I tre paesi europei con le peggiori leggi sulla cannabis
Ancora lontani dal vento di novità che spira non solo dagli Stati Uniti, ma anche da quei paesi europei che stanno percorrendo nuove vie per superare decenni di politiche sulle droghe basate sulla sola repressione (come Portogallo, Repubblica Ceca e Spagna), all’interno dell’Unione Europea vi sono ancora legislazioni che considerano reato penale anche il semplice consumo di sostanze e che non fanno alcuna distinzione tra droghe leggere e pesanti. Un panorama di fronte al quale anche la pesante legislazione italiana appare quasi avanzata dal punto di vista del diritto.
3. IL REGNO UNITO.
La legislazione inglese si basa ancora sul Drugs Act del 1971, pur modificato. La legge divide le sostanze illegali in basi a tre classi (a,b,c) in base al grado di pericolosità stabilito dal governo. La cannabis fino al 2009 era rimasta nella tabella A, tra le sostanze classificate come più pericolose, il cui spaccio prevedeva pene che potevano arrivare all’ergastolo nei casi più gravi. Ora si trova in tabella B, insieme ad antidepressivi e barbiturici, ma il suo consumo è ancora illegale. Chi viene trovato in possesso anche di una solo spinello rischia una pena che può raggiungere i 5 anni di carcere. Solitamente nelle prime due occasioni in cui si viene trovati in possesso di derivati c’è una segnalazione alla polizia e il sequestro della sostanza, dal terzo fermo invece si va a processo. Fumare porta ancora automaticamente all’arresto in certe circostanze particolari, come il consumare cannabis in pubblico o esserne in possesso all’interno o nelle immediate vicinanze di locali destinati all’infanzia. Le pene per lo spaccio di cannabis possono raggiungere i 14 anni di carcere.
Nonostante questa legislazione particolarmente repressiva va però aggiunto che la Gran Bretagna vive un momento di fermento positivo nel dibattito sulle droghe leggere, a breve la Camera dibatterà per la prima volta sull’opportunità di studiare un percorso per la legalizzazione della cannabis, mentre i comandi di polizia di alcune contee hanno recentemente annunciato che smetteranno di perseguire i reati collegati al semplice consumo di droghe leggere.
2. LA SVEZIA.
Siamo soliti pensare i paesi scandinavi come patrie della tolleranza, del diritto e delle politiche razionali, ma questa idea non si addice affatto alle politiche svedesi sulla cannabis, le quali sono ormai anacronistiche quanto l’anno stesso in cui venne approvata la legge sugli stupefacenti: il 1968. Questa legge, ancora in vigore a quasi 50 anni di distanza, si basa sulla tolleranza zero per tutti coloro che utilizzano ogni tipo di droga, inclusa la marijuana. Il semplice possesso di droghe è ritenuto reato penale passibile di carcere e non esiste alcuna distinzione tra droghe leggere e pesanti. Le pene per possesso di droghe sono ripartite in base a tre gradi di gravità della condotta: minore, ordinaria e grave, differenziati in base alla quantità di sostanza detenuta, al luogo dove si è stati trovati in possesso ed a eventuali prove di vendita della sostanza. Per i casi “minori” si prevede una multa e una reclusione fino a sei mesi, mentre per i casi più gravi la pena può arrivare a 10 anni. L’arresto automatico è previsto per chi venga trovato con tracce anche infinitesimali di Thc mentre è alla guida.
La durezza delle leggi svedesi, non solo per la cannabis ma anche per l’alcol, ha fatto si che sia forte in Svezia il fenomeno dell’emigrazione del weekend, con centinaia di ragazzi che al fine settimana prendono il traghetto per andare a divertirsi nella ben più tollerante Danimarca. Al momento, tra l’altro, non si hanno sentori di particolari dibattiti per cambiare la legge, ed anzi, secondo un sondaggio pubblicato lo scorso anno addirittura l’88% della popolazione sarebbe contrario all’approvazione di norme più tolleranti sulle droghe.
1. LA FRANCIA.
La legge più repressiva in Europa per l’uso di cannabis è forse quella francese, dove l’uso o il possesso di droghe è un reato penale e la legge non distingue tra il possesso personale e spaccio, né tra droghe leggere e pesanti. Per il semplice possesso di cannabis (come di ogni altra droga illegale) si rischiano pene detentive fino a un anno di carcere e multe fino a 3750 euro, aumentati a massimo 5 anni di detenzione e 7500 euro di multa se oltre al possesso viene contestato anche il trasporto della sostanza o se l’imputato è un pubblico ufficiale. Una direttiva del 2008 ha reso parzialmente meno repressiva la norma per i casi di possesso di pochi grammi commessi da incensurati: in questo caso l’imputato non avrà un processo penale, ma solo (si fa per dire) una multa, un avvertimento, e l‘obbligo di seguire un “corso di sensibilizzazione sulle droghe”, oltretutto a pagamento (circa 450 euro). Per i recidivi rimane il carattere penale del reato.
A differenza che nel Regno Unito, oltretutto, il dibattito politico sulla legalizzazione non sembra ancora aver pieso piede nel paese transalpino, e all’orizzonte non s’intravedono novità di rilievo. L’unico ammorbidimento legislativo è stato nel 2008, quando una circolare ministeriale ha invitato i giudici a valutare se la sostanza detenuta è destinata a uso personale o spaccio, invitandoli ad essere maggiormente clementi nel primo caso. Ma secondo la legge continua a non esservi differenza tra le due condotte. Anche il tentativo di importare in Francia il modello dei Cannabis Social Club spagnoli è stato stroncato dalla magistratura, la quale ha prontamente condannato a 8 mesi di reclusione e 2500 euro di multa Dominique Broc, il fondatore del primo Csc francese, che ovviamente è stato chiuso.