Il collasso del mondo così come lo conosciamo
Un milione di specie sono a rischio di estinzione nei prossimi decenni, dice un gruppo di esperti dalle Nazioni Unite. Per la precisione l’allarme arriva dall’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, noto come IPBES, che ha preparato un rapporto mastodontico. Era dal 2005 che non rilasciava documenti di così grande impatto.
Il rapporto parla del rischio del collasso del mondo così come lo conosciamo – un milione di specie non sono solo tanti animali, ma rappresenta un forte scossone per tutti gli equilibri naturali: il sistema di impollinazione, le catene alimentari, i bilanci di popolazione fra prede e predatori.
Il rapporto parla già ora di declino e di estinzioni, con gli autori che essenzialmente supplicano i politici di darsi da fare. Dicono che oggigiorno c’è maggiore attenzione all’ambiente, ma che non è ancora sufficiente.
Il principale responsabile di tutto questo è l’uso che l’uomo fa del terreno con l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione e la distruzione di sistemi marini.
L’ottantacinque per cento di tutto l’habitat di zone paludose è andato perso; la produzione industriale di piante e animali ha portato all’indebolimento delle specie; i cambiamenti climatici hanno distrutto quel che restava. L’inquinamento, la diffusione di specie non native hanno fatto pure la loro parte. Due terzi degli oceani sono sotto pressione, come dimostra per esempio la perdita di metà di tutti i coralli viventi. La pesca eccessiva, la plastica in mare sono arrivati a punti di forte preoccupazione.
Cosa auspicano gli autori del rapporto?
Per prima cosa che i governi stabiliscano che almeno il 17% dell’ambiente terrestre e lagunare siano protetti, e cosi pure il 10% degli habitat marini. Le stime dicono che ora siamo solo al 15% dell’ambiente terrestre e del 7% del mare. Quindi, un po’ abbiamo fatto, ma possiamo e dobbiamo impegnarci di più. Non solo occorre creare queste aree, occorre far sì che qualsiasi tipo di attività sia vietata, in modo tale che fiori e animali possano vivere e riprodursi in completa libertà. La parte più difficile è creare queste aree dove è più necessario, in zone cioè fortemente antropizzate.
Il report non lascia spazio ad ambiguità: se continuiamo cosi le perdite di vita saranno “unprecedented in human history”.