stato tutto rivisto e aggiornato per far in modo che tutte le varietà di cannabis siano riclassificate sulla base dei nuovi modelli e informazioni. Il nuovo libro di Merlin e Clarke intitolato “Cannabis: Evolution and Ethnobotany”, spiega questo aspetto per tutti quelli che vogliano rivedere le proprie conoscenze e capire più in dettaglio di cosa si tratta; in altre parole il libro illustra come, in termini di classificazione, si debba mettere in dubbio tutto ciò che prima credevamo fosse vero. Solo a pensarci ci si spaventa, in special modo da quando l’industria opera in diversi Paesi senza che ci sia un quadro normativo chiaro a riguardo. Questa auspicabile legislazione dovrebbe far sì che le aziende che lavorano nei Paesi interessati, operino nei margini della legalità e con un approccio adeguato.

La cannabis è stata finora studiata in maniera ridotta e parziale nel mondo della botanica e ciò, da un lato crea confusione, ma dall’altro fa anche sorgere nuovi studi e teorie. In generale le varietà di canapa vengono classificate come piante dalla bassa percentuale di THC, 3% o meno, invece altre varietà produttive si trovano oltre il 4% di THC. Ma c’è bisogno di allargare l’orizzonte perché c’è un altro cannabinoide presente nelle piante, peraltro in quantità elevata, che però non è normato in alcuna legislazione visto che la conoscenza che abbiamo di esso è piuttosto recente; si tratta di una situazione che si sta sviluppando proprio mentre leggi questo articolo. Il Cannabidiolo, anche conosciuto come CBD, è il secondo tipo di cannabinoide predominante trovato nella cannabis. Dato che le varietà di cannabis a bassa percentuale di THC (meno del 3%) hanno un’elevata concentrazione di CBD (dall’1 al 3%), i coltivatori di canapa dei paesi che tradizionalmente la producono per la sua fibra e per i semi, stanno logicamente diventando i fornitori di CBD dell’industria medica. La pianta di canapa non è stata solitamente considerata una varietà con cui produrre fiori. Ad ogni modo oggi, visto il carattere legale di questa nota canapa, ci sono grosse coltivazioni con piante a bassa concentrazione di THC – rivolte per lo più all’uso medico già dal 1996 – in cui si sta procedendo all’estrazione di CBD. Il motivo per il quale l’industria si sta sviluppando in questo senso può non apparire del tutto chiaro, ma a guardare bene si tratta solo di rischiare il minimo dal punto di vista legale e ottenere il massimo dal raccolto in termini economici.

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L’agricoltura si sta occupando in misura sempre maggiore di canapa e della relativa estrazione di CBD, ma dovrebbe anche monitorare l’uso dei contaminanti, pesticidi, insetticidi e ormoni ed equipararlo alle norme presenti nella produzione di cibo, il cui processo è più sicuro e controllato; altrimenti si mette a rischio la fonte di CBD. Per far fronte a questa situazione si dovrebbe aggiungere un ulteriore test in laboratorio da realizzarsi in occasione del raccolto o nelle fasi precedenti a esso; questo sarebbe facile da attuare e determinerebbe quali raccolti hanno superato tutti i test, gli stessi che deve superare il cibo, e quali no. Quelli con un risultato positivo potrebbero essere usati per l’estrazione, mentre quelli con un risultato negativo si limiterebbero alla produzione di fibra e semi. Se si procedesse diversamente si finirebbe per danneggiare coloro che vogliamo aiutare, nonostante le buone intenzioni.

2016-11-16-09-46-35-amÈ stato appurato come il CBD sia una componente utile per il trattamento di diverse patologie, ma allo stesso tempo c’è la convinzione che si debba estrarre tutto dalla pianta. Infatti molti ricercatori e medici oncologi sostengono proprio questa tesi piuttosto che procedere solo alla sintesi di CBD, la ragione sta nel fatto che l’estrazione delle varie componenti della pianta come terpeni, flavonoidi e oli essenziali crea un effetto positivo. Si pensa che questi piccoli e diversi componenti che la cannabis produce, aumentino l’efficienza del CBD nel trattamento delle patologie. Quindi, anche se per confermare queste ipotesi si dovranno superare diversi processi legali ed effettuare numerose e ulteriori ricerche, coloro che già lavorano sia con i malati che con la cannabis, sanno bene che le differenze tra i prodotti a base di CBD derivano dal modo in cui l’estrazione si realizza, cosa si estrae dalla pianta e quali processi attraversa per ottenere il prodotto finale. Molti credono che i terpeni giochino un ruolo molto più importante di quanto non si pensasse in precedenza: per esempio il Beta Caryophyllene, uno dei terpeni trovati in quantità abbondanti nelle piante, pare avere effetti fortemente positivi nella cura di certe patologie quando lavora insieme al CBD, a differenza dell’azione del solo CBD.

