Il Corriere trasforma un documento contro l’abuso di sostanze in uno spot anti-cannabis
Il Corriere.it ha preso un documento pubblicato dal NIDA, il National Institute for Drug Abuse americano, che dava delle avvertenze sui possibili rischi del Coronavirus per chi fa abuso di sostanze, e con una incredibile operazione di maquillage e disinformazione lo trasforma in un articolo contro la cannabis.
“Fumi marijuana? Considera di smettere (anche per Covid)” è il titolo capolavoro dell’articolo in cui, nel catenaccio, che in gergo giornalistico sta per il sottotitolo, scrivono che: “Il National Institutes on Health stila alcune linee guida, spiegando tutti i motivi per cui sarebbe meglio non fumare marijuana (e neppure tabacco)”. Peccato che, andando a leggere il documento americano, si scopre che il senso era completamente diverso e che di tutti i danni potenziali che la giornalista del Corriere attribuisce alla cannabis, non c’è traccia nel documento originale, se non per un singolo cenno della sostanza marijuana a inizio articolo.
Insomma, un documento che metteva in allerta chi fa abuso di sostanze come tabacco, marijuana, oppio e metanfetamina, e le potenziali correlazioni con il COVID-19, è stato trasformato in un testo contro la cannabis.
Il NIDA dedica un paragrafo ai fumatori di tabacco paragonando le morti da coronavirus al numero di fumatori in Cina. Ma alla giornalista del Corriere evidentemente non basta, e quindi scrive che: “Non è facile esaminare separatamente gli effetti della cannabis e quelli del fumo di tabacco, ma è certo che il fumo di cannabis, come quello di sigaretta, sia associato a un deterioramento dei parametri spirometrici (che misurano la capacità delle vie respiratorie nel trasporto dell’ossigeno)”. Lo scrive lei, però, facendola passare nel testo come se la raccomandazione arrivasse dalle autorità americane. Ora, nessuno ha mai sostenuto che fumare faccia bene. Noi stessi ripetiamo da anni che la combustione fa male, sempre e sarebbe meglio vaporizzare o assumere gli edibili. Però il fatto che non sia facile separare gli effetti della cannabis e quelli del fumo di tabacco, è una bugia. E ci sono almeno due studi scientifici che lo dimostrano. In uno studio del 2018 pubblicato su Chronic Ostructive Pulmonary Diseases, si legge che: “Le relazioni che abbiamo riscontrato tra l’uso del tabacco e gli esiti polmonari concordano con una vasta serie di ricerche sulle conseguenze polmonari avverse del fumo di tabacco. Né l’uso corrente di cannabis né quello precedente è associato ad un aumento del rischio di tosse, respiro sibilante o bronchite cronica rispetto ai non utilizzatori di marijuana. Gli attuali ed ex fumatori di marijuana avevano un FEV1 (volume espiratorio forzato) significativamente più alto se paragonato a chi non aveva mai fatto uso. Sia l’uso corrente di cannabis che quello precedente era associato ad un numero significativamente inferiore di enfisemi se paragonato a chi non aveva mai fatto uso, anche dopo aggiustamento per età, anni passati a fumare tabacco e indice di massa corporea. In accordo con altri studi pubblicati, anche noi non abbiamo conferme del fatto che l’uso di cannabis sia associato a malattie polmonari ostruttive”. Non solo, perché secondo i ricercatori: “Studi longitudinali precedenti realizzati per valutare gli effetti dell’esposizione al fumo di cannabis a lungo termine sulla funzione polmonare avevano evidenziato che l’uso di cannabis non è positivamente associato ad un aumento dell’incidenza della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), del cancro ai polmoni o ad altri significativi effetti dannosi sulla funzione polmonare”.
In uno studio precedente, in cui 350 adulti erano stati divisi in quattro gruppi (quelli che hanno fumato cannabis, ma non tabacco (n = 59), fumato sia cannabis che tabacco (n = 88), fumato tabacco, ma non cannabis (n = 80) o utilizzato nessuna delle due sostanze (n = 123, gruppo di controllo)), gli autori hanno concluso che “le misure della salute generale hanno dimostrato un modello in cui i gruppi di controllo e di sola Cannabis tendevano a riportare una salute migliore, mentre i due gruppi di fumatori di tabacco risultavano peggiori.” Hanno anche osservato che: “La miscelazione della cannabis con il tabacco può sinergicamente compromettere la salute”.
Degli altri due paragrafi dell’articolo del Corriere, uno che correla la tosse secca con l’abuso di cannabis e uno che mette in guardia per la propria salute mentale, nel documento del NIDA non c’è traccia.
E quindi dove avrà preso il Corriere le informazioni usate per l’articolo? Da un altro articolo, pubblicato dalla CNN (lo trovate QUI e potete confrontarli), in cui viene data voce al dottor Albert Rizzo, pneumologo dell’American Lung Association, secondo il quale fumare cannabis può dare infiammazioni simili alle bronchiti, “molto simili a quelle causate dal fumo di tabacco”. E sconsiglia di fumare cannabis, anche in modo saltuario, facendo una distinzione sull’uso terapeutico della cannabis, che in America è stato considerato come un servizio essenziale.
Stessa opinione del dottor Mitchell Glass, altro pneumologo dell’associazione americana: “Il fumo cronico di marijuana, definito come uso quotidiano, danneggia i polmoni per un periodo di tempo”. Il risultato finale “assomiglia molto alla bronchite cronica, che è ovviamente uno dei termini che usiamo per la malattia polmonare ostruttiva cronica o BPCO”. Opinioni differenti da quelle dei ricercatori degli studi riportati sopra, che riportiamo per completezza.
Sicuramente, visto che il coronavirus è una patologia che colpisce i polmoni, è altamente sconsigliato fumare, in generale. Ma la cannabis è una sostanza complessa, che contiene diversi principi attivi differenti tra loro e liquidare la questione come ha fatto il Corriere significa solo fare disinformazione. Oltretutto in un momento in cui un ospedale israeliano sta sperimentando il CBD sui pazienti affetti da Covid-19 e un’azienda sta per far partire uno studio clinico, sempre per capire se il CBD possa aiutare contro l’infiammazione e i sintomi della patologia.
Scagliarsi contro la cannabis, con un secolo di proibizionismo alle spalle, è facile. Ciò che è difficile è raccontare la realtà senza pregiudizi. Che è poi quello che dovrebbe cercare di fare un giornalista.