I dottori che non prescrivono la cannabis? Non la conoscono
Spesso mi capita di leggere commenti di persone che vorrebbero curarsi tramite la cannabis, e una delle domande più frequenti è per quale motivo i dottori sono così restii a prescrivere questo tipo di cura; la risposta in realtà è abbastanza semplice: non conoscono questa terapia. Mi spiego meglio: quando un dottore prescrive il paracetamolo piuttosto che l’ibuprofene, è perché ha fatto uno specifico esame (farmacologia) in cui gli è stato spiegato per filo e per segno quali sono gli effetti benefici, quali gli effetti indesiderati ed esattamente il quantitativo di principio attivo necessario per ottenere i primi e non incorrere nei secondi. Tutto questo per la cannabis non avviene. Da nessuna parte. Mai. Diventa allora molto difficile per una persona che non ha mai avuto nessun contatto con questa sostanza fidarsi di quello che può leggere su un articolo scientifico, anche se questo è scritto su una autorevole rivista insieme a decine di altri, con casi report ecc. ecc. Comunque è una cosa diversa dal sostenere un esame in una facoltà universitaria, ed è altrettanto diverso dall’avere una esperienza personale con questo tipo di terapia.
Nella vita capita di avere brutte esperienze, ma a volte queste esperienze sono necessarie per indirizzarci verso un cammino che poi si rivelerà entusiasmante e ricco di soddisfazioni; è esattamente quello che è capitato a me grazie alla cannabis. Nel 2011, all’età di 26 anni, sono stato ricoverato presso il reparto di neurologia del policlinico Tor Vergata per un TIA, ovvero un attacco ischemico transitorio, che mi aveva bloccato metà del corpo e mi impediva di parlare. Il tutto scaturito al termine di un pesantissimo attacco di emicrania della quale soffrivo ormai già da diversi mesi e che mi stava impedendo di studiare e fare le normali attività quotidiane di un ragazzo di quella età, in quanto nessuna terapia era in grado di migliorare la mia condizione.
Venni dimesso dopo cinque giorni completamente ristabilito, senza una diagnosi precisa (si supponeva che l’ictus fosse scaturito da un vasospasmo causato dalla emicrania), con una blanda terapia anticoagulante (la famosa “aspirinetta”) che avrei dovuto prendere per tutta la vita. Ma rimaneva il problema dell’emicrania, e della paura che avevo all’idea di potermi trovare nuovamente in quella situazione. Decisi allora che dovevo trovare una soluzione definitiva, e iniziai così un protocollo che comprendeva una dieta sana priva di zuccheri semplici, tre sedute di agopuntura a settimana e…Cannabis. Non avevo assolutamente idea di quanta ne servisse, di quale varietà né tantomeno quale fosse la miglior via di somministrazione. Non lo sapevo io e non lo sapeva nessuno dei medici che mi curavano. Iniziai perciò a studiare su internet ed a sperimentare su di me, osservando come il mio corpo reagiva e i segnali che mi mandava. Per farla breve, nel giro di tre mesi le crisi erano passate da 20-25 al mese a 2-3, ed erano assai meno invalidanti di prima. Dopo 6 mesi dall’ictus diedi di nuovo un esame all’università e da quel momento la mia carriera universitaria è proceduta spedita senza intoppi fino alla laurea.
A quel punto però decisi che avrei voluto occuparmi di quelle branche della medicina che mi avevano salvato, motivo per cui adesso sono agopuntore, nutrizionista e prescrittore di cannabis.
Sono ormai tre anni che mi occupo di queste terapie, e insieme ai ragazzi del Canapa Caffè di Roma stiamo portando avanti un progetto nel tentativo di informare sia pazienti che medici riguardo alle potenzialità terapeutiche di questa meravigliosa pianta, e offrire cure mediche a prezzi contenuti.
Dottor Flavio Squillante