HYST – "Mantra" (Recensione)
“Non è cambiato niente man, stessa attitudine
scrivere bombe era un mistero, oggi un’abitudine”.
HYST ha la tranquillità e l’infallibile serie di colpi precisi di un Sensei. Se l’Hip Hop italiano odierno vestisse i panni di un umile gakusei (alunno, ndr.) e prendesse spunto dal suo “Mantra”, risorgerebbe in meno di tre giorni dall’oblio di ovvietà e povertà di contenuti in cui spesso ama cadere. Qui non si vuole assolutamente criticare quanto fatto da altri (de gustibus, ovviamente), ma solo porre un forte e dovuto accento su quanto creato dal poliedrico estro artistico di un – non so bene cosa sia HYST, visto che nella vita si è cimentato nel cinema, in tv e a teatro come attore, nell’arte visiva come grafico e regista di videoclip, nella musica come rapper e produttore – quindi fate voi. Il punto è che spacca, quasi sempre.
Un anno fa “Adesso Scrivo” ci ha aperto gli occhi e ricordato perché ci piace l’Hip Hop, poi fine luglio e arriva quella locomotiva di strumentale di Mella su cui HYST srotola “Adesso Parlo”, una bomba di attitude e concetti sulle ali dei draghi di San Giorgio. Le premesse quando è stata annunciata l’uscita di “Mantra” erano quindi più che buone. Tutto confermato, perché le prima quattro tracce di “Mantra” ti prendono subito: Hyst trasmette valori e concetti con un’eleganza stilistica leggera, allontanandosi dal tecnicismo perfetto e puntando sempre su una forte connessione emotiva con chi ascolta.
“Essere o non Essere” è il brano che analizza le movenze della situazione della scena italiana e che allo stesso tempo segna un cambio drastico nel mood nel disco, che passa prima per “Non mi tengo niente” (che bomba il beat rock – electro di Res Nullius) fino alle conferme di “Fuck your Party” assieme a Jesto ed E-Green – e “Anthem” con Mistaman e Kiave – pezzi dal sapore un po’ più club e che staccano notevolmente (e purtroppo) da quella spirale di valori spirituali e personali che ci ha ammaliato ad inizio disco. “Sempre” e “L’arte di essere felici” riescono almeno in parte a ristabilire le giuste proporzioni, ma lo stacco ormai è forte e sembra che i featuring scelti non abbiamo recepito completamente il vibe di HYST. Le dodici tracce sfumano via tra suoni classici, groove più soft ma in cui scintille più elettroniche e contemporaee non hanno paura a mostrarsi. Big Joe, Fid Mella, Res Nullius dei Crazeology, Turi, Amon, Gheesa, Dj Dust, Jason Rader, Cava compongono il team di produzione, spesso affiancato in co-produzione dallo stesso HYST.
“Mantra” è un lavoro assolutamente trasparente, in cui HYST mostra tutta la sua maestria artistica mischiando alla perfezione le sue due nature: lo spirito rigoroso e ferreo al seguito delle regole tipicamente orientale con l’animo più caloroso e spaccone de Roma. Il valore aggiunto che non può (e non deve) passare inosservato è la sua disarmante capacità di inserire pezzi cantati con melodie che arrivano dolci e puntuali proprio quando, mentre ascolti, pensi che lì funzionerebbero davvero bene (“Quando è finita”). HYST è un artista peculiare e a tutto tondo, ma la pecca del suo “Mantra” è forse quella di suonare un po’ a spezzoni e di non riuscire a mantenere sempre lineare il mood che più gli si addice. Complessivamente è un buonissimo disco, ma viste le atomiche anteprime, forse, era giusto aspettarsi qualcosa in più.
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Mattia Polimeni