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I PotCoin in Nord Corea con Dennis Rodman

I PotCoin in Nord Corea con Dennis Rodman

Il quinto viaggio “diplomatico” in Corea del Nord da parte dell’eccentrica leggenda dell’NBA Dennis Rodman è sponsorizzato da PotCoin, la cryptocurrency pensata appositamente per il commercio della cannabis legale. Se pensate di avere le idee poco chiare, non siete i soli.

L’ex ala dei Chicago Bulls si è trovato nell’improbabile e autoassegnato ruolo di ambasciatore non ufficiale tra Donald Trump e Kim Jong Un, vantando una solida amicizia con entrambi i leader mondiali. Come ulteriore elemento di confusione, l’arrivo di Rodman a Pyongyang il 13 giugno è coinciso con il rilascio di un prigioniero americano detenuto per oltre 16 mesi nella nazione comunista: il giovane Otto Warmbier, arrestato per aver strappato un poster governativo e che, per ragioni non chiarite dal regime, era in coma da circa un anno ed è morto poco dopo il rilascio. Nonostante le prime speculazioni, non sembra che la visita di Rodman sia collegata al rilascio.

I PotCoin in Nord Corea con Dennis Rodman
Dennis Rodman

PotCoin è nata in Canada con ideali libertari per contrastare il monopolio sull’approvvigionamento di cannabis da parte di grosse aziende e organizzazioni. In Canada la cannabis è attualmente legale solo a scopo terapeutico e la sua coltivazione è regolata da un sistema di licenze statali. PotCoin è una criptovaluta, un modello alternativo di moneta che si basa su di una tecnologia di database distribuiti chiamata blockchain. BitCoin è l’esempio più famoso di blockchain in grado di generare valore economico con una vera e propria moneta indipendente da un sistema di controllo centrale e può essere utilizzato per transazioni anonime di qualsiasi tipo di beni. Dipende solo da chi lo accetta: alcuni lo utilizzano come investimento, altri ancora ci speculano. Lo status di inquadramento legislativo non è ancora del tutto chiaro, ma senza dubbio le criptovalute non sono illegali. Il valore dei Bitcoin, in ogni caso, continua a salire e oggi un solo Bitcoin vale più di mille dollari. In molti parlano di una bolla, ma l’interesse sempre maggiore che anche la finanza tradizionale inizia a manifestare verso le criptovalute sembra confermare la freschezza e la novità di questo tipo di fenomeni. I meccanismi che stanno dietro ai BitCoin e alle criptovalute che utilizzano la blockchain non sono di facile comprensione. E ancora più difficile da capire è come una criptovaluta possa aiutare una categoria merceologica specifica, ovvero quella della cannabis.

PotCoin cerca una sponda nel mondo della marijuana legale offrendo un portafoglio virtuale facile da usare e che venga sempre più accettato dagli attori che popolano il mercato. L’idea è interessante, l’attuale strategia di promozione, con l’utilizzo di Rodman come testimonial, è però abbastanza discutibile e fa pensare a un tentativo di “guerrilla marketing” che maschera il tiepido successo per il momento riscontrato dall’iniziativa. Qualche dubbio sulla legittimità dell’operazione e sulla buona fede di coloro che l’hanno messa in atto non può che sorgere: si tratta di un’operazione pubblicitaria venuta male? Un tentativo di generare qualche meme in cerca di viralità a buon mercato?

Questa operazione mediatica non sembra far bene a nessuno degli ambiti che tira in mezzo: né al mondo delle cryptocurrency, né a quello della cannabis. Viviamo tempi particolari, dove le pubbliche relazioni possono essere più potenti delle bombe. Mentre il mondo della cannabis, come è giusto che sia, rivendica anche il suo lato scanzonato, il viaggio promozionale di Rodman e PotCoin non sembra essere un modo corretto di fare pubblicità ad alcunché. Il contesto è sbagliato, le finalità sono poco chiare e anche i toni sono sembrati fuori luogo.



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