Il detective economico che scova i capitali sommersi per far pagare le tasse ai ricchi

Gabriel Zucman, 32 anni, è un assistente all’Università della California a Berkeley. Al momento è anche la persona più accreditata al mondo per scoprire dove i ricchi nascondono i loro soldi. Nella sua tesi di dottorato si è domandato quanto fossero ricchi i ricchi della nazione più ricca del mondo e la risposta è stata di molto superiore a quella che lui stesso avrebbe immaginato (in Italia un suo libro, “La ricchezza nascosta delle nazioni – Indagine sui paradisi fiscali” è stato pubblicato da Add Editore)
Le sue ultime stime mostrano che lo 0,1% dei contribuenti – circa 170.000 famiglie in un paese di 330 milioni di persone – controlla il 20% della ricchezza americana, la percentuale più alta registrata dal 1929. Mentre l’1% controlla il 39% della ricchezza degli Stati Uniti, il 90% si spartisce il restante 26%.
Zucman ha anche dimostrato che le multinazionali spostano il 40% dei loro profitti, circa 600 miliardi di dollari all’anno, in paesi dove le tasse sono inferiori.
Il suo lavoro è centrale nel dibattito americano sulla disuguaglianza e si concentra su come questa possa essere combattuta con la politica fiscale. Qualcosa che ricorda l’intervento dello storico Rutger Bregman all’ultimo forum economico di Davos che ha avuto grande risonanza in Rete.
Gli strumenti che Zucman ha identificato per cambiare lo status quo sfidano una serie di ipotesi, fortemente sostenute finora da molti economisti e politici, su come funziona il mondo: in primis non crede che questa globalizzazione senza vincoli sia una strategia vincente e che tenere le tasse basse per i più ricchi stimoli la crescita.
Zucman sostiene che la risposta alla disuguaglianza deve essere aggressiva perché la ricchezza protegge se stessa e si rafforza. I ricchi possono sempre guadagnare di più, risparmiare di più e quindi spendere più di chiunque altro per conservare la loro posizione.
Ciò che più importa è che queste idee sulle imposte siano uscite dalle aule accademiche e si siano affermate nel dibattito politico statunitense, conquistando alcuni candidati democratici alle primarie USA a dimostrazione del fatto che esiste la possibilità di mettere in discussione le politiche economiche dominanti.
