I continui disastri petroliferi provocati dall’Eni in Nigeria
Qualche mese fa il Bayelsa (uno dei 36 stati della Nigeria) ha rilasciato i dati sull’inquinamento da petrolio nell’anno 2014. Un totale di mille sversamenti di greggio nel paese in un solo anno. Zero rimedi. Zero rimborsi. Secondo il ministero della Giustizia nessuna delle grandi compagnie ha fatto molto per migliorare le cose, che la situazione in Bayelsa è drammatica a causa dei signori del petrolio.
È una questione che chiama in causa l’Italia da molto vicino. Nel 2015 scoppiò l’oleodotto dell’Eni-Agip presso Clough Creek, Azuzuama. Morirono in 14 fra cui un membro dello staff del Ministero dell’Ambiente di Bayelsa. La nostra beneamata ditta nazionale evacuò i corpi dei feriti e dei morti in fretta in furia per cercare di insabbiare le indagini. Non ha mai cooperato con le autorità per far sì che ci fosse una investigazione appropriata sull’incidente.
Nella località di Brass, il 27 Novembre 2010, fu sempre l’Eni a causare enormi danni all’ecosistema. Neanche qui gli eleganti eredi di Enrico Mattei fecero niente. Niente fecero loro, niente fecero gli enti nigeriani. Anzi, l’Eni continua a inquinare i canali marini, nonostante le proteste della comunità e delllo stato di Bayelsa.
Il 2 Novembre 2016 sono invece i residenti di Ekole Creek, sempre dello stato di Bayelsa, a denunciare una massiccia perdita di greggio Eni che ha contaminato il lago: distrutta la pesca, distrutti i campi.
Secondo i residenti, il petrolio ha coperto uno strato di circa 5 centimetri sulla superficie dell’acqua dei loro fiumi. Il copione è sempre lo stesso: pesci morti o inquinati e niente da mangiare per la gente del posto. Acqua contaminata che non si può più usare né per bere, né per farsi il bagno.
In una lettera aperta, i residenti scrivono: “we cannot drink water, we cannot bathe in the river, our aquatic life such as fish and animals are dying”. I rappresentanti dell’Eni non hanno risposto alle richieste di spiegazioni da parte della stampa nigeriana.
Passa un altro mese ed è la volta della Shell. Siamo nella regione dell’Ogbia e la multinazionale disperde petrolio da un oleodotto nel più importante fiume della zona, l’Ekoli. Si registrano anche due morti. Perché e’ successo? Secondo Sodaguwa Festus-Omoni, rappresentante dell’area, a causa della scarsa manutenzione di oleodotti vecchi e corrosi.
Sono dieci anni che accadono queste cose, a Ogbia come a Bayelsa, da parte della Shell come da parte dell’Eni e nessuno fa niente. Sodaguwa Festus-Omoni dice chiaramente che la politica di queste multinazionali consiste nello sperare che il silenzio conservi lo status quo. Oppure, nel dubbio, di dare la colpa ai sabotaggi di qualche gruppo ribelle.
Ovviamente fa sempre comodo parlare invece di vandali e di attacchi da parte dei ribelli. Ma tutto questo disastro di cui non parla nessuno né in Nigeria né tantomeno in Europa o negli Usa, è solamente a causa della negligenza da parte delle multinazionali. Con la scusa del vandalismo, i vecchi oleodotti non vengono controllati, riparati o sostituiti, e voilà… petrolio dappertutto. E silenzio.Anche qui la storia è la stessa, un fiume essenzialmente distrutto, pesca e usi potabili dell’acqua non più possibili, gente con eczemi a causa degli idrocarburi dispersi nel mare.
Tutto questo accade lontano. Ma quel petrolio lo usiamo noi. l’Eni è al 30% di proprietà statale. Siamo noi.
Articolo tratto dal blog ufficiale di Maria Rita D’Orsogna