Per cui, se da un lato stiamo acquisendo preziose conoscenze e informazioni su come affrontare certe malattie, cosa prescrivere, ecc. dall’altro siamo ancora lontani dall’avere la sicurezza e il controllo dei fatti. Pertanto ci vuole ancora molta ricerca, tempo e soldi prima di essere certi di tutte le applicazioni che la cannabis può avere e, piuttosto che rendere illegale certe componenti della pianta, bisognerebbe dare fiducia alla popolazione adulta e raccogliere informazioni in modo da progredire senza frizioni come invece è accaduto nei decenni passati.

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Le basi per gestire questa fiorente industria le stanno gettando alcuni Stati negli USA come il Colorado, Washington, Oregon e l’Alaska, i quali si occupano sia di coltura di canapa che di piante a fini ricreativi. Personalmente, sto portando avanti un progetto legato alla canapa che si basa su una pianta selezionata che ha concentrazioni di CBD al 16% e di THC appena allo 0,3%. Negli ultimi tempi abbiamo adeguato le caratteristiche chimiche delle nostre piante ai requisiti di Stato – anche grazie ai test in laboratorio – per ottenere le licenze di canapa e di coltivazione a scopi ricreativi. Ciò ci ha permesso di replicare la pianta madre fino a 80mila volte e abbiamo così ottenuto un raccolto specificamente dedicato all’estrazione per l’industria medica. Questo processo è stato possibile grazie all’adesione alle nuove linee guida sulla pianta, che ci hanno spinto a personalizzare e modificare le piante a seconda delle esigenze produttive riducendo così il lavoro e massimizzando la produttività e la concentrazione di alcuni composti. Si tratta di un settore in costante evoluzione, infatti man mano che nuovi cannabinoidi, oli specifici o composti vengono trovati nelle piante ci saranno raccolti ad alta specializzazione e coltivatori in grado di sviluppare e crescere determinati composti. In sostanza, ci sono ampi margini di crescita per questa non più così giovane industria.

Si tratta di un settore che è evoluto in maniera differente nelle diverse parti del mondo, per il fatto che la “guerra alle droghe” ha costretto la gente a fare i conti con le possibili conseguenze di condotte considerate illegali. Ma prima di questi 80 anni di War on Drugs, la canapa era una delle colture più diffuse in tutti i continenti, quindi, indipendentemente da come la si chiami – canapa, marijuana, fibra o semi – si tratta di una pianta che è intrinsecamente legata all’uomo. Ed è stato proprio l’uomo che negli ultimi anni, per via delle sue insicurezze e per la carenza di conoscenze sulla pianta, ha alimentato questi ingiustificati atteggiamenti negativi nei confronti della cannabis.

Sono selezionatore di sementi, ricercatore e coltivatore dagli anni ’80, ma è solo dal 2008 che ho iniziato a fare test in laboratorio per capire finalmente cosa fosse presente nelle mie piante madri, ma anche nei maschi. L’intenzione di tutte queste osservazioni è dimostrare quanto sia importante incoraggiare la ricerca e portarla a quei livelli che avrebbe avuto se solo questa pianta non portasse con sé questi pregiudizi. Si tratta di una pianta che dovrebbe essere coltivata in lungo e in largo per avere biomassa e varietà in quantità sufficienti per studiarla adeguatamente. Dobbiamo riuscire a vederla come un qualsiasi prodotto agricolo per ridurne i costi e contrastare il mercato illegale, solo così potremo capire quali sono i composti adatti per le diverse parti di questa industria e uscire così dalla confusione e dall’ignoranza.

Non ci sono segreti per questa pianta, c’è solamente bisogno di un grosso sforzo e di una ricerca seria e approfondita, sia a livello pubblico che privato, ma soprattutto serve collaborazione da parte di ogni elemento di questa industria per far sì che si progredisca al ritmo che il pubblico sta richiedendo.

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