Il 2014 verrà ricordato come l’anno che ha consegnato la cannabis al mercato legale
Il 2014 segna la svolta culturale di massa statunitense sulla cannabis. Dopo la vittoria del referendum popolare che risaliva al 2012, a inizio anno in due stati è entrata in vigore la legge che pone la cannabis sul mercato almeno con la stessa dignità dell’aspirina, del whisky e dei pomodori. Alcuni mesi dopo, in occasione dell’Election Day i referendum in altri due stati, oltre a numerose città fra cui la capitale Washington hanno sancito la volontà della maggioranza dei cittadini. A fine 2014 si contano 23 stati USA, a cui si aggiungono Canada, Uruguay, Jamaica, che hanno riscritto le proprie leggi almeno sulla cannabis terapeutica. Non elenchiamo gli stati che hanno tuttora in corso referendum per la legalizzazione della cannabis, ma sembra del tutto realistico che nel giro di pochi anni l’intero Nord e probabilmente Sud America promuoveranno legislazioni appropriate. Sarà sottoposta a una normativa ancora da perfezionare in un mix fra le regolamentazioni per alcolici, tabacco, medicinali e alimentari. Il cambiamento è partito dalle regioni più progressiste del nord-est e dell’ovest statunitense e ora si espande agli stati più storicamente avversi alla crescita dei diritti civili, come Texas, Alabama, Oklahoma, Tennessee, che hanno tutti un appuntamento con il referendum popolare sulla legalizzazione.
La posizione di Obama. Il presidente Obama ha firmato la legge che impedisce l’azione del Dipartimento di Giustizia contro le aziende autorizzate dai singoli stati alla produzione e al commercio di cannabis. Il presidente ha poi dichiarato in un’intervista al New Yorker di non ritenere la cannabis più pericolosa dell’alcol. In febbraio il Congresso ha approvato le legislazioni degli stati che hanno autorizzato la coltivazione di canapa industriale, nonostante questa resti ancora illegale secondo la legge federale. È poi entrata in vigore la legge che proibisce alla Drug Enforcement Administration di usare fondi federali per perseguire pazienti di cannabis terapeutica autorizzati dai propri stati di residenza. Il tutto in un curioso amore e accordo fra Democratici e Repubblicani in materie come la giustizia penale sulle quali normalmente si fanno guerra a oltranza.
Cambiano alcuni equilibri economici e geopolitici. A volte l’opinione pubblica va nella direzione giusta e la politica è costretta a seguire. In marzo, un sondaggio di Wall Street Journal e NBC News rivela finalmente ciò che molti sospettavano: gli americani credono che il consumo di cannabis sia meno rischioso per la salute rispetto a tabacco, alcol e zucchero. Meglio tardi che mai. Il cambiamento dell’opinione pubblica americana nei confronti della cannabis è stato lento e graduale, ma qualcosa è successo fra il 2010 e il 2012 con un aumento del 11% di cittadini favorevoli alla legalizzazione. Dopo quarant’anni di battaglie dei singoli e delle associazioni, nel 2013 milioni di occhi si sono finalmente aperti sulla realtà. Era tutto pronto, mancavano solo i grandi network televisivi per terminare la guerra. La bomba è stata sganciata dal Dottor Sanjay Gupta sul bunker delle famiglie proibizioniste in prima serata.
I cambiamenti nell’approccio dei media. Il reporter medico della CNN si è ritagliato un posto, se non nella storia almeno nella cronaca della legalizzazione, con il primo e poi il secondo documentario sulla cannabis terapeutica e sul CBD. Dal punto di vista della comunicazione di massa americana quello è stato il punto di rottura che anticipava gli eventi del 2014, quando la redazione del New York Times si è schierata unanime contro la criminalizzazione e i principali network hanno aperto grandi spazi a un’informazione finalmente libera da pregiudizi sulla cannabis. In pochi mesi germogliano riviste, canali TV, eventi e socialità reali o virtuali di ogni tipo, ipertrofici come fiori pompati di luci e CO2. Di dolciumi non ne vogliamo parlare per qualche mese dopo l’indigestione dell’ultimo anno.
Wall street è pronta al nuovo mercato. Finalmente è cambiato lo sguardo culturale, politico ed economico verso una pianta industriale millenaria, e a Wall Street si è ufficialmente riconosciuto l’interesse degli investitori nel nuovo comparto, anche se ancora con un po’ di pudore. Viene intanto ripresa la notizia che gli storici coltivatori libanesi di cannabis sono disposti a difendere con le armi eventuali incursioni fondamentaliste contrarie agli effetti medici ed economici della pianta. Al termine del processo di legalizzazione, le nuove corporation statunitensi della cannabis potranno stringere accordi con i coltivatori di tutto il mondo. Agricoltori e legislatori africani e mediorientali liberi da integralismi religiosi staranno certamente considerando che la domanda potrebbe aumentare.