Il canto della foresta di Riccamboni e Bonani
Che si tratti di pandemie o di guerre, è sempre l’uomo con le proprie scissioni (da se stesso, dall’altro, dalla natura, dal cosmo) a rompere gli equilibri e condannarsi alla sofferenza. E la tradizione sciamanica, dicono Riccamboni e Bonani, psicoterapeuti studiosi di ecologia profonda, è una delle vie che l’uomo ha a disposizione per vederle e ricomporle. Non a caso gli indigeni della foresta amazzonica chiamano le proprie sacre medicine “Piante maestre” perché portatrici di insegnamento e conoscenza: di sé, della realtà, del tempo e dello spazio, della connessione tra tutte le cose. E anche “Piante di potere” perché restituiscono all’essere umano la sua innata capacità di vedere, comprendere, sapere e guarire.
Ne Il canto della foresta (Mauna Loa), i due autori, parlano nello specifico degli effetti dell’Ayahuasca sul piano fisico, mentale e spirituale; di cerimonie sciamaniche, di canti medicina, di quali attenzioni e prudenze è consigliabile avere nell’accostarsi a questo cammino. Ma soprattutto della visione di un’umanità risvegliata, in pace con se stessa e dunque con la Madre Terra. Dicono gli autori: «Come psicoterapeuti osserviamo ogni giorno lo smarrimento delle persone, impegnate a soddisfare bisogni indotti per riempire un tempo svuotato di senso: occorre ricordare che noi siamo natura.»